Scarda: “Smetto quando voglio” dal localino al grande schermo in due anni. Può sembrare strano, soprattutto in un paese come il nostro, che un perfetto sconosciuto avvistato a suonare in un locale venga chiamato negli uffici di una grossa casa di produzione cinematografica per scrivere una canzone che si basi sulla sceneggiatura di un film. Eppure succede, ed è segno che si può sempre sperare, perché il talento quando c’è, qualcuno lo riconosce sempre, e se lo riconosce la persona giusta arriva anche la svolta. “Smetto quando voglio“, l’opera prima di Sydney Sibilia che ha sbancato al botteghino, ha nei suoi titoli di coda la “title song” di Scarda, cantautore calabrese del quale vi avevamo parlato ai suoi esordii come fenomeno prettamente locale e che oggi è un caso molto più grosso. Una gavetta che scorre veloce, piena di piccole e grandi soddisfazioni, “i flop ci sono stati” – ci racconta sorridendo – “ma pochi e relativi”.
1) “Come fanno le tue demo in quanto “demo” ad avere tutti quegli ascolti su Youtube?”
Passaparola! Pare che i calabresi fuori sede mi vedano come motivo di orgoglio e fanno girare molto la voce, un sacco di artisti con etichetta non hanno gli ascolti che ho io (ghigno malefico ndr).
2)La canzone per il film? Gran colpo di fortuna! La fortuna aiuta gli audaci! Se sei pigro è difficile farsi trovare al posto giusto al momento giusto, io penso ogni giorno a promuovermi e a come farlo, quando vedo fare a qualcuno sul palco qualcosa che funziona ci lavoro per far diventare quella cosa anche mia, la fortuna è una componente imprescindibile quanto inutile se non è accompagnata dal “farsi il mazzo”!! E’ una cosa da ammirare poi il fatto che ci siano persone come Sydney che nel realizzare una cosa importantissima come questo film, si propongano anche di fare i talent scout musicali! Ringrazio infinitamente lui e chi mi ha fatto casualmente arrivare alle sue orecchie (Grazie Sabi!!).
3) Gira su Youtube un video in cui Mogol ti paragona a Rino Gaetano, che storia è?
Una storia bella, mi avevano invitato per una performance musicale ad un convegno in Calabria, ospite d’onore Mogol, che non ha potuto evitare di assistere a questa esibizione che poi fortunatamente gli è piaciuta. Così mi ha detto sta cosa, appunto, di ricordargli il suo amico Rino. Da quando i giornali hanno iniziato a battere questa notizia tutti pensano che io e Mogol siamo amiconi, in realtà è molto probabile che se gli dici “Scarda” quello risponde: “Chi?”.
4) A quando un disco vero? E’ arrivato il momento, no?
Si lo penso anch’io, ci sto lavorando, è in fase di registrazione, e devo dire che mi sto divertendo molto a fare anche l’arrangiatore. C’è chi si è interessato, infatti non lo posso anticipare ma credo di sapere anche per chi uscirà. In ogni caso è esclusa l’auto-produzione!
5) Tu che stai facendo i tuoi passi in avanti, ma che comunque vieni da li, che cosa pensi dei gruppi e dei cantautori emergenti in Italia?
Guarda, è un discorso complesso, ciò che posso dire è che c’è tanta auto-referenzialità che si trasforma in auto-giustificazione nel momento in cui non vi è riscontro di pubblico, si inizia a dire “Qui in Italia non capiscono niente, all’estero è diverso”, ecc. Io non sono d’accordo con questo tipo di discorsi, io l’ho visto all’estero il cantautore col cappello di paglia, la camicia a quadri e il gilet che cantava senza che nessuno lo ascoltasse. Semplicemente in questi casi hai sbagliato mestiere! Perché la serata sfigata può capitare, ma se capita sempre il problema sei tu! La scena musicale è composta per l’80 per cento da artisti che non hanno abbastanza talento, il restante 20 per cento è gente che il talento ce l’ha, o che si sa vendere, o entrambe le cose insieme. Il problema è quando hai talento e non ti vendi bene, perché sei destinato ingiustamente a non avere le tue occasioni. Oggi, è brutto ma è così, comanda il mercato, se vuoi crederci lo stesso, devi agire tenendone conto.
6) E della grande discografia cosa pensi?
Mi piace fare questo parallelo economico: oggi la grande discografia non investe più sull’artista, lo vuole già con il suo seguito, quindi le etichette più piccole fanno il lavoro di scouting e a lavoro compiuto, le Major se li prendono. E fin qui ci può anche stare, il mercato si muove in maniera efficiente su dati reali. Il problema invece sono le bolle. Quando miri a creare un artista che di per se è una scatola vuota, facendogli guadagnare il suo grosso pacchetto di ascolti durante i talent show o comunque in televisione, in pochissimo tempo, gli fai fare canzoni studiate a tavolino, con i testi semplici e banali, con motivetti facili facili, così da arrivare subito a chi compra più musica (i teen ager), ti comporti come lo speculatore finanziario, contribuisci a un mercato fatto di plusvalenze che si basa su dati non reali e soprattutto volatili, poco solidi, un mercato inefficiente nel lungo periodo (l’esempio lo abbiamo visto a livello globale). I ragazzini poi crescono e non se le ascoltano più quelle cose, se la discografia costruisse miti anziché mode si ritroverebbe dei seguaci non dei manichini, dei fan con una fede, dei quali ci si può fidare, anziché persone che si infilano e sfilano la musica di dosso come una giacca, secondo le stagioni.
7) Parli sempre del mercato… (risata ndr).
Si è vero, anzi aggiungo, sto per laurearmi in Giurisprudenza e la tesi la sto facendo con la cattedra di Economia Politica! A parte ciò, credo sia dovuto al fatto che osservo molto come funzionano le cose, non funzionano bene, ma non mi va di piangermi addosso, preferisco prendere nota e agire di conseguenza.
In bocca a lupo per tutto allora.
Crepi!