E’ entrato nel mondo della musica quando era appena un ragazzino e da allora non ne è più uscito: Stefano Piro, ex frontman dei Lythium, a distanza di sette anni dall’ultimo disco “Notturno Rozz”, è tornato con “Forme di vita del genere umano a colori”, nuovo album intenso e coinvolgente, dal concept suggestivo. Ma non si è fermato qui: ha sperimentato il rock psichedelico e l’opera lirica, fino ad arrivare alle calde atmosfere del tango argentino. Autore, compositore, cantante, adesso anche produttore: lo abbiamo raggiunto per cercare di scoprire qualcosa in più su questo personaggio poliedrico e sulla sua musica. Ecco come Stefano Piro si è raccontato a MelodicaMente.
Cominciamo da “Forme di vita del genere umano a colori”, Suo nuovo album, che ha presentato al pubblico con un concerto alla Salumeria della Musica il 29 Ottobre scorso. Il disco si presenta come un libro composto di 10 canzoni/capitoli, ciascuno narrante il percorso di un uomo da una vita priva di colori ad una che ne è ricca. Da dove ha preso questo tema, cosa l’ha portata a scegliere questo concept?
Nasce tutto dall’urgenza di comunicare un ritorno all’umano. Nell’intensità dei nostri comportamenti quotidiani risiede l’unica possibilità di valorizzare la nostra esistenza. Ce lo stiamo dimenticando, secondo me, e questo non va per niente bene. Da qui il buio dell’ora e il ritorno ai colori grazie alla luce, intesa come capacità di vivere forte.
Nell’album ad ogni brano della track list viene associata una particolare situazione o condizione della vita dell’uomo (dall’amicizia al lavoro fino al sesso), cui a sua volta corrisponde uno specifico colore. Un’architettazione estremamente dettagliata e che nell’intento di base ricorda l’opera cinematografica del Maestro Kieslowski “Tre colori”. Significativo il fatto che siano, poi, i colori dell’arcobaleno, quelli stessi che compongono il bianco, punto d’arrivo del percorso.
L’arcobaleno è la rappresentazione più comune dell’unione cromatica, quella che conosciamo fin da bambini. I brani erano 9 e necessitavo del nero ( il buio della partenza ) e del bianco ( la luce, l’intensità dell’amare ). Un buon caso voluto. Negli stessi brani cito o sottintendo un colore che è visibile solo se animato da vitalità e profondità. La vita è l’insieme di tutte le sfumature possibili, sta sempre solo a noi coglierle illuminate.
Domanda a parte la merita “Hallebuia”, bonus track dell’album che si pone come un racconto a se stante rispetto alla vicenda narrata. Un Lucifero che a Natale si sente “trascurato” dall’umanità e desidera una festa propria. Qual è il trait d’union tra le due storie?
E’ una considerazione sulle vecchie leggende metropolitane che, quando vengono rimpicciolite, assumono caratteri veramente comici. Ciò che unisce il concept e la bonus track è il cd e il mio pensiero.
“Forme di vita del genere umano a colori” arriva a sette anni dal Suo precedente album solista “Notturno Rozz”. Nel frattempo ha avuto molte altre esperienze importanti nei settori più svariati, passando dalle colonne sonore per il cinema agli spettacoli teatrali. Quanto di tali esperienze è oggi presente nel nuovo disco e ne fanno la differenza rispetto al precedente?
La musica scopre ogni giorno un piccolo tratto della sua infinita pelle profumata. Ogni nuovo centimetro scoperto porta in se la conoscenza di tutto quel che prima hai visto. E secondo com’è non arriverai mai nelle parti “calde “. Negli arrangiamenti, nelle idee, nella comunicazione questo differisce da “Notturno Rozz”.
Nel corso della Sua carriera troviamo presente in più momenti il tango. Una realtà particolare, che ha avuto modo di affrontare in più contesti con la collaborazione di personaggi quali Edoardo De Angelis e Mauro Pagani. Per Lei, milanese d’adozione sanremese, com’è nato questo legame con la terra argentina e la sua musica?
E’ stato solo un colpo di fulmine per uno dei generi musicali più intensi di sempre. Ho vissuto un mondo meraviglioso senza aver mai annusato la terra Argentina. La milonga è un portamento ritmico perfetto per chi compone canzoni al pianoforte. Almeno per me, nell’inconscio, da sempre.
Ma non si ferma qui. Scorrendo il Suo curriculum ci imbattiamo in ARM ON STAGE, un progetto creato con Folco Orselli, Alessandro Sicardi e Claudio Domestico (Gnut), con il quale si dedica al rock psichedelico. Ed anche qua viene da domandarsi come riesca a coniugare in sé anime così distanti tra loro.
Io faccio convivere in me varie personalità musicali perché adoro tutta la musica. Il rock inteso come energia sputata senza freni per me è indispensabile. Affronto più cose perché nella musica nessuno mi priverà mai di libertà.
La prossima estate 2013 sarà presentato l’album di Neripè, cantante che riesce a muoversi tra genere lirico e rock, album da Lei prodotto. Come si è trovato in questa veste?
A casa. Sarete sorpresi da un talento puro.
Infine, per concludere, una domanda che forse in molti aspettavano. Lei è stato fondatore e frontman dei Lythium, band che ha avuto grande successo nella decade precedente, per poi intraprendere la carriera solista. Come guarda allo Stefano Piro di qualche anno fa e come guarda a quello di oggi? Il viaggio intrapreso l’ha realmente portata dove si era immaginato?
La bellezza di certi viaggi è guardarsi attorno mentre viaggi. Se uno pensasse sempre al “da dove” e al “a dove” potrebbe aver paura della fine. Il mio arrivo è quotidiano e quando penso a me anni fa mi vedo ragazzo.