Zushe ben Avraham, Robert Allen Zimmerman, Bob Dylan: tre nomi che identificano una stessa persona. A 70 anni e dopo 18 anni dall’ultima visita torna in Israele regalando ai suoi un concerto memorabile a Ramat Gan – vicino Tel Aviv. La serata ha un forte significato storico nella carriera del cantautore folk americano e nella vita dei 30 mila spettatori: la sua notorietà in Israele è soprattutto dovuta alla generazione precedente a quella che ha assistito a quest’ultima performance; ovvero nei giovani israeliani era solo un mito, una faccia simpatica su una copertina o comunque identificava qualcosa che non si riteneva appartenere alla contemporaneità. Tutto sbagliato: con un colpo da maestro Bob ha ricordato a tutti che ha ancora molte cose da dire. Silenzioso ma energico come le sue canzoni, questo tour è stato ospitato in Vietnam – da sempre Dylan difende i diritti dei vietnamiti, per la prima volta in Cina ed ora in Israele rispedendo al mittente le voci che lo volevano invecchiato e svogliato: gente d’altri tempi. In un Medio Oriente stravolto da guerre e rivoluzioni le sue canzoni suonano attuali e ci dimostrano che l’arte di alcuni cantautori non ha niente da invidiare a quella di poeti e scrittori in prosa d’un tempo. Dopo alcuni giorni di meritato riposo Bob Dylan si è esibito ieri sera all’Alcatraz di Milano registrando il tutto esaurito. Le cronache della serata ci raccontano di un pubblico in delirio con Dylan mattatore alle tastiere e alle chitarre elettriche. Lui e la sua band hanno saputo infiammare a suon di note un pubblico anche qui scettico sulla sua tenuta: si è dovuto ricredere! Un artista elegante e raffinato che sa graffiare sia con le parole che con le note. Una prova? Il titolo, oramai celebre, del tour: Never Ending tour.