Ci sono quelle band che nonostante la collocazione geografica riescono ad aprirsi ad influenze non proprio limitrofe e ad epoche molto lontane, ed è questo il caso dei Quiet Confusion. La band di Verona ci ricorda un po’ quel rock pieno e vivo degli anni 70, ma è straordinario come riesce a plasmare tutto rendendolo perfettamente contemporaneo e adatto ad irrompere in una realtà elettronica e sintetica come quella dei giorni nostri. Sono nati nel 2009, e da quel momento non hanno mai smesso di produrre e di pensare in grande, e un vantaggio è che dalla loro parte c’è una passione per la musica e la pulizia per le melodie che difficilmente lascia indifferenti all’ascolto. Partiti da una grande voglia di fare musica, un garage e delle prove i Quiet Confusion sono riusciti a mettere insieme due dischi dalla trama indiscutibilmente interessante, conoscerli meglio non sarà tempo sprecato.
A Tu per Tu con i Quiet Confusion
Le migliori band nascono da ore e ore passate in garage a sperimentare e a mettere insieme accordi, oltre che a giocare con le passioni musicali di ogni componente. La vostra forte identità musicale, dalle radici piuttosto variegate, da quali generi prende forma e come si inserisce nella nascita della vostra produzione musicale?
E’ vero, il tempo passato in sala prove non è mai abbastanza, le canzoni prendono forma lentamente e più si suona insieme più il feeling all’interno della band cresce, e la qualità del sound migliora. Per quanto riguarda i generi di riferimento sono i più disparati, si va dai grandi del rock anni settanta, al mississipi blues, al funk, allo stoner, allo swing non abbiamo limiti di genere, tutto ciò che ci passa per la testa e che ci piace lo suoniamo. A modo nostro.
Ultimamente la musica sembra tornare ai vecchi modi di promuoversi e ai vecchi supporti, torna il vinile e si mettono da parte gli mp3, si ascolta la musica in streaming ma si comprano giradischi, ma la cosa giusta per poter tenere in buona salute l’industria musicale quale potrebbe essere? In un momento in cui l’arte in tutte le sue forme sembra essere in crisi la musica potrebbe fare tanto, ma come potersi affermare oltre gli schemi già esistenti?
Sì, sembra esserci un ritorno al passato, ed è un bene perché ascoltare un disco in vinile è un altro mondo rispetto agli mp3, anche se per comodità il digitale è imbattibile. Il vero problema a nostro avviso è l’attività live; i live club si affidano alle agenzie di booking quindi se non hai un’agenzia non vieni preso in considerazione. Queste strette collaborazioni tra agenzie e locali in un certo senso tolgono spazio alle realtà underground tipo la nostra tagliando di netto la possibilità di sostenere una costante attività live che è di vitale importanza per le band emergenti.
Per poterci affermare quindi si guarda semplicemente avanti curando tutti gli aspetti in maniera professionale e si cerca di dimostrare di volta in volta quanto i Quiet Confusion siano un progetto solido e serio, nonostante si sia spesso costretti a suonare per una paga misera, a volte neanche sufficiente a rientrare nelle spese. Dicono che all’estero la situazione sia migliore (e si spera al più presto di verificare se è davvero così), intanto noi continuiamo con il nostro lavoro qui in Italia e se si presenterà l’occasione non ce la lasceremo di certo sfuggire.
L’identità dei Quiet Confusion è racchiusa anche in parte nel loro nome, giunti al secondo album assolutamente dalle trame mature e pronto per varcare i confini, pensate possa essere questo il momento della consacrazione o avrete modo di dedicarvi ad una svolta matura con altri programmi in futuro?
Beh parlare di consacrazione è un po’ avventato, ovvio la speranza è quella, ma restiamo con i piedi per terra. Per il futuro stiamo già iniziando a lavorare ad alcune tracce, abbiamo già qualche pezzo in cantiere da ultimare e le idee non mancano. Siamo consapevoli di avere ancora un ampio margine di miglioramento e in questo periodo stiamo riarrangiando alcuni nostri pezzi e alcune cover in chiave acustica in modo da avere un’ulteriore punto di lettura. Non c’è fretta comunque, abbiamo il nuovo disco “Commodor” da promuovere e speriamo vada bene.
Quiet Confusion: “Commodor”. L’ascolto
Banale dire che le diverse influenze musicali dei Quiet Confusion si fondono in un genere unico, in realtà c’è molto di più nei brani di “Commodor“, esempio vivente di come non sia necessario nascere oltreoceano per potersi appassionare al rock sporco confinante con delle apparizioni stoner e tenuto insieme da un tema puramente blues. Vi sembrerà di sentire esponenti della scena del calibro di Rage Against The Machine, Queens Of The Stone Age o i più popolari The Black Keys, ma si tratta di quattro veronesi che hanno deciso di rompere tutti gli schemi e di portare in Italia il rock duro, quello che vi farà saltare e fare headbanging all the time. Basteranno i primi 10 secondi di “Freak Out” per farvi capire che “Commodor” è uno di quei dischi che di anonimo ha ben poco, non si mimetizza nella massa musicale e riesce ad emergere con un carattere ben preciso, lontano dalle rotazioni radiofoniche ma self confident con la predisposizione ai live da palcoscenico. Niente da nascondere, tutto così esplicito e disteso alla luce del sole, o a quella di un pentagramma, e un brano come “Fat Flowered Smoking” ne è la testimonianza. “Livin In The Sun” soddisfa il desiderio di tutti quelli che avevano cercato nella nostra terra un po’ di sano hard rock e non lo avevano mai trovato, probabilmente i Quiet Confusion sapranno portare in auge tale genere anche dalle nostre parti. La sporcizia in questo caso è tutt’altro che un’offesa, è un complimento, è assolutamente una nota positiva ed è forse l’elemento più importante di un album come questo sicuramente destinato a fare passi da gigante, come tra l’altro i Quiet Confusion sembrano aver messo in preventivo già da un po’.