“Nuvola numero nove” è il nuovo album di Samuele Bersani, l’ottavo di inediti in oltre venti anni di carriera, distribuito nei negozi di dischi e reso disponibile al download presso gli stores digitali a partire dallo scorso 10 Settembre 2013. Il titolo è la traduzione letterale dell’espressione “cloud nine”, che in lingua inglese corrisponde alla nostra “essere al settimo cielo”, e proprio la felicità è l’elemento che fa da leit motiv a questo progetto. Un’emozione complessa, questa della gioia, che nel disco viene mostrata nelle sue molteplici sfaccettature e filtrata attraverso l’occhio di Bersani, ormai resosi noto per riuscire a collegare microscopico e macroscopico, a trovare nel dettaglio la rappresentazione dell’infinito.
Nella musica a noi contemporanea la maggior parte delle canzoni si compone di due parti: testo e musiche. Sempre più spesso capita di ascoltare brani che mancano di ricchezza in una di queste componenti: alcuni si caratterizzano per ritmo trascinante, arrangiamento accattivante, riff orecchiabile, ma presentano testi deboli, altri, invece, si presentano all’opposto come cariche di parole incisive cui manca una corrispondente forza nella parte strumentale.
“Nuvola numero nove” si staglia nettamente da questo panorama. Ciascuna delle dieci tracce incluse nella tracklist ha il merito di unire liriche forti nella loro tenera delicatezza e arrangiamenti imponenti, a tratti epici, in perfetta armonia tra loro, non un elemento che sovrasti l’altro, ma totale equilibrio. Si capisce subito quanto questo album sia stato per Samuele Bersani frutto di un lavoro meticoloso, fine cesellatura nelle sette note e nelle venticinque lettere dell’alfabeto.
Anziché premere il tasto play di un lettore, con “Nuvola numero nove” si ha l’impressione di aprire e sfogliare un libro composto di dieci racconti brevi, ciascuno avente una sua struttura ben precisa ed un significato compiuto che spesso si riesce a cogliere solo con il progredire del brano. Un sapore fiabesco è ciò che si sente in punta di lingua mano a mano che scorre la tracklist.
Basti pensare al carillon rock che accompagna “Complimenti”, brano di apertura del disco, che subito catapulta in un mondo che sembrerebbe fatto di sole, cuore e amore, per poi ritrovarci di fronte a un rapporto tanto tormentato da spingere il protagonista a dare soprannomi inquietanti alla sua amata e a non poter che usare un semplice ma assolutamente non banale “la la la” per descriverne la personalità. Risate, amare, ma tante risate è ciò che questa canzone ci concede. Le si avvicina per ironia e giochi di parole tanto sottilmente quanto argutamente al vetriolo “Chiamami Napoleone”. Immagini e personaggi del quotidiano che Bersani vorrebbe chiamare, immagini e personaggi cui talvolta non si riesce ad associare il giusto significato, ma per i quali una volta decriptato il nesso non si può che esclamare: geniale!
L’album è stato anticipato da “En e Xanax”, altra storia d’amore combattuta, moderni Romeo e Giulietta spinti alla nevrosi dai due mondi così tanto lontani, eppure simili, in cui hanno vissuto. La coda strumentale dai suoni quasi da colonna sonora e che accompagna il “e poi si addormentavano” riesce con poche note a creare la magica sospensione di un risveglio che non sapremo mai se ci sarà. Mentre lasciamo i nostri protagonisti dormire, assistiamo al risveglio di “Desirée”: principessa di città degli anni duemila che attorno a sé non vede scale mobili e tram, ma draghi e gentili cavalieri. Assonanza con la sorella “En e Xanax” è la coda strumentale, che ci fa quasi sembrare le due storie come una la prosecuzione dell’altra.
Tra quelli che potremmo classificare standard bersaniani si inseriscono direttamente “Ultima chance”, caratterizzata da un testo dall’impronta fortemente lirica e quel clarinetto che affatto stride con la fisarmonica a bocca a dare assieme un suono che oscilla tra la festa pagana e il cantautorato più alto, ma anche “Reazione umana”, che gradualmente acquista forza ed incisività con colpo di grazia della chitarra elettrica finale, e infine “D.A.M.S.”, in cui all’accompagnamento (fin troppo riduttivo definirlo così) strumentale si accosta un testo tanto delicato quanto forte: il ritratto di una generazione. Finale a sorpresa, come nella più alta tradizione narrativa.
La favola prosegue negli ultimi due brani di “Nuvola numero nove”. Apertura alla Led Zeppelin per “La spia polacca”, in cui Samuele Bersani sfodera tutta la profondità della propria voce, oscillando tra il rock degli anni ’70 ed il pop dei ’90. Atmosfere cupe e conturbanti, una perla che si rischia di non apprezzare a pieno al primo ascolto. Apparentemente ossimorica “Il Re muore”, che, così come la traccia che la precede, poco sembra a che vedere con la felicità: giudizio sommario e superficiale, la morte è qui vista come motivo di rinascita e ripartenza dal buio più profondo.
“Settimo cielo”, che in senso lato si potrebbe definire la title track, merita particolare attenzione: giro di chitarra classica frizzante a sostenere l’intero pezzo, su cui nel finale si impongono pianoforte e chitarra elettrica dal sound blues. Si respira aria di festa, atmosfera che ricorda i migliori classici della musica brasiliana. E la rapida corsa discendente nell’inciso è un’intuizione quanto mai semplice ed efficace, che rende il brano ancora meno banale di quanto già non si presentasse.
Giudizio complessivo:
Quando un album è caricato di alte aspettative, il rischio di una delusione profonda sembra appostato dietro l’angolo, ma non è questo il caso. “Nuvola numero nove” si presenta come un album estremamente ricco: ricco di belle parole, cariche, pronte a dischiudere significati profondi, ricco di arrangiamenti che attingono dai generi più fecondi con armonia, ricco di suggestioni, ricco di immagini, ricco di violenta delicatezza. Ad uscirne realmente arricchito è l’ascoltatore.