Si chiama Valentina, ma ormai tutti la conoscono semplicemente come Parisse. Giovane ed italiana, ha vissuto per tanti anni all’estero, continuando a coltivare la passione forte, viscerale per la musica. Da indipendente ha pubblicato l’album “Vagabond”, prodotta da Steve Galante, poi grazie alla rete si è fatta strada nel mercato internazionale, fino a convincere la Sony Music ad investire su questo suo progetto. Da lì un’escalation costante che l’ha portata in vetta all’airplay radiofonico e a suonare in luoghi d’eccellenza come il Blue Note di Milano o l‘Auditorium Parco della Musica di Roma il prossimo 22 Aprile. Tutti noi la conosciamo per quella “Don’t Stop” utilizzata negli spot di una grande azienda, ma noi di MelodicaMente abbiamo voluto contattarla e scambiare con lei quattro chiacchiere per capire chi realmente sia Parisse. Ecco cosa abbiamo scoperto.
“Vagabond” è il tuo album di debutto e vede la produzione di Steve Galante, che in passato ha avuto modo di lavorare al fianco di artisti del calibro di Andrea Bocelli o Dee Dee Bridgewater. Come sei entrata in contatto con lui? E cosa si riesce ad impare a lavorare a stretto contatto con un personaggio di tale importanza?
Si riesce ad apprendere talmente tanto, soprattutto perché nasce un rapporto umano di amicizia e scambio di idee. Sono molto contenta di aver condiviso con lui queste canzoni. Quando scrivo, ma penso sia comune a tutti gli artisti, mi immagino e spero di poter dare un suono a queste canzoni, un vestito, una casa bella, dove possano brillare. Abbiamo dedicato anima e cuore a questo progetto e speriamo di avergli dato la veste migliore.
La nostra amicizia, poi, parte da tanto tempo fa, avevo 14-15 anni e ho avuto modo di conoscerlo per amicizie in comune e da lì nel tempo è nata questa collaborazione. Ecco perché parlo di un rapporto di stima reciproca, di scambio anche sulla musica che sentivamo. Questo progetto è nato in relax e non potevo chiedere di meglio.
Hai realizzato l’album dividendoti tra l’Italia e l’estero, in Paesi come Canada ed Inghilterra. Proprio all’estero hai trovato un riscontro immediato e talmente forte da aver spinto una major come la Sony Music ad investire su di te. Qual è il segreto per riuscire a ritagliarsi il proprio spazio in un panorama musicale complesso come quello attuale, come hai fatto tu?
Questo album è nato in maniera indipendente in Canada. Credo che le opportunità che da questo sono nate siano derivate da tanto amore e tanta passione che io, la produzione, la squadra, i musicisti abbiamo messo nel realizzarlo. La differenza l’ha fatta la rete, questo nuovo linguaggio al quale mi sono affidata, ci ho creduto. Il Brasile, ad esempio, non era nei nostri immediati progetti ed un giorno su Facebook attraverso un fan ho scoperto che un mio brano era in testa alle classifiche delle maggiori radio brasiliane. E tutto è partito dalla rete. E’ possibile, si può fare, purtroppo oggi i talent la fanno da padrone e troppo poco spesso ci si dedica a progetti nuovi indipendenti, come il mio e quello di tanti altri. E’ un peccato, perché ci si mette davvero tanta passione e sarebbe bello se ci fosse un pochino di spazio in più per chi cerca di fare questo tipo di percorso.
Lo abbiamo accennato: tra i molti successi ottenuti in questi anni, c’è anche l’essere riuscita ad importi nel mercato brasiliano, da sempre uno dei più ostici per gli artisti italiani. Quali credi che siano le qualità e le caratteristiche che tale pubblico ha apprezzato in te e nei tuoi brani?
Peccato non mi abbiano fatto una foto nel momento in cui ho saputo di questa cosa, ero a bocca aperta! (ride) La musica brasiliana è piena di voci bellissime, grandi personalità, sono artisti pieni di carisma. Per me è un onore tutto questo. Un mese fa sono stata in promozione in Brasile, ho ricevuto tanto amore e spero di poterlo restituire. Sono fantastici.
