Emozionante, questa potrebbe essere la definizione di “Valtari“, sesto album in studio dei Sigur Ros, band islandese che ormai è una specie di culto, quando si parla di musica sognante e d’atmosfera.
“Valtari”, la cui uscita è prevista per il 28 Maggio 2012 nel Regno Unito e il giorno seguente negli USA, giunge dopo ben quattro anni dal precedente disco in studio. Come precisato dal bassista Georg Holm, ad un certo punto la band si è ritrovata a non saper più che direzione prendere, si è trovata completamente allo sbaraglio e poi, un bel giorno “Valtari” ha iniziato a prendere forma, così, dal nulla.
Gli stessi Sigur Ros hanno sempre avuto molta difficoltà nello spiegare i loro dischi, utilizzando parole e definizioni essenziali per definire dei mondi. Recensire un disco della band islandese è una impresa molto difficile perché ogni loro lavoro è assolutamente aperto ad interpretazione personale. E’ pur vero che la musica di per sé lo è, ognuno è portato ad interpretare ogni singolo brano a modo proprio ma, con i Sigur Ros questo concetto si dilata ulteriormente.
Jonsi e la sua esperienza da solista, “Go”, hanno un suono molto diverso da questo disco che lo vede riappropriarsi della sua formazione al 100%. Giustamente, la band, ha sempre sottolineato la volontà di non separarsi, pur avendo necessità ogni tanto di prendersi una pausa, di coltivare emozioni individualmente, di coltivare interessi musicali e non solo in separata sede. “Valtari” non si può definire un disco del ritorno perché, in definitiva, i Sigur Ros non se ne sono mai andati, non hanno neanche mai subito una parabola discendente; sono sempre stati profondamente rappresentativi di una musica creata per sognare, creata per pensare, creata per emigrare in un mondo irreale, o forse più reale di quello in cui viviamo.
Mancava un disco simile nel panorama musicale degli ultimi anni, mancavano i Sigur Ros, una formazione che non può avere un gradimento medio. Ci si ritrova a ritenere la voce di Jonsi e l’atmosfera della band profondamente ammaliante e unica sin dall’inizio oppure fin da subito insopportabile. Ci ritroviamo davanti ad un gruppo che, quasi, non sembra di questo mondo. Una formazione che risente profondamente dell’amata Islanda e dopo quasi vent’anni di carriera (diciotto per la precisione) non ha ancora stancato.
Sigur Ros “Valtari”, l’analisi del disco:
Le canzoni dei Sigur Ros non sono mai state create per essere capite, a meno che si conosca l’islandese o ancora meglio la lingua appositamente creata dalla formazione, il vonlenska, chiamato anche hopelandic, l’impresa sarebbe fallimentare sin dal principio. I Sigur Ros non hanno mai voluto e cercato di farsi capire mediante i testi e, per ovviare qualsiasi dubbio hanno addirittura creato un’altra lingua. I brani dei Sigur Ros nascono per creare delle visioni, delle visioni che sono mondi aperti all’interpretazione dell’ascoltatore. “Valtari”, se possibile, risulta ancora più sognante, lontano, magico, irreale, dei precedenti lavori.
Lo stesso Jonsi, in una delle rarissime interviste che la band ha rilasciato, ha definito “Valtari” come “floaty and minimal, introverted, ambient” e, ancora una volta non ci potrebbe essere definizione migliore, “Valtari”, suona proprio così.
Tracklist – Sigur Ros Valtari:
Se si guarda la tracklist, viene spontaneo pensare “ma sono solo otto canzoni!”, se si calcola il tempo medio della singola traccia, 6 minuti abbondanti, tutto torna. Come solito ci troviamo davanti a canzoni magicamente lunghe, perché, per trascinare l’ascoltatore ci vuole la dovuta calma, perché, per convincere ci vogliono ritmiche lente ma con una forte costruzione musicale alla base. “Valtari” non potrebbe risultare più essenziale di così, ci troviamo davanti ad un disco che non mira a nessun tipo di sperimentazione che i Sigur Ros non abbiano già compiuto con i lavori precedenti. Ci si ritrova lentamente a naufragare verso l’ignoto, proprio come l’artwork del disco rappresenta, nonché come il video di Ekki Mukk propone.
“Un lento decollo verso chissà cosa”, così Jonsi ha parlato di “Valtari” e ancora una volta è la rappresentazione di una scelta e volontà meditata. Tutto torna in modo circolare, in questo disco o, forse, si potrebbe anche leggere come una lenta partenza verso l’indefinito, come una strada di cui non si conosce la fine. Il disco è stato presentato con “Ekki Mukk” che si conferma essere una delle migliori canzoni, la voce di Jonsi finisce per essere un mezzo di trasporto, quasi una navicella spaziale che accompagna su un altro mondo.
La canzone che dona il titolo al disco, “Valtari“, è ancora una volta un lungo paesaggio sonoro. Il disco è composto da tracce che non sono di certo tutte nuove e composte in quest’ultimo periodo: la scrittura di alcuni pezzi risale addirittura prima dell’ultimo album della band del 2008, altre sono state riprese e rivisitate, risistemate dalla formazione in modo che potessero andare bene all’interno di questo nuovo lavoro. C’è dunque molto del cosiddetto “materiale di repertorio abbandonato e/o scartato” in “Valtari”.
Basta leggere qualche intervista della band per capire il loro pensiero: non sono interessati né alle critiche volte loro, neppure alle recensioni su carta stampata o internet, non si preoccupano dell’influsso che i media potrebbero avere su di loro perché semplicemente si proteggono da ciò rintanandosi in un modo a parte, in un mondo solo loro, impenetrabile. Un mondo che vuole emergere solo grazie alla musica e, ancora una volta, non possiamo fare a meno di ascoltare, in silenzio, cercando il più possibile di onorare “Valtari” e una formazione con una capacità musicale assolutamente fuori dal comune.
Una delle definizioni più adatte di “Valtari” è senza dubbio “atmospheric soundscapes”, in inglese, questi termini, chissà perché suonano sempre più d’impatto. Con i Sigur Ros, quasi, anche a recensire i loro dischi sembra di invadere una “proprietà privata”, sembra di dire così tante parole superflue. Riassumiamo dunque tutte queste parole su “Valtari” definendolo come un contenitore di emozionanti paesaggi sonori: buon viaggio.
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