Scoprire i lati nascosti del pop può rivelarci sorprese fantastiche, e se in queste scoperte rientrano i Vampire Weekend non ci resta altro che essere contenti. Un genere abbastanza indefinibile probabilmente, ma la qualità musicale di questo quartetto di New York, giunto al terzo album, sembra davvero lasciarci a bocca aperta ogni volta, e se per pop intendiamo immediatezza e facilità d’ascolto allora noi preferiamo inserirli in tale genere. La formazione capitanata da Ezra Koenig sembra affezionata all’idea dei vampiri, ma forse non in quanto assetati di sangue, piuttosto assetati di musica e di sperimentazione e “Modern Vampires Of The City” sembra reincarnare perfettamente questo desiderio.
Il terzo arrivato della famiglia Vampire Weekend è stato chiaramente ispirato dalla didattica classica della musica risalente al ‘700-‘800 per riproporsi con una semplicità disarmante che quasi ci risulta banale. Ovviamente la banalità non è assolutamente questione da affrontare quando si parla della band, anzi, bisognerebbe necessariamente ricordare che arrivati ad un certo punto, tutti gli artisti devono suggellare la propria carriera con l’album della maturità, e nel nostro caso, i Vampire Weekend sembra proprio l’abbiano raggiunta con “Modern Vampires Of The City“. Tutti i ricordi che avevamo di “Contra” e “Vampire Weekend” per poterli riadattare a questo ritorno discografico vanno ammorbiditi e vanno resi più tranquilli. Una maggiore attenzione ai particolari e alla cura delle trame melodiche sembrano essere i comandamenti di “Modern Vampire Of The City” arricchiti come sempre da un tribalismo di fondo, che in realtà era ben presente anche negli album precedenti.
Si percepisce continuamente la chiara ispirazione a Bach, Mozart e Beethooven, alternata da delicati momenti synthetici e batterie pulite che scandiscono melodie ritmicamente perfette. “Obvious Bicycle” è la perfetta introduzione ad un album totalmente distaccato dai canoni della musica indie e del pop, un sapiente intreccio di modernità e tasti bianchi e neri. “Step” accenna timidamente a delle distorsioni, che in fondo si sfumano e si addolciscono, a dimostrazione che in fondo questo lavoro è quasi più sofisticato dei primi album. “Diane Young” è stata la perfetta presentazione in anteprima del disco, con riferimenti melodici agli anni 80, e alla frenesia appena sporcata di un rock pop energico al punto giusto. Se la prima parte ci aveva lasciato intendere che in fondo la vecchia idea che avevamo della band andava accantonata, “Fingerback” giunge a smentirci immediatamente. Organetti, percussioni, organi e vocalizzi delicati, tutto questo e molto altro è racchiuso nell’album “Modern Vampires Of The City“, che rappresenta la scalata a livelli altissimi di una band che in fondo su questi livelli già pascolava. L’album della crescita, dinamico e sciolto che ci invita ad appassionarci anche ai lati profondi della musica.
Il mood giocoso e l’aria da party estivo non vengono di certo abbandonati nonostante la presenza di momenti più romantici e introspettivi, attimi misteriosi simbolicamente rappresentati anche nel bianco e nero della copertina. Un’ambientazione metropolitana e un canto tranquillo, Koenig e compagni tornano carichi di meraviglie e sempre più affermati nel loro genere e nella loro singolare opinione musicale. Bel lavoro, curato nei minimi particolari, semplice e molto profondo, poco costruito su temi complessi ma davvero firmato da musicisti d’eccezione, come del resto ci era parso di capire dai tempi del loro esordio.