In molti hanno conosciuto Sia Kate Isobelle Furler con il brano “Chandelier”, singolo che l’ha consacrata nell’olimpo della discografia mondiale ascoltatissimo in tv e radio. Inoltre, anche il singolo “Elastic Heart“, brano della colonna sonora di “Hunger Games – La Ragazza di Fuoco”, ha fatto sì che il disco “1000 Forms of Fear” entrasse in vetta alle classifiche di mezzo mondo compresa la Billboard 200 vendendo ad oggi oltre 1 milione di copie nel mondo.
Ciò che molti (se non quasi tutti) non sanno è che Sia si trova nel campo musicale da ormai ben 17 anni vestendo i panni di autrice e produttrice per interpreti del calibro di Ne-Yo, Jessie J, Christina Aguilera, Celine Dion, Britney Spears, Katy Perry, Rita Ora, Rihanna, Beyoncé e anche del nostro Marco Mengoni, giusto per dirne alcuni. Innumerevoli sono anche le sue collaborazioni con molti DJ per hit di successo come “Titanium” insieme a David Guetta e “Wild Ones” insieme a Flo Rida: Sia ha anche partecipato alle colonne sonore di film di successo (Twilight, Burlesque, Il Grande Gatsby e Cinquanta Sfumature di Grigio) e di serie TV (Six Feet Under, Gossip Girl, True Blood e The Vampire Diaries).
Fatto questo doveroso preambolo, ora siamo pronti per parlare del suo ultimo disco, “This is acting“, anticipato dai singoli “Alive”, “Bird Set Free”, “One Million Bullets”, “Cheap Thrills”, “Reaper” e “Unstoppable”. Sei singoli per un disco solo, per quanto siano o meno promozionali, possono indicare solo due cose: o si preannuncia un capolavoro o si sta cercando di fare un battage pubblicitario spietato. E in questo caso propendo per la seconda ipotesi.
“This is acting” nasce con un’idea di fondo ben precisa: tutti i dodici brani presenti nel disco sono stati concepiti e scritti da Sia per essere cantati da altri cantanti ma sono stati poi scartati in fase di realizzazione. A questo punto Sia ha deciso di raggrupparli sotto un’unica egida e di cantarli cercando di calarsi nei panni degli artisti a cui erano destinati, cercando di imitare il loro stile e il loro approccio alla canzone. Da qui il senso anche del titolo: “this is acting”, ovvero questo è recitare.
Il disco parte con la “Bird set free“, una power-ballad a tratti dolce a tratti arrabbiato, con un incedere solenne, una sorta di indice a cui rifarsi per capire che ormai Sia libera dalle catene e dalla gabbia mentale e commerciale in cui era fino a poco tempo fa (“E non mi importa se sono stonata, ho trovato me stessa nelle mie melodie. Io canto per amore, io canto per me“). Il secondo brano, “Alive“, era originariamente destinato al disco “25” di Alice ma la cantante inglese ha deciso di non inserirlo in quel disco, e secondo noi ha fatto male, visto che è uno dei pezzi migliori del disco, dall’incedere possente e che sarebbe stata sicuramente valorizzata dalla voce potente di Alice: Sia dimostra comunque di aver un notevole bagaglio tecnico e si destreggia bene con il pezzo, che suona però molto simile ad altre composizioni sempre della cantante australiana.
“One Million Bullets” rimanda invece agli anni ’80 con il suo elettro-pop molto piacevole e rilassante che però cala alla distanza nel ritornello e rischia di rendere il brano anonimo e monotono: il disco cerca di scuotersi con “Move Your Body“, brano che sarebbe stato scritto per Shakira dalla marcata tendenza energetica ed adrenalinica ma forse troppo leggero e “catchy” e che sembra stonare con la linea musicale impostata finora dal disco. “Unstoppable” riporta tutto su binari noti: la canzone, pensata per Demi Lovato e il suo “Confident”, mostra sì la bravura di Sia come writer e come producer ma comincia a far crescere nell’ascoltatore una certa sofferenza per la monotonia in cui si sta insaccando il disco.
L’album cerca di smentirci con “Cheap Thrills“, brano pop con influenze reggae, e “Reaper“, bella canzone che riesce a coinvolgere con facilità l’ascoltatore, entrambi i brani scritti per “ANTI” di Rihanna, ma poi torna nella mediocrità con “House on Fire” e “Footprints” per poi schiantarsi contro “Sweet design“, brano che dovrebbe essere ascritto al genere r’n’b ma che riesce a sorprendere con il suo caos e che riesce a stranire addirittura la voce di Sia, facendola sembrare tutt’altro. “Broken Glass” mostra un pop di qualità che strizza l’occhio alla musica orientale e che fa fare un salto di qualità all’intero disco grazie al suo livello, decisamente più alto rispetto alla media degli altri brani: il disco si chiude con “Space between“, pezzo sperimentale che rifà il verso a Lana Del Rey e che si ciondola tra il minimal e il minimo sforzo.
“This is acting” ha un grandissimo difetto: non ha un filo logico, o meglio, ne ha uno ben preciso, ovvero il riappropriarsi di brani scritti per altri e cantati come se li avessero davvero cantati i destinatari finali delle canzoni, ma è un motivo troppo piccolo per giustificare il caos e l’appiattimento musicale del disco. Il disco ha un paio di episodi riusciti (“Broken glass” e “Alive“) e mostra l’enorme versatilità di Sia ma questa volta, secondo me, l’artista australiana ha esagerato e la versatilità è diventata caos e noia: molte canzoni si somigliano o somigliano a pezzi già fatti e si sente che sono figli di un mero calcolo commerciale legato alle mode musicali del momenti. Questo progetto è troppo variegato per riuscire a rimanere in mente e non riesce a “scaldare” l’ascoltatore. Rimane l’ultimo dubbio di questo esperimento, ovvero se invece di Sia queste canzoni fossero cantate dai reali destinatari. Ma è un dubbio che credo non vedremo mai fugato.