Muse: la recensione del concerto di Bologna del “The Resistance Tour”

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Un pò lo si aspettava un spettacolo orginale, unico , perfetto, ma quello che abbiamo visto è andato ben oltre.
La sera del 21 Novembre 2009 abbiamo assistito al FuturShow Station di Bologna al concerto dei Muse, prima tappa italiana per il “The Resistance Tour“, e siamo rimasti estasiati da ciò che abbiamo visto.
I Muse dopo l’ottimo lavoro in studio, le certosine rifiniture ad opera del marketing mostrano ora anche un’ineccepibile prova dal vivo, candidandosi di diritto al ruolo di miglior band live del momento.

La band di Matthew Bellamy si era già trovata su palchi importanti, aveva già dimostrato un paio di anni fa allo Stadio Wembley di Londra di essere già matura, ma allora giocava in casa e mancava ancora qualcosa per entrare nell’olimpo della musica, aprendo alcune date degli U2 nell’U2 360° Tour, in quello che sicuramente è stato il tour evento dell’anno, avevano già avuto l’occasione di presentarsi al pubblico delle grandi occasioni aprendosi un varco tra i big, ma ora con il loro “The Resistance Tour” hanno un posto di rilievo da headliner e difficilmente faranno più da opener a band più grande.

Ancora una volta non siamo riusciti ad ottenere dalla Indipendente Concerti gli accrediti stampa per un così grande concerto, ma non abbiamo perso le speranze e abbiamo deciso di andare lo stesso al concerto a spese nostre e vi riportiamola nostra recensione, sapendo che non sarà descrivibile l’emozione provata, ma almeno sperando di potervi far fare un’idea di ciò che è accaduto.

Lo spettacolo a cui abbiamo assistito ci ha estasiato ed insieme a noi migliaia di fan, dodicimila per la precisione le persone accorse all’arena per la data che già da tempo era in sold-out. Già prima che il concerto inizi colpisce la scenografia, come ogni loro tour, influenzata come l’album “The Resistance” da “1984” di George Orwell, rappresenta una via di mezzo tra il nostro presente ed un futuro non troppo lontano. Tre torri al centro con finestre che si illuminano e ombre di uomini che a passo scandito salgono le scale come se costretti da qualcuno. Tre torri su cui vengono proiettati tre grattacieli futuristici.

La intro ci riporta a Blade Runner, fin quando ad un certo punto cadono i veli dalle torri e si scopre il vero palco, tre cubi in cui Matthew Bellamy, Chris Wolstenholme e Dominic Howard danno il meglio di se. “Uprising” apre il concerto e guida il publico a dei cori quasi da stadio che vanno contro Il Sistema, una protesta contro il controllo dove ancora una volta si nota l’influenza di 1984. Segue “The Resistance”, come forse era ovvio, che conclude con la frase “La nostra resistenza è l’amore“.

Dopo questi due brani tratti dal nuovo album si torna al passato, prima con “New Born” da “Origin of Symmetry“, dove l’effetto di luci verdi che sembran dei raggi laser fa capire che tutto è stato studiato nei minimi dettagli. Poi da “Black Holes and Revelations” viene proposta “Map of the Problematique“, è ancora protesta, è ancora voler far riflettere. Come ogni volta chiude con il riff di “Maggie’s Farm” di Bob Dylan, anche se meno accennato del solito.
Sempre dallo stesso album si passa al falsetto di Matthew Bellamy in “Supermassive Black Hole“, brano che si sa mette d’accordo tutti per la sua diffusione, gli amanti del cinema romantico e di “Twilight” (era nella colonna sonora), gli amanti dei videogame sia di calcio (era in Fifa 07) che di musica (fu nel Muse pack di “Guitar Hero III: Legends of Rock”), oltre che in altre decine di film, telefilm e trasmissioni TV.

Si torna al nuovo con “MK Ultra” che dal vivo sembra quasi aggiungere ciò che nel disco avevan dimenticato.
Ancora una volta indietro, dopo il classico “Interlude“, un pezzo che è idealmente un adagio per pianoforte adattato alla chitarra, arriva “Hysteria” da “Absolution“, il basso di Chris Wolstenholme si fa sentire potente ed il pubblico torna la carica giusta, musica, testi ed uno splendido gioco di luci fanno il resto.

