Romina Falconi: “Benedico ogni esperienza che ho fatto”

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Romina Falconi | © Danilo De Maria

Dal canto classico al tour con Immanuel Casto, passando per X Factor, Eros Ramazzotti e l’hip hop: questo è il percorso musicale (almeno al momento) di Romina Falconi, una delle realtà più particolari della musica italiana odierna che sta vivendo con il “Casto Divo” Immanuel Casto una stagione eccezionale visto il successo del “Sognando Cracovia Tour“. Abbiamo avuto il piacere di scambiare due chiacchiere con Romina la quale non si è negata ma anzi si è concessa anima e corpo in un’intervista a 360 gradi sulla musica, sulla vita e sul panorama italiano musicale in generale, senza disdegnare consigli e riflessioni.

Romina, presentati brevemente al nostro pubblico di MelodicaMente.

Mi presento a modo mio: sono una cantautrice teatrale, nel senso che durante il live mi piace molto far uscire la parte teatrale di me, sono o bianco o nero, o faccio molto ridere o sono molto melodrammatica, non conosco mezze misure, per me l’arte va vissuta a 360°. Ho fatto parecchie esperienze e da queste sono uscita molto arricchita a livello personale interiore: dopo un sacco di collaborazioni con varie case discografiche ho deciso di intraprendere la scelta di autoprodurmi, anche grazie ad Immanuel Casto che mi ha fatto da mentore. Per una volta il tutto non era maneggiato da mani esterne ma da musicisti che hanno voluto partecipare al mio progetto. Nell’arco di nove mesi mi sono trovata catapultata in un progetto con Immanuel Casto, il “Sognando Cracovia Tour”, ed è bellissimo, pensando al fatto che per ora ho fatto uscire solo album EP in digitale. E’ stato tutto molto rischioso ma mi ha permesso di uscire per quella che sono dopo tanti anni di esperienze.

Quindi come è nata la collaborazione con Immanuel Casto? Quando vi siete conosciuti?

Grazie al manager Jacopo Levantaci. Ci siamo conosciuti nel 2010: lui aveva fatto questa canzone, “Crash”, e voleva un intervento femminile ed il manager ha proposto questa collaborazione. Io avevo paura di non essere all’altezza perché venivo da un mondo molto più pop della musica italiana, ma quando ci siamo visti è stato tutto facile dall’inizio dal punto di vista emotivo ed artistico ed il numero molto alto delle visualizzazioni ci ha fatto capire che era una formula vincente e che i dubbi dell’inizio non erano fondati. Abbiamo poi fatto “Sognando Cracovia” e quando ho deciso di iniziare il mio progetto ho chiesto a Immanuel di collaborare in un pezzo di forte impatto sociale su persone che fanno una seconda vita non sempre per scelta, un tema molto forte che parlava di prostituzione e trans gender: lui è stato molto contento di intervenire in “Eyeliner” e dopo abbiamo intrapreso il tour “Sognando Cracovia” ed abbiamo deciso di tentare di partecipare a Sanremo, sia per dare una botta un poco rivoluzionaria sia per portare a Sanremo un poco di teatralità che ormai manca dal palco. La canzone è molto forte, parla di violenza sia psicologica che fisica, e l’unica persona che poteva darmi una mano in tal senso era proprio Immanuel. Non abbiamo rinunciato a noi stessi ma abbiamo deciso di utilizzare questo tema per lanciare un messaggio forte al pubblico di Sanremo che non è abituato a vedere gente come noi però il messaggio è talmente forte e particolare per essere sanremese che se anche non ci accettassero abbiamo una nostra realtà. Il tentativo è quello di portare ad un pubblico più vasto che non ci conosce un messaggio molto forte ed un tipo di musica teatrale che non si vede più in Italia.

Come è lavorare con Immanuel Casto?

Lavorare con Immanuel non è facile, si ride dalla mattina alla sera rischiando di perdere di professionalità, ma lui fa molto ridere ed è molto carino e quando lavoriamo insieme non ci risparmiamo, perché pensiamo a quando saremo vecchi e ci chiederemo cosa abbiamo fatto e pensiamo che se non facciamo ora queste cose quando le facciamo più? Poi mi piace lavorare con lui perché volevamo essere meno ovvi rispetto alla scena musicale italiana e non volevamo emularli ma volevamo fare qualcosa che ci appartenesse davvero.

