I Queens of the Stone Age chiudono alla grande il Rock in Idro a Bologna

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Ieri era l’ultima giornata del Rock in Idro, la manifestazione musicale dedicata al rock (e non solo) che per il primo anno ha deciso di trasferirsi dalla solita sede lombarda al capoluogo felsineo. E tutti attendevano i Queens of the Stone Age per una degna chiusura.

L’inizio della kermesse non era stato delle migliori, con il concerto del venerdì di Fatboy Slim annullato per il maltempo che ha flagellato il capoluogo emiliano, ma il festival aveva saputo riprendersi con le due giornate successive che avevano in cartellone come headliner mostri sacri come i Pogues e gli Iron Maiden e ottimi “comprimari” come gli Alter Bridge e gli Ska-P, senza dimenticare i Gogol Bordello e gli Opeth.

L’ultima giornata era all’insegna del rock alternativo e lontano dal mainstream e viene aperta dai We Are Scientist e dai The Brian Jonestown Massacre, due formazioni molto interessanti: a seguire sono saliti sul palco i The Fratellis di “Chelsea Dagger” che hanno cercato di mostrare la loro qualità musicale al di là del loro successo ormai diventato jingle pubblicitario.

Il tempo del cambio della strumentazione e si presenta sul palco Miles Kane, cantante e chitarrista inglese, fondatore dei The Little Flames, dei The Rascals e dei The Last Shadow Puppets e attivo in seguito come solista che si presenta al pubblico italiano cercando di scrollarsi di dosso l’etichetta facile del brit-pop, riuscendo nell’intento e suonando alcuni cavalli di battaglia come “Taking over, “Better than That” e “Don’t forget Who you are” insieme ad un omaggio ai Rolling Stones con la reinterpretazione di “Sympathy for the Devil”: subito dopo si presentano sul palco i Manic Street Preachers, formazione gallese capitanata da James Dean Bradfield che suona alcuni suoi vecchi cavalli di battaglia insieme ai due nuovio singoli che faranno parte del prossimo album “Futurology”, ovvero “Walk me to the bridge” e “Europa geht durch mich”, dove mostrano di essersi ispirati al krautrock per questo nuovo lavoro.

Si avvicina la sera ed arriva il tempo sul palco dei Biffy Clyro, gruppo musicale alternative rock scozzese guidato da Simon Neil che hanno dato per l’ennesima volta dimostrazione di come sia per loro importante la dimensione live, suonando con grande passione ed energia un mix di canzoni, spaziando da brani recenti a pezzi più datati, suonando tra le altre canzoni le famose “Who’s got a match?”, “Living is a problem because everything dies”, “The Captain” e la ballad “God and Satan”.

Siamo al penultimo gruppo e salgono sul palco del Rock in Idro i Pixies, storico gruppo musicale alternative rock statunitense: la band di Black Francis regala un live compatto (per motivi di tempo) ma non per questo scarso, gestendo invece benissimo tempo e pubblico e portando tutti su di giri: oltre a presentare il nuovo brano “Bagboy”, la band americana ha spaziato tra tutti i suoi successi pescando brani come Monkey gone to heaven” e “Here comes your man” chiudendo in bellezza con il loro brano più famoso, “Where is my mind” cantata a squarciagola da tutti i presenti.
I Pixies al Rock in Idro 2014

Sono ormai le 22:05 quando si presentano sul palco Josh Homme, Jon Theodore, TroyVan Leeuwen, Michael Shuman e Dean Fertita, ovvero i Queens of the Stone Age, attesissimi headliner dell’ultima giornata del Rock in Idro 2014.
I QOTSA hanno suonato per circa settanta minuti in maniera ininterrotta senza encore e senza interruzioni, sia per motivi di tempo che per esigenza musicale di Homme, che preferisce suonare piuttosto che parlare col pubblico.

I Queens of the Stone Age al Rock in Idro 2014
Ciò nondimeno sono stati 70 minuti eccezionali, con il gruppo di Joshua Homme che si è speso senza respiro per fornire una performance degna della chiusura di questa manifestazione. La scaletta ha compreso sia brani presi dall’ultimo album “…like clockwork” come “The Vampire of time and memory” e “Fairweather Friends” sia brani pescati dai dischi precedenti che hanno scatenato il pubblico: sono indatti partite autentiche ovazioni appena sono state intonate le note di pezzi come “No one knows”, “Go with the flow” o “Feel Good Hit of the Summer”. Sulle note di “A song for the dead” si chiude il concerto tra il disappunto generale che sperava onestamente in un bis, anche se c’è da dire che i QOTSA hanno suonato ben 15 brani in poco più di un’ora e si sono dimostrati una tra le migliori band in circolazione al momento. Un unico appunto forse si può sollevare per l’acustica, con la voce di Homme che veniva in certi momenti sovrastata dal suono degli strumenti, ma è un peccato veniale.

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