Solo ieri tuonavano come un fulmine a ciel sereno le parole di Matt Bellamy su una ipotetica storia di “tangenti” cui i Muse si sarebbero ritrovati per la loro tappa italiana all’Olimpico di Roma per poter utilizzare i fuochi d’artificio previsti dalla scenografia della tournée della band. Così Bellamy dichiarava al The Sun:
“Abbiamo dovuto corrompere diverse persone a Roma per migliaia di euro, per avere i permessi per i nostri fuochi artificiali. Abbiamo dovuto chiamare l’ambasciata inglese e discutere con dei diplomatici. Tutte le volte abbiamo dei problemi: abbiamo commercialisti e legali che devono discutere con ogni tipo di ente locale, polizia e promoter”
Dopo la denuncia del frontman dei Muse la questura di Roma ha avviato delle indagini per accertarsi sulla veridicità dei fatti e dai controlli sarebbe emerso che una commissione provinciale di vigilanza sull’ordine pubblico e lo spettacolo si sarebbe riunita il 5 o 6 luglio scorso (la tappa a Roma si è tenuta il 6 Luglio, ndr) per la concessione dell’autorizzazione. La Commissione è composta da oltre una decina di persone, tra cui funzionari della Prefettura, polizia, vigili del fuoco ed elettrotecnici. Inoltre a smentire la denuncia riportata da tutte le maggiori testate è la stessa band che in una nota chiarisce i fatti:
“Al contrario di quanto riportato, i Muse confermano che non c’e’ stato alcun tentativo di corruzione relativo allo svolgimento dei loro concerti in Italia. Sono stati pagati i compensi previsti per il lavoro fatto da tecnici e ingegneri esterni all’organizzazione per ottenere i permessi necessari da parte delle autorita’ locali.
Questo riguarda anche i fuochi di artificio e i certificati di sicurezza, ed è totalmente in linea con gli standard adottati per tutti i gruppi che si esibiscono in Italia con show di queste dimensioni. Tutto ciò, in aggiunta ai certificati gia’ approvati dalle autorita’ di tutti gli altri Paesi europei dove i Muse si sono esibiti quest’estate“.