Benvenuti ad un nuovo appuntamento con The Passenger, la nostra rubrica che vi propone la musica emergente italiana. Per questa settimana abbiamo scelto di presentarvi Fabio Poli, un cantautore veneziano anno 1977 che si inserisce nel filone del nuovo cantautorato italiano ma che lo fa con un’ironia del tutto propria e particolare. La musica di Poli si colloca a metà tra rock e pop (senza disdegnare generi come la ballad) e mostra un retroterra culturale e personale molto ricco e vario, che nasce nella metà degli anni ’90 dove Fabio è frontman di molte band emergenti (Jena’s Purpose, Still Time, Roxanne) e dove comincia a sviluppare un proprio stile musicale. Il momento però forse più importante per Fabio è il 1999, anno in cui incontra la storica band di Vasco, la Steve Rogers Band, con la quale passa moltissimo tempo organizzando eventi, partecipando a prove, dando idee ed apprendendo molti trucchi del mestiere.
Da allora ne è passata tantissima di acqua sotto i ponti e Fabio ha ormai affinato un proprio stile musicale unico e particolare nel parlare del mondo di oggi e delle sue contraddizioni con ironia e leggerezza, senza però mai cadere nel banale. Uno stile che lo ha portato ad avere all’attivo un EP e un disco che è uscito da poco e che sta avendo un buonissimo riscontro di critica e di pubblico. Ma ora passiamo al protagonista di questa settimana della nostra rubrica e vi lasciamo alle parole di Fabio Poli.
A Tu per Tu con Fabio Poli
Il progetto The Passenger è nato per far conoscere ogni settimana una nuova ed emergente realtà musicale italiana. E per farle conoscere non esiste modo migliore che quello di lasciare loro la parola. Abbiamo posto qualche domanda a Fabio Poli che ci ha parlato della sua visione del mondo e di come si fa musica.
1. Sei un cantante che fa dell’ironia una delle sue armi vincenti, non a caso hai intitolato il tuo nuovo disco “Capolavoro assoluto” e hai definito sul tuo sito l’ironia come la nuova forma di “lotta non violenta”. Come fa un cantautore come te, in un mondo come quello di oggi, a preservare la sua ironia e a trasmetterla nelle tue canzoni?
In realtà io mi chiedo come facciano gran parte dei cantanti mainstream a continuare a fare solo canzoni d’amore, in un periodo storico come questo che, anche alla persona più qualunquista, non può non imporre una riflessione sociale. Per cui, per me, è facilissimo raccontare ciò che vedo, filtrandolo attraverso quell’ironia, quello sberleffo, se vuoi, con un retrogusto un po’ amaro, che mi appartiene.
2. Sono passati ormai due anni dal tuo “Voglio fare il papaboy” e come nel precedente lavoro hai incentrato molte canzoni su temi sociali di strettissima attualità, come molti altri autori della nuova scena cantautorale italiana. Cosa ne pensi del nuovo fermento che sembra scuotere la musica italiana?
La musica italiana è stata per molti anni ripiegata su se stessa, proponendo prodotti dichiaratamente con un mero scopo commerciale. La crisi del settore ha creato la nuova opportunità di essere artisticamente se stessi, perchè tanto non ci sono soldi da guadagnare, né gloria o stadi da riempire, per cui tanto vale essere onesti e presentarsi per come si è, proponendo le proprie idee ed una propria musica, tanto sfruttando il web e muovendosi in maniera intelligente, si può arrivare ad un pubblico vasto anche con risorse limitate.
3. Da come dici in un’intervista, tutta la preproduzione del cd è stata fatta con Loris Peltrera al basso e Francesco Del Zoppo alla batteria in una dimensione molto “live”, quasi come se fosse nato da una jam session. Quale è il rapporto con il tuo pubblico? Curi in modo particolare la “dimensione concerto”?
Si, volevo evitare il classico “appiattimento da studio di registrazione” cui un cantautore che fa tutto da solo può incappare. Per cui, una volta composte ed arrangiate le canzoni privatamente nel mio studio, in cui ho suonato un po’ tutto, dando le linee fondamentali del brano, ho voluto esplorare le mie idee in lunghe jam session, proprio per filtrarle con quelle di altri musicisti. Citerei anche Paolo Zambon e Rudy Michelutti (chitarrista di Red Canzian dei Pooh) che hanno suonato le chitarre elettriche in tutte le canzoni, caratterizzando il sound dell’album. Che poi sono musicisti con cui suono dal vivo da tantissimi anni con cui c’è un feeling particolare.
Parlando del mio pubblico ho un ottimo rapporto, ravvicinato, come è giusto che sia. Io sono una piccola realtà facilmente avvicinabile ai concerti, e comunque sia, chiunque, anche il musicista più elitario e snob, una volta che pubblica un cd è affascinato dall’interazione col pubblico. Altrimenti se ne sta a casa e si tiene le canzoni per se.
La dimensione concerto è vitale, io nasco sui palchi dei pub ai tempi del liceo vent’anni fa e da allora ne abbiamo fatti tanti di km, passando alle feste di piazza a cose sempre più grandi e importanti. Credo che solo sul palco si possa vedere la reale intensità delle canzoni ed i brani di “capolavoro assoluto” dal vivo ti stupiranno.
“Voglio fare il papaboy EP” & “Capolavoro assoluto”: l’ascolto e il commento
Innanzitutto vi proponiamo l’ascolto delle canzoni di Fabio Poli mediante il suo sito ufficiale, dove troverete un lettore con molti brani dell’artista.
Dopo un primo ascolto alcune canzoni colpiscono subito per la loro immediatezza e per il loro insinuarsi nella mente con un ritmo piacevole, quasi in modo virale: “Stralunata” è una dichiarazione d’amore scanzonata e un po’ particolare, molto diversa dalla ballad triste “Alla buona sorte” e dalla malinconica “PS Niente” che ricordano il meglio della musica leggera italiana. Poli però ha il raro dono di passare con disinvoltura dalla tristezza all’allegria e di galleggiare musicalmente nelle varie pieghe della musica leggera italiana con estrema disinvoltura, evitando le burrasche del già sentito e dirigendosi verso i mari calmi dell’originalità. L’ascolto è anche e soprattutto attratto dalla allegria che pervade certe canzoni come “Wonderland” e “Voglio fare il papaboy” e che permette a Poli di trasmettere con il testo uno spaccato di vita italiana tutt’altro che rassicurante, ma sempre con il sorriso sulle labbra. “Bravi tutti“, di cui vi proponiamo anche il video, utilizza il pop-rock per disegnare a grandi linee una serie di ritratti di figure tipiche che invadono e angosciano l’Italia.
Il disco si presenta come un ottimo lavoro e ne consigliamo caldamente l’ascolto: Fabio Poli è un cantautore in grado di ridere di se stesso e del mondo con ironia e con sapienza musicale. Una proposta sicuramente interessante.