La metà del ventesimo secolo ha segnato la nascita di un genere rivoluzionario, un genere che avrà successivamente influenzato la cultura e il modo di agire di intere generazioni.
Con Elvis Presley nasceva il rock and roll, e numerosi musicisti a partire da quella metà del ventesimo secolo si sono lasciati ispirare dalla musica che all’epoca stava avendo successo dall’altra parte del globo. Quando dall’altra parte del mondo nasceva il rock and roll, in terra nostrana, appena dopo il secondo dopoguerra, e poco prima degli anni d’oro nasceva una piccola corrente di pensiero ad opera di pochi musicisti appartenenti alla scena artistica italiana, che a modo suo riprendeva i temi di quella grandissima corrente d’oltre oceano chiamata rock and roll.
La storia della musica italiana nasce proprio in questo periodo, ed Enzo Jannacci è stato il grande protagonista di questi anni. Li chiamavano quelli della scena milanese, o addirittura i poeti cantautori, ma probabilmente erano solo dei nomi protagonisti del grande cambiamento culturale italiano, ed erano dei semplici rinnovatori.
Jannacci oltre ad essere un grande musicista ha avuto la capacità di sviluppare una spiccata dote per lo spettacolo e la comicità da palcoscenico, che lo porterà in futuro in giro nei teatri e sul grande schermo, tra poesia impegnata e un leggero, apparentemente poco impegnato cabaret. Gli anni del liceo sono quelli che per Jannacci rappresentano il periodo cruciale: è qui che conosce Giorgio Gaber, con il quale in futuro firmerà una serie di successi senza tempo, e dal quale trarrà insegnamento ed ispirazione. Oltre Gaber sono tantissimi i nomi illustri legati a Jannacci, ma questo pezzo di storia man mano verrà ripresa nel tempo. Vincenzo Jannacci, meglio conosciuto come Enzo troverà il tempo di laurearsi in medicina, mentre nella sua artisticità avvenivano dei cambiamenti cruciali, che con il tempo lo faranno diventare una delle personalità simbolo della storia culturale e musicale italiana. “I Due Corsari” è solo l’inizio, e il Santa Tecla ha visto evolvere lo stile musicale di Jannacci, che proprio in questi anni conosce Adriano Celentano. Nel frattempo si faceva strada la scuola di Genova con Umberto Bindi, Gino Paoli, Luigi Tenco e Bruno Lauzi, con i quali Jannacci collaborerà per alcuni progetti. Dopo la collaborazione con Gaber negli anni Jannacci comincerà ad intraprendere una carriera solista, grazie alla quale man mano verrà fuori l’aspetto più comico e la propensione al cabaret.
Gli anni 60 segnano l’esordio di Enzo Jannacci sul piccolo e grande schermo, suggellano numerose conoscenze importanti come quella con Dario Fo, Cochi e Renato, e portano il musicista e cabarettista a prendere parte ad alcune pellicole, tra cui Quando dico che ti amo e La vita agra. “La Milano di Enzo Jannacci” esce nel 1964 nel quale è inserito il pezzo “El portava i scarp del tennis“, ed è l’originale raccolta in dialetto milanese del musicista cantautore, il quale, persevererà in questo recupero della cultura e della sua provenienza anche in futuro.
“La mia morosa va alla fonte” è fortemente ispirato alla musica di tutt’altra epoca, ed è il brano simbolo della disputa con De Andrè, che si lasciò andare nell’accompagnamento del motivo della sua “Via del Campo“, disputa che negli anni è stata chiarita, lasciando la paternità del brano nelle mani di Enzo Jannacci, anche padre di quello che è stato il primo album inciso live “Enzo Jannacci in teatro“. Le origini e la storia della famiglia di Jannacci porteranno il musicista a parlare dell’esperienza di vita del padre, il quale sarà protagonista della Resistenza, dalla quale il poeta milanese si è lasciato ispirare per “Sei minuti all’alba” del 1966.
