Il 31 agosto 1997, sotto il tunnel del Pont de l’Alme di Parigi, la Principessa Diana perdeva la vita in un incidente stradale.
Lady D era considerata la principessa del popolo e la notizia della sua morte improvvisa, a 36 anni, lasciò sotto shock l’intero Regno Unito. Il 1° settembre del 1997 le radio britanniche misero in rotazione “The drugs don’t work” dei The Verve, un brano scala-classifiche dall’impronta fortemente malinconica, che assecondava l’umore di un’intera nazione. Il pezzo dei Verve si piazzò immediatamente al primo posto della classifica del Regno Unito (per la serie “sono solo canzonette”) ma ovviamente non aveva nulla a che vedere con la scomparsa di Diana, della quale si discute tutt’oggi.
“The drugs don’t work“, che rientra nell’album “Urban Hymns“, era la grande impresa che avrebbe dovuto seguire il successo di “Bitter Sweet Symphony” (una storia che racconteremo un’altra volta) ed è un brano sviscerato dal dolore di Richard Ashcroft, che lo scrisse nel 1995. Ashcroft non è certo uno degli artisti più allegri in circolazione, nel 1995 era nel bel mezzo degli eccessi, non ha mai nascosto di fare abuso di droghe, pare avesse una certa predilezione per l’ecstasy. Nel 1997 i The Verve erano all’apice del loro successo ma non mancavano i contrasti interni, soprattutto tra Richard Ashcroft e Nick McCabe. Il cantante e frontman del gruppo oscillava continuamente tra uno stato di profonda inquietudine e la depressione, che ha cercato di contrastare con il Prozac, senza avere gli effetti sperati. “The drugs don’t work“, per l’appunto. Perché in inglese “drugs” può voler indicare le droghe ma anche i farmaci e in entrambi i casi Ashcroft non trovava alcun giovamento. “They make you worse“, dice il brano, ovvero “Ti rendono peggiore”.
Come abbiamo detto, Richard Ashcroft scrisse il pezzo due anni prima della sua pubblicazione, la versione originaria prevedeva che il verso dicesse “Mi rendono peggiore” ma il cantante decise di modificare la prospettiva, il pezzo non era rivolto solo alla sua esperienza diretta. Ashcroft infatti scrisse “The drugs don’t work” anche per il padre malato, poi scomparso, al quale le medicine non furono d’aiuto. “But I know I’ll see your face again”, prosegue il brano, con Ashcroft sprofondato nella depressione più totale che non disdegna nemmeno l’idea del suicidio (“‘Cause baby, ooh, if heaven calls, I’m coming, too / Just like you said, you leave my life, I’m better off dead”). La canzone rispecchia lo stato di confusione emotiva del cantante, che in un’intervista la definì una “canzone d’amore”, sebbene risulti piuttosto malinconica e pessimista. Il 1995 è stato un anno intenso per l’artista, infatti fu anche quello in cui Ahscroft convolò a nozze con Kate Radley, dalla quale ha avuto due figli, il suo grande amore.
Oggi “The drugs don’t work” è un vero e proprio brano cult degli anni Novanta ed è stata coverizzata da diversi artisti. La versione più nota e forse anche la più intensa, è quella di Skin, che trovate qui di seguito, ma ne esiste anche una versione di Ben Harper.