Un ulteriore passo nel passato ed arriva la prima improvvisazione con cui i Muse vogliono segnalare che ancora non sono commerciali come ormai si pensa, è l’ora di “Nishe“, brano strumentale del singolo “Unintended” tratto dall’album di esordio “Showbiz“.
Si tornerà subito dopo ad un altro brano di quest’album, la struggente “Cave“, ma prima è l’ora di tornare al presente e citare i Queen con “United States Of Eurasia“, nel corso della quale esecuzione sui monitor ruota un mondo ideale e Matthew Bellamy tra voce e pianoforte delizia il pubblico che risponde con vigore.

La ballata “Guilding Light“, sicuramente ben realizzata, serve più che altro a prendere fiato e far calmare un pò gli animi, perchè subito dopo è già ora nuovamente di improvvisazione con “Helsinki Jam” che apre la strada all’R&B di “Undisclosed Desires“, canzone che non piace ai fan di vecchia data ma che dimostra il coraggio di sperimentare dei Muse.

Se da quest’ultimo pezzo i puristi possono essere rimasti delusi, quello che viene dopo è pura goduria, la triade “Starlight“, “Plug In Baby”, “Time Is Running Out” è un crescendo di eventi, musica, ammirazione, voce, ed il pubblico, tutti a saltare e cantare come se fossero un tutt’uno con la band.

Finisce la prima parte dello spettacolo. Qualche minuto di pausa e poi si torna sul palco. Apre il pianoforte di “Exogenesis: Symphony, Part 1: Overture“, sempre da “The Resistance”, in cui Matthew Bellamy mostra tutte le influenze recepite dalla musica classica e dalla psichedelia anni settanta, ci sono Rachmaninov, Strauss, Chopin e persino i Pink Floyd, il tutto a condire i temi cari alla band come un ipotetico futuro colpito da inversione della civiltà.

Arriva il momento di “Stockholm Syndrome“, pezzo preso da “Absolution” che ci estasia. E’ Sindrome da Muse.

Si chiuda con la solita “Knights of Cydonia“, preceduta dalla intro “Man with a harmonica” che tanto sa di vecchio western misto al migliore space rock.

Finisce lo spettacolo, e si ha la conferma che il “The Resistance Tour” è uno spettacolo con pochi eguali, si ha la certezza che la vena compositiva dei tre ragazzi ed il loro talento non è un’illusione. I Muse sono da vedere e rivedere, con tutte le loro sperimentazioni, influenze e confluenze di stili.

Noi il 4 Dicembre 2009 saremo al Palaolimpico di Torino, voi ci sarete?

5 COMMENTS

  1. COMPLIMENTI!!!! ottima recensione.
    Concerto spettacolare.
    Due note però:
    Per prima l’acustica del Pallamalaguti è pietosa
    Per seconda è giusto considerare i Muse come una grande live band, ma al momento la differenza live dai Depeche Mode (unica vera grande band rimasta ancora in attività) è ancora grande.

  2. Concerto davvero potente.
    E non saprei fare un paragone con i Depeche, perchè non li ho mai visti.
    Unica nota di demerito: il finale un po’ freddo e sbrigativo. Un bis e qualche “smanceria” in più nei saluti non guastavano.
    Ma d’altro canto… quando suoni così te lo puoi anche permettere.

  3. concordo con matteo avendo visto entrambe le band , i muse sono grandissimi live ma i depeche sono superiori, in assoluto i migliori in circolazione

  4. Ero ieri sera a Torino. concerto STRATOSFERICO. sono una grande amante dei Depeche Mode e li ho seguiti anche in concerto più di una volta, l’ultima a San Siro l’anno scorso. voglio dirvi che I MUSE hanno avuto persino un qualcosa in più rispetto a loro… nulla da dire. ci siamo immersi nel sound.. ed era magia.

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