Quindi vi siete voluti ritagliare uno spazio di rottura rispetto alla scena musicale italiana…

Assolutamente si. Quando uno scrive non parte mai con l’idea di presentarsi la gente: col tempo, quando hai delle idee e le butti giù e quando organizzi un disco, quando metti giù il materiale e ti rendi conto di quello che fai. Abbiamo deciso di fare questo genere di musica per rispettare di più la nostra indole. Questa è una società musicale dove regna il mordi e fuggi e dove funziona molto il “one shot”: quando fai una cosa in cui credi tanto ti trovi a non avere molto tempo oggi per lavorarci sopra e se non sei neanche te stesso torni a casa con l’idea che non hai fatto davvero quello che volevi fare. Dal momento che è un’autoproduzione e che coinvolge i tuoi soldi e le energie tue e delle persone che ti sono accanto e che ci credono davvero in quel momento non ce la fai a non essere te stesso. Quando avevo un contratto discografico non ho mai potuto scegliere davvero: da quando ho deciso di fare tutto da solo mi sono detta “o la va o la spacca”, perché per me lo scopo di un cantautore è quello di fare la sua musica e comunicarla a più persone possibili. Non c’entra il marketing, o per lo meno centra solo con determinati prodotti, ma non siamo un sacco di patate o un barattolo di marketing: abbiamo deciso di rischiare e noi che siamo italiani abbiamo fatto la storia della musica, mi ricordo un Renato Zero che negli anni 70’ cantava “Sbattiamoci” in TV e penso che se canti una cosa del genere oggi ti arrestano: la TV mette a disposizione di tutti dei contenuti pazzeschi ma credo che nel campo della creatività siamo tornati indietro.

Romina Falconi | © Antonello Valdini
Romina Falconi | © Antonello Valdini

Questo tuo discorso si riflette molto sia in “Eyeliner” che in “Sognando Cracovia”: siete una delle poche realtà che fotografa la realtà di oggi nel bene e nel male, un po’ come l’hip hop ed alcuni cantautori della scena moderna..

Perfettamente. Io adoro Paolo Conte, per esempio. Con “Eyeliner” ho parlata della mia infanzia, del quartiere in cui sono cresciuta, e se tu noi oggi è come se adesso nei canali di informazione ogni cosa è lecita ma quando si parla di arte ci autocensuriamo: quando sei un rapper puoi parlare di tutto perché sei un rapper mentre se sei un cantautore o una cantautrice come me studi canto e basta. Mi piace essere in questo senso controcorrente.

Hai una storia musicale molto lunga alle spalle, partendo da cantautrice finendo su XFactor per poi collaborare con artisti come Big Fish. La Romina Falconi di ora, se si guarda indietro, cosa vede? Come ti senti?

Io mi sento miracolata, perché anche nei fallimenti e nelle cose non riuscite ho imparato qualcosa. Ho cominciato prestissimo ed ho imparato cose impagabili. Quando ho partecipato a X Factor mi sono confrontata con ragazzi che venivano da tutta un’altra realtà e mi sono trovata catapultata in prima serata in un programma seguitissimo. Sono stata preparata dalla vita a ricevere tanti no ed ho vissuto la musica italiana nel momento della sua decadenza: quando sono andata io a Sanremo stavano finendo di stampare i singoli e lì ho capito che non si può pensare alla musica come una cosa duratura e che è un miracolo se c’è una persona in più che ti segue. La realtà non è quella dei talent come unica soluzione per la musica ma quella che bisogna impegnarsi tanto ed io benedico ogni esperienza che ho fatto che mi ha permesso di ponderare bene ogni scelta che faccio ed i risultati sono stati meglio di quelli che mi aspettavo.

Quale è il rapporto di Romina Falconi con la dimensione live?

Mi fa impazzire. Mi piace l’adrenalina, la paura che arriva all’ultimo momento, sia che canti davanti a due persone che davanti a cinquemila, mi fa impazzire il contatto con il pubblico il fatto che ogni data sia diversa, il fatto che abbiamo trovato con Immanuel questa formula con cui presentiamo al pubblico anche brani vecchi come “Fever” ed alla gente piace ed il fatto che ognuno di noi da qualcosa all’altro perché quando cantiamo i nostri brani l’altro interviene nei cori ed alla gente è piaciuto tutto questo.

Ora ti sei lanciata in questo progetto solista: hai altri progetti per il futuro con Immanuel o da sola? Cosa vedi nella sfera di cristallo?

Con Immanuel al momento siamo concentrati sul tour ed eventualmente per Sanremo, con lui decidiamo tre mesi prima per tre mesi dopo, siamo abituati a non programmare troppo. A dicembre esce “Un filo d’odio”, il mio terzo EP (dopo Certi sogni si fanno” e “Attraverso”, NdR) e nel 2015 volevo farlo diventare un disco fisico casomai con degli inediti in più. Sto scrivendo per altre persone ed il fatto che altri mi abbiano chiesto di scrivere per loro è stato bellissimo, di solito sono molto cruda nei testi e non penso possano piacere ad altri e sto scoprendo che mi piace molto scrivere per altri e mettermi nei loro panni. Una di questi è Eleonora Crupi e sta presentando il mio pezzo a Sanremo Giovani. Il 2014 è stato per me un anno bellissimo e spero che il “Sognando Cracovia Tour” duri ancora molto e che si aggiungano sempre più date.

 

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