E siamo a sette: i Poets of the Fall, gruppo alternative rock finlandese, ha dato alle stampe la sua ultima fatica discografica, “Clearview“, a distanza di due anni dal precedente “Jealous Gods”.
Non sapete chi sono? Vi perdete qualcosa: noti in Italia dopo essere stati scelti per la colonna sonora del noto videogioco Max Payne, hanno saputo da subito conquistarsi fama e pubblico grazie alle loro canzoni e alle doti canore di Marko Saaresto (Mark), ben accompagnate dal chitarrista Olli Tukiainen (Ollie) e dal tastierista Markus Kaarlonen (Captain), senza dimenticare l’altro chitarrista Jaska Makinen, il batterista Jari Salminen e il bassista Jani Snellman. Sei finnici tutt’altro che freddi, almeno a vederli dal vivo, dove danno tutto sul palco.
Per questa nuova uscita la band ha deciso di collaborare per la prima volta nella con il produttore Stefan Boman, uno dei principali in Europa, noto per aver prodotto negli anni 2000 la band svedese alternative rock Kent, cje ha descritto così il disco: “Il suono di Clearview è un mix di grinta e dolcezza, è come un bacio e un pugno in faccia”. Il disco è composto da sole dieci tracce, una scelta che personalmente apprezzo se alla “cortezza” dell’album è associato un aumento di qualità.
La prima canzone di “Clearview” è “Drama for life”, il primo singolo dato in pasto ai fans, un brano in perfetta tradizione POTF (viene in mente “Daze” del precedente disco) con il suo equilibrio tra rock e teatralità: con il pezzo successivo, “The game”, il disco si impenna di livello e la band di Marko e Olli prende per mano l’ascoltatore portandolo nel territorio a lei più congeniale, il rock d’autore dal suono avvolgente e epico. “The child in me” lascia un attimo perplessi perchè va oltre lo stilema classico del gruppo per l’uso dell’elettronica accoppiata al muro delle chitarre elettriche, ma il risultato non è malvagio.
“Once upon a playground rainy” sfrutta un meccanismo ben noto ai fans dei POTF, quello della narrazione musicale, per una canzone a metà tra una ballad e un pezzo decisamente più rock. Ma uno dei terreni di caccia preferiti dei Poets sono le ballads e anche in questo disco non si smentiscono con la meravigliosa “Children of the sun”, pezzo magnifico che richiama alla memoria le grandi rock ballads anni ’90 e che entrerà di sicuro nell’Olimpo delle migliori canzoni dei POTF. “Shadow play“, di contraltare, lascia la stessa sensazione di “The child in me”, aggiungendovi un quid di teatralità e disinvoltura di cui Marko è assolutamente pieno.
Già dal titolo “Center stage” dà un’idea di cosa ci dovremo aspettare e vi posso garantire che qui siamo in pieno nel miglior campo musicale dei Poets, questo rock il cui ritornello nonostante il muro sonoro risulta arioso e avvolgente, quella sorta di fuoco nascosto che implode dentro come ai tempi di “Revolution roulette”. Una chitarra acustica e l’eco della voce di Marko annunciano “The labyrinth“, il pezzo più “magico” del disco, una dolcissima e triste ballad che impreziosisce il disco e lo fa salire di una spanna.
Con “Crystalline” i POTF ritornano a fare le canzoni per le quali sono amati da tantissimi fan anche se il ritornello lascia un attimo spiazzati per la variazione musicale ma è lo sbandamento di un attimo: il disco si avvia alla sua conclusione con “Moonlight kissed“, un pezzo che sembra uscito pari pari da una tragedia teatrale o da un film come “The Matriarch”, con le sue atmosfere disegnate dagli archi e dalla voce di Marko che si destreggiano tra speranza e tristezza.
Con questo nuovo disco i Poets of the Fall confermano il loro livello artistico e musicale e dopo 13 anni di onorata carriera già questo è un bel risultato. “Clearview” è un disco compatto e preciso, con un paio di perle (“Childern of the sun” e “The Labyrinth”) e alcune canzoni meno riuscite (“The child in me” e “Shadow play”) ma che nel complesso ottiene una valutazione più che positiva. A breve i sei ragazzi finlandesi faranno tappa per la seconda volta in Italia con il loro nuovo tour e sarà l’occasione per riabbracciare un gruppo conosciuto in mezza Europa e oltre ma che in Italia ancora fatica a sfondare nonostante l’ottima musica fino a qui prodotta. Peccato. Peccato davvero.