Non hanno bisogno di presentazioni perché l’ascolto della loro musica e le parole con le quali si definiscono sono tutte un programma. I Plunk Extend nascono nel 2006 e cominciano a fare musica prendendosi poco sul serio e portano il nome di Lorenzo Cetrangolo (voce), Andrea Tedesco e Daniele Cetrangolo (chitarre), Alessio “Il Fauno” Montagnaal (basso) e Mattia Pontremoli (batteria). Aprono i concerti di band appartenenti al panorama musicale rock italiano e incidono un EP e un concept album. Scrivono, registrano, suonano e fanno passi da gigante nel mondo della musica rimanendo sempre una banda di scalmanati che ama prendersi poco sul serio. Nel 2013 arriva la svolta, il disco della metamorfosi, del cambiamento e della ragione (se così può essere chiamata). Vogliono imporsi in discografia in una maniera totalmente differente creando movimento, delirio e dando vita ad un nuovo genere: il pop acrobatico. I Plunk Extend sono la band che vi presentiamo per la rubrica The Passenger, ma in questo caso hanno pensato a tutto loro.
A Tu per Tu con i Plunk Extend
Vita, morte e miracoli dei Plunk Extend: chi sono questi “pazzi squilibrati” (nel senso più giocoso del termine) che hanno le pretese di mettere insieme un pop acrobatico?
La storia è banale come solo sa esserlo una verità: cinque amici che hanno la fortuna di trovarsi bene insieme a suonare e che sentono l’urgenza di esprimere qualcosa. Il pop acrobatico è la scusa per dire che ci siamo rotti il cazzo di definire la nostra musica: francamente, non dovrebbe essere compito nostro. Noi suoniamo musica che ci sembra bella, al massimo delle nostre capacità, ottime o pessime che siano, e che veicoli il nostro personalissimo modo di vedere il mondo. Ecco, potremmo dire: i Plunk Extend sono cinque sconosciuti che guardano le cose con un ghigno grosso così sulla faccia, e poi non vedono l’ora di raccontartelo, sperando di farti provare qualcosa (di bello, la maggior parte delle volte, ma non necessariamente).
Siete nati nel 2006 ma, secondo quanto da voi dichiarato, ci sono voluti 6 anni per fare qualcosa di sensato: è solo un modo per giustificare musica riuscita male o non vi siete presi mai abbastanza sul serio per poter dare importanza alla vostra musica?
Questa è un’ottima domanda! Credo che la risposta stia nel mezzo: da una parte, non abbiamo paura di dire che la musica che abbiamo fatto fino ad un certo punto della nostra vita artistica sia “riuscita male”. In fondo, bisogna proprio essere degli stronzi per non riuscire ad ammettere i propri errori. Ci abbiamo provato, abbiamo sbagliato, siamo tornati in pista più carichi di prima e più attenti, più bravi, anche. Poi magari sbaglieremo di nuovo, ci prenderemo la nostra buona dose di “vaffanculo”, e torneremo di nuovo a fare altro, ma è il bello della vita (e della musica). Dall’altra parte, che vuoi che ti dica: come facciamo a prenderci sul serio? Tu vedi musicisti, “artisti”, presi sul serio? Credi che qualcuno si accosti ai nostri pezzi cercando di scavarci dentro, di provare a sentirne l’eco profondo? Credi che qualcuno ci paghi per fare tutto questo? Tutti noi abbiamo un lavoro e cerchiamo di arrangiarci come riusciamo. Prendersi sul serio è oltre le nostre capacità, checché ne possano dire i fanatici del pensiero positivo e della “psicologia del successo musicale”.
Ciò che importa è che adesso, come in ogni dato momento, noi ci crediamo. Il senno di poi è un animale mitologico che mi sta anche un po’ sulle palle.
Avete già pronti progetti per il 2014, saremo sui livelli di MKR o vi siete reinventati ancora una volta per dare vita a qualcosa di completamente rivoluzionario?
MKR è stato una tappa intermedia, decisa dalle canzoni, non tanto da noi. Nel 2012 arrivavamo da “American Glories” con l’intenzione di allontanarcene il più possibile, e cercavamo una strada che ci permettesse di farlo. Una volta trovata, ci siamo accorti che era però una strada lunga, un percorso che ci avrebbe impegnato per molto, e intanto sbocciavano canzoni qua e là lungo i mesi di clausura in sala prove. Abbiamo deciso di fare un piccolo stop in cui fissare quelle canzoni su disco, anche per dare un punto intermedio al percorso dall’inglese-rock-elettrico-con-mille-ospiti di AG all’italiano-rock-più-acustico-autarchico del prossimo progetto. Il risultato è MKR, un puzzle di cose che ci frullavano per la testa al momento, molto lo-fi, ancora parecchio elettrico, ma col nostro classico ghigno surreale. Il prossimo lavoro, che uscirà nei primi mesi del 2014, sarà quindi qualcosa di leggermente diverso per alcuni aspetti, e di molto, molto diverso per altri. Una produzione d’altro tipo, una chitarra acustica saldamente fissata nell’organico, una cura diversa nella composizione, e, egocentricamente, una parte lirica incentrata su noi cinque: come persone, come modi di vedere l’universo, la vita, il bello. La rivoluzione ormai vive nei dettagli, ora che tutto è stato detto, in tutte le salse, milioni di volte. Noi vogliamo fare una musica che se ne fotta alla grande di ciò che “deve essere” e faccia solo ciò di cui ha bisogno. Canzoni che ascolteremmo volentieri in repeat per ore. Niente di più – ma soprattutto niente di meno.
Plunk Extend: “Marvellous Kaleidoscope Rollercoaster”. L’ascolto
Non dovete credere ad ogni singola parola di quello che la band dice, perché contrariamente alle loro opinioni i Plunk Extend sono davvero una forza della natura. Pop Acrobatico è un modo simpatico per dire facciamo del rock e lo facciamo anche per bene, quindi siamo così, prendeteci come meglio vi pare. Dopo aver sbarrato occhi e bocca l’ascolto di Marvellous Kaleidoscope Rollercoaster non vorrà più abbandonarvi, colonizzerà le vostre giornate e i vostri motivetti. Inglese, italiano, polemiche, chitarre, bassi e batterie, tutti questi sono elementi cardine dei brani di questo mini album che sembra non invidiare proprio niente a tutta quella marmaglia presente attualmente in discografia. Per marmaglia non s’intende la connotazione negativa del termine, ma è la scena indipendente che ultimamente ci sta regalando tantissime soddisfazioni e i Plunk Extend sembrano promettere bene. L’album ci regala anche dei momenti tranquilli inseriti in maniera interessante in un contesto che non ha nulla di delicato e che sembra avere qualche pecca in diplomazia. Una critica all’attuale industria musicale, al sistema che ti richiede alcuni requisiti, ma in fondo non importa, noi siamo così, che vi piacciano o meno i Plunk Extend faranno parlare davvero tanto.