Weezer: “Weezer (The White Album)”. La recensione

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Pochi gruppi musicali sono identificabili in modo preciso come i Weezer, gruppo statunitense alternative rock/emo proveniente da Los Angeles, California nato nel 1992 e con all’attivo ben dieci dischi che hanno venduto più di 7 milioni di copie negli Stati Uniti. “Weezer (The White Album)” è la loro ultima fatica, pubblicata nell’Aprile di quest’anno per la Atlantic/Crush.

Il gruppo, formato da Rivers Cuomo (voce, chitarra ritmica), Patrick Wilson (batteria, cori), Scott Shriner (bass, cori) e Brian Bell (chitarra solista, cori), che hanno sostituito rispettivamente Matt Sharp e Jason Cropper, si è avvalso per questo disco della collaborazione di  Christopher Wray ai sintetizzatori e ha lavorato con il produttore Jake Sinclair ed ha descritto il disco come “un album da spiaggia“, con il cantante Rivers Cuomo che ha ammesso di aver usato l’applicazione Tinder per incontrare persone sulle spiagge di Venice e Santa Monica per avere idee sulle canzoni. E questo già la dice lunga su che tipo di approccio il gruppo abbia usato per questo disco.

Cover
Weezer – “Weezer (The White Album)” – Cover

“The White Album” è composto da 10 canzoni per 34 minuti di musica e parte subito alla grande con “California kids”, dove si nota l’influenza dei Beach Boys e dove il gruppo fa una sorta di ritorno alle origini, ai tempi di “Pinkerton” per intenderci. Ritorno che viene confermato da “Wind in our sail” che nonostante la base aggressiva suona davvero come una canzone da spiaggia e che credo suonata voce e chitarra faccia una gran bella figura.

Subito dopo troviamo il singolo di lancio del disco, “Thank God for girls“, che strizza l’occhiolino agli XTC di “Dear God” e che esamina gli stereotipi sessuali e le moderne esperienze sessuali di appuntamento con applicazioni come Tinder mentre “(Girl we got a) Good thing” sembra catapultata dritta dritta dagli anni Sessanta fino ad oggi con i dovuti accorgimenti e ammodernamenti: il secondo singolo “Do you wanna get high?” parla della passata dipendenza di Cuomo dalla droga (ricordiamo ai tempi la loro canzone “Hash pipe”) e lega idealmente questo disco al precedente “Green Album” e alla sua canzone “O girlfriend”.

King of the world” è stata scelta come singolo promozionale ed è perfettamente in stile Weezer, alternando fasi cantate tranquille a ritornelli energici ma melodici, così come loro marchio di fabbrica: con “Summer Elaine and drunk Dori“, scritta solamente da Cuomo, torniamo al gruppo scanzonato dei primi due dischi che hanno riabbracciato una loro anima ironica e beffara e il ritorno alle origini viene consacrato da “L.A. girlz“, perfettamente in stile con questo “back to basics”.

Il disco si avvia verso la conclusione con “Jacked up“, introdotta da un pianoforte effettato, e “Endless bummer“, dall’inizio tranquillo e molto Beach Boys grazie anche ai cori e all’atmosfera californiana e al crescendo musicale che ha da sempre contraddistinto questo gruppo come vero e proprio marchio di fabbrica.

Il disco dei Weezer può davvero essere considerato il loro “White Album“: di certo è la cosa migliore che i ragazzi californiani abbiano prodotto da quindici anni a questa parte e porta il gruppo a riavvicinarsi alle loro origini musicali e stilistiche. Canzoni scanzonate, ritornelli efficaci, punk e rock mescolati abilmente con il beach pop, il disco è stato accolto positivamente dalla critica internazionale e noi siamo d’accordo con loro: siamo in presenza di una sorta di rinascita musicale, di un “back to basics” che farà di certo piacere ai fans che si ritroveranno tra le mani un album piacevole e da canticchiare in sottofondo e che lentamente sarà capace di insinuarsi sotto pelle e riproporsi in mente in vista dell’estate imminente. Al di là dei singoli, non molto efficaci, il disco mostra canzoni piacevoli dove i Weezer sono capaci di esprimersi al meglio, facendone un degno successore di quel gran successo che fu “Pinkerton”. Non mi resta che augurarvi buon ascolto e buona estate a tutti.

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