“Vengo anch’io. No tu no” è l’opera senza tempo, è il brano leggero, omonimo dell’album, ma è anche il tormentone pesante che arriva per bacchettare in maniera del tutto raffinata alcuni temi importanti, e per parlare cripticamente ma con grande garbo con ironia e no sense. Gli anni 70 sono quelli della specializzazione in medicina, durante i quali Jannacci si dedica di più allo studio senza abbandonare la creatività che lo appartiene, continuando ancora a collezionare materiale, e a scrivere in maniera continua nuovi brani. Sono anni che segneranno l’importanza teatrale e cinematografica per Jannacci, il quale oltre a collaborare con Mina, scriverà uno spettacolo teatrale e prenderà parte al cast del film di Monicelli “Le coppie“. “E la vita, e la vita“, dall’inestimabile eternità viene cantata con Cochi e Renato, con i quali inaugura una lunga carriera televisiva, oltre che una grande amicizia, e “Pasqualino settebellezze” lo vede protagonista in un film della regista Wertmuller. La fine degli anni 70 segna l’allontanamento dalle scene e il dedicarsi alla professione di medico, anche se in questo periodo vengono partoriti quattro album di inediti tra cui “Quelli che…” e alcune collaborazioni importanti con Mina.
Sono gli anni della televisione italiana, sono gli anni del Festival di Sanremo e di tour italiani di successo per Jannacci, che per un motivo o per un altro lo faranno diventare il simbolo della critica e della satira, talvolta censurata ma in fondo tanto apprezzata. Il percorso artistico di una figura così importante per la storia della musica italiana è davvero riduttivo racchiuso all’interno di poche righe, ma sicuramente avendo riportato alcune tappe salienti della sua carriera artistica verranno in mente ad alcuni di voi i numerosi interventi di Jannacci, i quali a distanza di tantissimi anni dall’inizio della sua musica, vengono ricordati ancora con tanto affetto. Le generazioni attuali apprezzano il ricordo in un artista come Jannacci grazie all’eredità musicale che tutt’oggi rivive in tv, in teatro e nei successi portati continuamente alla memoria grazie a tanti artisti che lo ricordano come un grande autore. Il dottore musicista, il poeta cantautore e in tanti altri modi la personalità educatamente esuberante di Janacci viene ricordata in tutti i settori artistici che ancora oggi traggono ispirazione dai suoi lavori passati.
L’ironia e le battute senza senso rappresentano un capitolo della cultura e della letteratura italiana, che impreziosita di tantissimi nomi, grazie anche a Jannacci dagli anni 60 in poi ha goduto di un capitolo davvero piacevole e apprezzabile anche a livello internazionale.
Il modo di fare e di raccontare una tragica realtà con la verve e l’ironia di cui Jannacci era capace probabilmente non avrà più vita nei prossimi anni, perché di artisti come lui ce ne sono davvero pochi.
Il mondo della musica subisce un grande lutto, e piange la grande perdita di Enzo Jannacci, che vittima di una lunga malattia si allontana dalle scene, per scomparire il 29 Marzo 2013. Il genio e l’estro creativo di Jannacci sono andati via per sempre, le sue parole e i suoi pensieri andranno via con lui, ma la sua verve e la sua ironia vivranno per sempre, come doti immortali di un’artisticità ormai andata.
La sua Milano lo ha accolto ancora una volta, e in quel luogo che lo ha amato per un’intera vita accompagnandolo nella sua cultura artistica, Jannacci si è spento, accompagnato dalla sua famiglia e dall’affetto dei suoi fan. Un’artista è colui che dedica un’intera esistenza alla passione che nutre per l’arte, e l’ironia, la satira e il surrealismo erano importanti caratteristiche dell’essere artista di Jannacci. Le idee sono figlie dei tempi, Jannacci ha saputo dare vita alle sue di idee rendendole originali, ironiche e tanto raffinate, questi tempi invece sembrano non essere molto fertili e le idee che ne derivano sembrano non godere di quell’originalità tipica dei decenni scorsi. Jannacci è stato un genio, e probabilmente non ce ne saranno più come lui.