Oggi è arrivata la notizia della scomparsa di David Bowie, geniale cantautore britannico che come pochi ha lasciato un segno indelebile nella musica. Tanti gli devono molto, forse troppo, e la vita ce lo ha strappato troppo presto, alla vigilia di un disco, “Blackstar”, che già sta facendo gridare al capolavoro.
Essì, perché David Robert Jones, oltre a essere stato un cantautore, polistrumentista, attore, compositore e produttore discografico britannico, è stato un caposaldo della musica mondiale ed un musicista completo come pochi. Il fatto di avere attraversato cinque decenni di musica reinventandosi e inventando il suo stile e la musica stessa non sono cosa da tutti i giorni: ne sanno qualcosa i suoi appassionati, persi tra le sue mille camaleontiche metamorfosi (Ziggy Stardust, Halloween Jack, Nathan Adler e il “Duca Bianco”) e tra i mille generi musicali che Bowie ha suonato alla sua maniera, stravolgendoli sempre per far uscire il suo carattere e il suo modo di vedere e sentire la musica. Dal folk acustico all’elettronica, passando attraverso il glam rock, il soul e il krautrock, niente è sfuggito all’occhio attento di Bowie (uno solo, dato che il sinistro era andato per un pugno del suo amico George Underwood) che ha lasciato tracce che saranno ricordate per sempre.
Certo, ora alcuni potranno dire che in fondo Bowie aveva 69 anni, cominciava ad essere un musicista datato e un po’ invecchiato, ma come il whisky migliora col passare del tempo anche Bowie aveva affinato la sua cultura e il suo gusto musicale: ne è la prova sia un capolavoro come “Where Are We Now?” che un pezzo recentissimo come “Lazarus”. Non si possono comporre brani così senza avere un qualcosa dentro che ti spinge al di là della musica stessa fin dentro l’anima e il cuore delle persone.
E Bowie se lo ricorderanno fino alla morte anche musicisti come Brian Eno, altro reduce dal glam rock dei primi settanta con il quale comporrà la celebre “Trilogia di Berlino” (con “Low” capolavoro assoluto e definito da Philip Glass come “un’opera geniale di incomparabile bellezza”), Robert Fripp, Iggy Pop, Lou Reed, Bing Crosby, Queen, Annie Lennox, Mick Jagger, Tina Turner, Pet Shop Boys e tanti altri, giusto per fare alcuni nomi.
Ma Bowie non è stato solo musica: Bowie è stato arte in generale. Ne sanno qualcosa i critici d’arte, dato che i suoi quadri vengono esposti in molti musei, soprattutto britannici e statunitensi (lo sapevate che Bowie è anche fondatore di un’associazione che intende favorire la visibilità di opere di giovani artisti?), e i critici cinematografici, visto che David ebbe un grandissimo successo nel 1976 come protagonista del film di fantascienza “L’uomo che cadde sulla Terra” di Nicolas Roeg e che recitò anche in film come “Furyo (Merry Christmas Mr. Lawrence)” di Nagisa Oshima del 1983, “Absolute Beginners” di Julien Temple del 1986, il capolavoro fantasy “Labyrinth” del 1986 di Jim Henson, “Miriam si sveglia a mezzanotte” di Tony Scott del 1983 e “Basquiat” di Julian Schnabel del 1996, oltre ad avere partecipato nella serie TV di horror-fantascienza “The Hunger”.
Allora, come commemorare il 23esimo miglior cantante al mondo secondo Rolling Stone, che ha lasciato al mondo pezzi come “Space Oddity”, “Starman” ed “Heroes“? Io ho deciso di farlo utilizzando la voce e le immagini del comandante della stazione spaziale Iss Chris Hadfield che nel maggio del 2013 ha girato nella stazione spaziale orbitante una sua versione di Space Oddity. Rest in peace, Starman.