Tokio Hotel: “Dream machine”. La recensione

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I Tokio Hotel, la boyband tedesca più famosa al mondo grazie al singolo “Monsoon” del 2007, dopo aver venduto più di 7 milioni di album ed aver ottenuto riconoscimenti e certificazioni (70 volte platino e 160 volte oro) e oltre 110 premi su scala locale e internazionale (un US MTV VMA Moonman, cinque European Music Awards, quattro MTV Latin Music Awards e un MTV Japan Music Award), dopo tre anni dal precedente disco “Kings of Suburbia” torna con un nuovo album, “Dream Machine”, il quinto in studio e il primo per Sony Music, anticipato da singoli “What if” e “Something new“.

Bill Kaulitz, frontman della band di Magdeburgo, ha presentato l’album così: “Questo è il nostro ‘dream record’, l’album dei nostri sogni. L’album che abbiamo sempre sognato di registrare sin dagli inizi della nostra carriera, e finalmente lo abbiamo fatto”. Il disco è stato ascoltato in anteprima da alcuni fans che lo hanno definito strabiliante e l’album della maturità e della crescita per il gruppo tedesco, parlando anche di una evoluzione nel suono dei Tokio Hotel, più verso l’elettronica senza dimenticare le origini.

Partiamo proprio da uno dei due singoli, “Something new” che apre questo disco con isuoi corni apocalittici e che ci proietta subito in questo disco, grazie alla voce effettata e alla base elettronica: siamo lontani anni luce dai tempi di “Monsoon” e questa canzone, così moderna e così elettronica, così pop (soprattutto quello degli ultimi anni) lo dimostra. Lo dimostra anche il secondo brano, “Boy don’t cry“,  dalla base ritmica fortemente elettronica e attuale, quasi irriconoscibile nella sua modernità: “Easy“, invece, sospende un attimo il tempo di esecuzione giocano con gli intrecci delle tastiere e diventa quasi un anthem della musica moderna, un pezzo arioso e corale, un brano che potrà diventare sicuramente un bel video, ci scommettiamo.

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Tokio hotel – “Dream machine” – Cover

Il singolo apripista del nuovo disco è la quarta canzone, “What If”, un brano uptempo dal sapore retro-elettro, il cui beat si intreccia a una linea melodica di basso accattivante e che sembra uscita dritta dalla penna di gente come The Weeknd e non dai Tokio Hotel. Sulla falsariga di “Easy” troviamo invece “Elysa” (forse ancora più sospesa se è possibile) mentre la title track forse è la canzone meno riuscita nel disco che non aggiunge nè toglie nulla al valore complessivo del nuovo lavoro dei TH. Subito dopo troviamo vaghe reminiscenze dei primi Depeche Mode in “Cotton candy sky“, pezzo lento il giusto e che si incastona alla perfezione nel resto del disco.

Il suono di un pianoforte sporcato e invecchiato accoglie “Better“, forse la “ballad” del disco, una canzone d’amore che non sfigurerebbe nel repertorio di qualche band o cantante americana: “As young as we are” è invece un pochino più oscura ed elettronica ma è un pezzo che rimane in testa e che non si stacca più dal cervello. Il disco si chiude con “Stop babe“, brano dalle vaghe atmosfere rockabilly e che ricorda in alcuni frangenti “The reason” degli Hoobastank per costruzione musicale.

I Tokio Hotel presenteranno dal vivo “Dream Machine” in occasione dei due concerti che terranno in Italia rispettivamente il 28 marzo al Fabrique di Milano ed il 29 marzo all’Atlantico di Roma. Bene, se avete intenzione di andarci siate preparati a cosa state per ascoltare: “Dream machine” è un disco moderno, potente nella sua elettronica e nella ricerca di suoni contemporanei, che si inserisce perfettamente nel filone del pop contemporaneo e che venderà in qualunque paese, dall’Australia all’America, proprio per questa sua capacità di saper guardare ai mercati moderni senza vergogna ma anzi dimostrando di essere un disco cosmopolita e che scavalcherà facilmente le barriere musicali grazie alla sua sapiente miscela di pop ed elettronica molto accattivante e “catchy“, come si dice oggi. Fa quasi strano leggere il nome della band in cima, Tokio Hotel, considerando alcuni pezzi del passato come “Monsoon” o “Ready, set, go!“. Ma si cresce e si cambia, e questo succede per tutti.

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