Dopo il mare viene il porto. I porti sono per le musiche quello che è il polline per i fiori. Questo è un disco di musiche di porto che praticano esercizi, indiscipline individuali. Cavalli che provano a essere giraffe. E’ un disco suonato in greco, per debito nei confronti della Grecia, che ha donato al mondo oltre alla civiltà anche una delle più straordinarie musiche urbane del mondo: il rebetiko. Lo pubblichiamo nell’anno dell’olimpiade per fare esercizio di ribellione e di identità, per tenere in esercizio il mangas che è in noi. Per ricordarci che siamo originali: che abbiamo un origine.
Che siamo uomini, non solo consumatori e non abbiamo paura di consumare la vita.
Con queste parole all’inizio del mese di Giugno, Vinicio Capossela parlava del suo nuovo disco “Rebetiko Gymnastas” uscito per La Cupa/Warner. Il disco, che contiene quattro brani inediti e otto canzoni note reinterpretate in chiave rebetika, è stato registrato negli studi Sierra in Atene su nastro analogico con l’accompagnamento di alcuni fra i migliori musicisti greci di rebetiko: Ntinos Chatziiordanou alla fisarmonica, Vassilis Massalas al baglamas, Socratis Ganiaris alle percussioni e soprattutto Manolis Pappos, sommo rebetes del bouzuki con una gloriosa carriera alle spalle. L’album vede anche la partecipazione della cantante Kaiti Ntali, di Mauro Pagani, Marc Ribot e Ricardo Pereira, oltre a due pilastri storici della formazione di Capossela come Alessandro Asso Stefana alla chitarra elettrica e Glauco Zuppiroli al contrabbasso. La copertina del disco è stata disegnata dal grande disegnatore francese David Prudhomme ed il booklet contiene i testi tradotti in greco ed alcuni esercizi ginnici per quanti volessero impratichirsi.
Dopo questa lunga ma doverosa presentazione, parliamo del disco vero e proprio, un ritorno alle origini ed una pesca miracolosa verso un genere tra i più antichi del mondo, la musica rebetika. E Capossela ci si accosta con la grazia e con la gentilezza che gli sono note e con tutta la genialità di cui è capace, facendo propria la lezione della musica greca e rielaborandola per le sue canzoni, nelle sue canzoni. In questo senso si devono ascoltare canzoni come “Rebetiko Mou” e “Abbandonato” (interpretazione in lingua di un brano di Atahualpa Yupanqui).
Nella stessa chiave vanno anche letti altri due brani come “Misirlou” (il più noto successo internazionale del genere divenuto poi famoso grazie al film “Pulp Fiction”) e infine la stupenda e struggente “Cancion de las simples cosas” (famoso brano già cantato da Mercedes Sosa e Chavela Vargas).
Gli altri pezzi del disco sono brani noti e meno noti del vasto repertorio del cantante irpino riletti in chiave rebetika, anche se sarebbe meglio dire rivoluzionati… così come “Contrada Chiavicone” prende un gusto serrato da pericolo imminente, “Con una rosa” prende una sua dimensione tutta personale, quasi da musica da spettacolo di clown in un luna-park.
La dimensione rebetika dà un’aria molto diversa anche a “Non è l’amore che va via“, trasformandola in una canzone da crooner anni ’50, quasi da primo Tenco, mentre “Contratto per Karelias” diventa una ballata alla Tom Waits, con il suo finale in crescendo. “Corre il Soldato” e “Gymnastika” danno ritmo ad un album altrimenti un po’ troppo lento (con la prima che secondo me renderà al massimo dal vivo in questa nuova versione).
Gli ultimi brani sembrano legati da un filo invisibile: “Signora Luna” diventa una ballata folk da viaggiatori del mondo alla ricerca di qualcosa, forse di un amore, forse di una luce, forse di chissà che… Forse di quella “tristezza che non viene da sola” di Morna, oppure di “canzoni e poesie, pugnali e parole, i tuoi ricordi” di “Scivola vai via…” Forse di tutto, forse di nulla.
Forse ci siamo persi anche noi in questa ricerca per essere poi spiazzati alla fine dalla ghost track, una versione rebetika di “Come prima” di Tony Dallara a due voci. Forse la magia di Capossela è proprio questa, quella di saper stupire, di essere seri e insieme ironici, di essere poeti e di essere istrioni, di pescare dalle radici ed essere così moderno. Essere, semplicemente, umanamente, incredibilmente Capossela.
Voto: Dite la vostra!