Il grande pubblico in Italia ha avuto modo di conoscerti grazie all’uso che una grande azienda ha fatto della tua cover di “Don’t Stop” per una importante campagna pubblicitaria. Quanto ha significato per te e per la tua carriera quella opportunità?
E’ stata una grande possibilità poter far entrare la mia musica nelle case delle persone. E’ stato un traguardo bellissimo, a maggior ragione perché amo questo brano, che è pieno di speranza. Un artista non può prescindere da ciò che gli capita intorno, noi siamo spugne e “Don’t Stop” è una canzone dal testo semplice, ma con un messaggio chiaro: un grido di speranza, perché ci se la può fare. Sono molto grata a quell’azienda per avermi dato questa grande possibilità.
Il tuo sound, subito evidente in “Vagabond”, è quello di un pop contaminato da venature black, da un soul di altri tempi in stile Motown. Come si riesce a combinare stili così diversi ed a darne una propria interpretazione così personale?
Io lascio fare molto all’istinto e ci porta, alla fine, a far convivere in modo naturale due generi che sembrano lontani tra loro. Io sto già scrivendo il prossimo album e sto andando ancora più a fondo di questa fusione di bianco che diventa nero e viceversa. Molto è dato dalla musica che ascolto. Ascolto di tutto, ma fin da piccolina quando ascolto artisti come quelli della Motown sono totalmente rapita, anche dai live, perché erano tutt’uno con la musica, per come vivevano le emozioni. Questo mi ha sempre affascinato e, pur facendo un altro genere come il pop, queste influenze vengono fuori.
Nel 2011 hai fatto segnare il sold out al Blue Note, tra pochi giorni sarai in concerto in un altro tempio della musica italiana come l’Auditorium Parco della Musica. Qual è l’approccio che hai alla dimensione live, soprattutto quando le location sono di una tale importanza?
Le gambe tremano! L’emozione è enorme. Il Blue Note era nei miei sogni fin da piccola ed è stata una grande possibilità. La cosa bella dei club come il Blue Note è che non c’è distanza tra te ed il pubblico e questo aiuta tantissimo, per me è un valore in più. Per me la musica è condivisione, più si è vicini e meglio è, deve essere un momento in cui tutti si è parte di quello spettacolo, anche chi ascolta. Io lascio sempre un margine di imprevisto, perché ogni live è una storia a sé e c’è sempre un margine che cerco di improvvisare con chi mi ascolta. Cerco sempre di rinnovarmi, di crescere e sperimentare, questo è il mio approccio.
Quello di Parisse sembra un mondo articolato e sfaccettato, sebbene ancora giovane ed in divenire, ma cosa si nasconde dietro a questo pseudonimo? Cosa pensa la ragazza dell’artista che sta accumulando così tanti successi?
La domanda è spaziale, la risposta ti deluderà un po’, forse: a me piacciono le cose semplici. La Valentina di tutti i giorni è una ragazza come tutte, amo la mia famiglia, i miei amici, il mio cane (e spero di averne anche di più). Ce la sto mettendo tutta perché la musica sia la mia realtà futura, ascolto i consigli di tutti, soprattutto della mia band, con cui ho un progetto molto condiviso. La situazione attuale non è facile e allora mi semplifico la vita così, amando ci che faccio ed ho oggi, facendone tesoro. Speriamo di riparlane tra un anno, due anni, dieci anni… (ride)
Hai accennato al nuovo album, cui stai lavorando. Cosa ci puoi anticipare?
Sto scrivendo i pezzi in questo momento, sto scrivendo tantissimo. Sto collaborando con tanti autori, tra cui Roberto Kunstler, che sarà ospite al concerto a Roma. Parte del progetto sarà in italiano e non vedo l’ora. Speriamo il prossimo autunno di essere pronti.