Ci sono voluti cinque anni per infliggere colpi che non sarebbero poi risultati mortali, è così che i Nine Inch Nails ritornano dopo aver salutato quasi definitivamente il loro seguito nel 2008. L’artista più influente dell’ultimo ventennio ha continuamente mostrato indecisione riguardo il modo di fare musica e di farla arrivare agli ascoltatori, ma un solo elemento non è mai sparito dal mirino di Trent Reznor: lavorare con dedizione e regalarci musica che spacca.
“Hesitation Marks” arriva dopo una serie di collaborazioni importanti che hanno visto protagonista il leader della storica band simbolo dell’industrial. Progetti paralleli e collaborazioni cinematografiche arricchiscono il curriculum di questo straordinario artista che ha pensato di entrare nella classifica degli anni d’oro per il patrimonio musicale pubblicando un album giusto in tempo per l’ultimo trimestre del 2013.
Quella che all’inizio era risultata come una definitiva pausa con la musica invece non è servita altro che a concepire e partorire l’album “Hesitation Marks“, dal titolo eloquente e inquietante allo stesso tempo. Non ci ritroviamo tra quelle atmosfere che ci avevano fatto amare la disperazione di Reznor, one man in studio e straordinario musicista e performer sul palco, in compagnia di una formazione che negli anni ha visto alternare numerose figure importanti per il mondo dell’hard rock. Atmosfere più cupe e misteriose non sono elementi nuovi nella produzione musicale dei Nine Inch Nails, ma nel tempo hanno subito una giusta evoluzione, e arrivano ad oggi modificate e traslate perfettamente alla maniera tecnologica di arricchire di elettronica la musica tradizionale. La tetra rappresentazione di un momento drammatico viene esplicato musicalmente riferendosi alle nuove correnti provenienti dal progetto parallelo How To Destroy Angels, che risulta solo una digressione più “moderna” dell’idea che Reznor ha della musica. “Hesitation Marks” arriva nel modo più semplice possibile e spazza via tutta la critica che il leader dei Nine Inch Nails ha mosso negli anni contro le major e il marketing legato alla musica, ricostruendo una nuova idea musicale nel mondo reznoriano. Sebbene sia presente un elemento irremovibile all’interno della discografia dei Nine Inch Nails, l’inquietudine e la lenta preparazione a qualcosa di catastrofico, il disco risulta sapientemente ammorbidito.
“The Eater Of Dreams” è la lenta introduzione ad una tracklist che più varia non può essere concepita, ma che in sostanza viene insidiata in maniera silenziosa dall’idea della morte lenta e distruttiva. “Copy of A” si costruisce sullo schema ripetitivo di qualcosa di fastidioso e allo stesso tempo anonimo, a spegnere definitivamente l’unica valvola di sfogo che musicalmente in alcuni attimi della traccia viene fuori alla maniera in cui per tanti anni Reznor ci ha abituati. La psicotica escursione elettronica ci fa comprendere verso quali lidi sarà puntata la nostra navigazione sonora, a metà si sviluppa su un carattere che inconfondibilmente ci porta all’impronta reznoriana della musica inquietante mista a frenesia, e finale dei più prevedibili, urla assenti, segno che qualcosa si è addolcito o si è piegato al potere della nuova tecnologia. “Come Back Haunted” si apre in maniera differente, e tra un grigio tetro sfondo disperato ci trascina alle urla che tanto ci erano mancate e che esprimono molto di più di un accordo cripticamente pauroso, segno ancora che l’identità dei Nine Inch Nails è racchiusa tutta nella straordinaria figura di Reznor.
La triade introduttiva sfocia in “Find My Way” dal carattere totalmente proiettato al progetto parallelo che vede protagonista la moglie di Reznor. “All Time Low” si trova su di un livello differente per ritmica e filosofia, ma del resto le ferite inflitte non risultano essere mortali, bensì un vano tentativo di voler mettere fine ad una mediocre esistenza. La critica mossa a tutti i nuovi musicisti che fanno del proprio pc uno strumento musicale serio ha visto protagonista Reznor non molto tempo prima dell’annuncio della nuova uscita discografica, segno che un brano come “Disappointed” probabilmente era stato concepito molto prima e plasmato, traslato e arricchito solo dopo aver compreso il succo di tale dichiarazione.
Non mancano escursioni differenti, e un brano come “Everything” suona quasi come un tributo a Robert Smith e i suoi Cure, arricchito sapientemente di sfumature hard rock di tanto in tanto. Non viene difficile dividere il disco in tante parti, perché a differenza dei concept album ai quali eravamo abituati, per questa volta i Nine Inch Nails hanno lasciato spazio alle innumerevoli influenze innovative che travolgono il leader Reznor. Nel complesso “Satellite“, “Various Method Of Escape“, “In Two” e “Running“, seppur in maniera differente esprimono all’unisono un sentimento di inquietudine, e risultano lo slancio reznoriano di voler aprirsi a nuove correnti musicali probabilmente nei successivi lavori. “I Would For You” è il gioiello di un album come questo e non ha bisogno di ulteriori commenti. Il disco si chiude nello stesso modo in cui si apre all’ascolto, e in sostanza risulta un grande prodotto di sperimentazione. Il termine “sperimentare” è vittima di abuso ultimamente in materia musicale, e non volendone fare un uso spropositato, forse è il termine che meglio esprime il ritorno dei Nine Inch Nails. C’è chi ne uscirà fortemente provato, chi non sarà d’accordo, e chi ancora una volta apprezza il capriccio del cambiamento al quale Reznor ormai ci abitua da più di vent’anni. In sostanza “Hesitation Marks” è assolutamente un’eccellente prova musicale e si colloca su livelli molto alti, nonostante i nostalgici siano contrariati riguardo le nuove idee e il nuovo concetto reznoriano di fare e vendere musica.
Il rinnovamento è sintomo d’intelligenza (ma non sempre), ed è necessario a poter conservare la propria posizione in musica, per non confondere le nuove leve musicalmente sperimentali da quelle che da anni e per anni producono musica in maniera seria facendolo in maniera eccezionale. Necessitiamo di un altro album per annullare la sofferenza di graffi e ferite poco invasive, necessitiamo di essere messi a tappeto dal definitivo colpo mortale (se mai ci dovesse essere in futuro).