Lunedì 7 Aprile alle ore 21, nella splendida cornice del Teatro Duse di Bologna, Sergio Caputo, famosissimo cantautore italiano, ha tenuto la tappa bolognese del suo “Un sabato italiano 30 Tour“.
Lo storico teatro felsineo, di ambientazione neorealista, ospita l’appuntamento che il cantautore ha deciso di tenere con i suoi fan emiliani, ovvero quello con un disco che ha fatto la storia della musica italiana (37esimo disco italiano migliore degli ultimi 100 anni secondo Rolling Stone) in una versione diversa e più elaborata in chiave jazz, complici anche trent’anni di musica alle spalle.
La platea è quasi del tutto gremita quando si presenta sul palco la band al completo: pianoforte e tastiere, basso, batteria e sezione fiati (sassofono, tromba e sax) in attesa della guest star della serata e della sua chitarra. Tranne un enorme striscione sullo sfondo con il numero “30”, la sceneggiatura è scarna ed è lasciato ampio spazio agli strumentisti ed al cantante di muoversi ed interagire col pubblico.
L’atmosfera è sin dall’inizio molto intima e personale, Caputo parla molto con il pubblico e spiega i piccoli retroscena dietro ad ogni canzone del suo primo disco, retroscena che sono riportati nel libro “Un sabato italiano memories“. Partendo dalla sua “difesa” di Bologna in territorio americano il cantante parla della sua vittoria contro il vizio del fumo ed intona la prima canzone, “E le bionde sono tinte“, e subito ci si accorge della cifra stilistica della serata. E’ una serata di jazz quella che si preannuncia infatti, come dimostrano anche le successive canzoni “Bimba se sapessi” (in cui canta la strofa originale “citrosodina granulare“) e “Night“, canzone che non cantava da tempo pensando che il mondo avesse dimenticato un personaggio come Fernandel, presente nella canzone.
Dopo aver spiegato che il Rino di “Io e Rino” non è Rino Gaetano e che la lei di “Weekend” è davvero una ragazza (una delle canzoni migliori della serata, secondo me), compare la figlia piccola di Caputo da dietro le quinte a cui il cantante manda un bacio. Il cantautore decide allora di suonare uno dei due inediti della serata, “C’est moi l’amour“, e di farlo seguire da una inedita versione gospel di “Mettimi giù“.
Dopo un divertente scambio di battute sui pantaloni che non riescono a stare su e sulla vera funzione della pancia per gli uomini, Caputo intona “Cimici e bromuro” e finalmente la title-track “Un sabato italiano“, canzone che dice di aver rifatto per permettere a sua moglie di cantarla per casa e per poter così evitare di ricantare sempre i soliti vecchi pezzi in playback quando ospitato in qualche trasmissione. Dopo “Merci bocu” viene eseguito il secondo inedito della serata, “I love the sky in September” dedicato alla nascita della figlia.
Il tempo di essere invitati in sala a ballare sulle note di “Spicchio di luna” ed il palco si svuota, lasciando Caputo da solo con la sua chitarra a suonare “Effetti personali“: è il turno dopo di “Non bevo più tequila” che viaggia tra pop e jazz e due grandi successi come “Flamingo” ed “Hemingway caffè latino“. Lo spettacolo si avvia verso la conclusione e dopo “L’astronave che arriva“, “Italiani Mambo” e “Il Garibaldi innamorato” (con un bellissimo duetto sax chitarra) il cantante ed il gruppo abbandonano il palco. Il pubblico li richiama a gran voce e dopo qualche minuto rientrano per eseguire “Metamorfosi“, con Caputo senza la chitarra che alla fine del brano rientra ballando con la figlia, e “Vado alle Hawaii“, pezzo con cui termina il concerto.
Il concerto di ieri sera si può vedere con due occhi molto diversi. Se qualcuno cercava il cantautore Sergio Caputo e ci si aspettava una copia quasi fedele del disco di 30 anni fa, probabilmente sarà rimasto profondamente deluso. Se però, invece, si cercava l’amico Sergio Caputo, quello che ti invita a ballare in platea, che danza sul palco portando la figlia in braccio, che canta le sue canzoni mettendoci un’emozione di più e a cui si possono perdonare una stonatura od una nota sbagliata, allora la persona che è uscita dal Teatro Duse avrà avuto lo sguardo lucido e guardando il cielo notturno avrà intonato “la mia stella da spettacolo lassù“. Sta a voi scegliere da che parte stare.