Venerdì 27 Maggio è morto all’età di 62 anni, Gil Scott Heron, poeta e musicista statunitense, conosciuto maggiormente per le cosidette ”spoken words” ovvero poesie recitate su basi musicali. Artista forse non noto al grande pubblico, Scott Heron, come Bob Dylan ha fatto con la musica rock , ha influenzato profondamente quello che in futuro sarebbe diventato il rap, dando la parola alla musica di protesta del popolo di colore.
Scott Heron nacque a Chicago, nell’Illinois nel 1949, ma crebbe nel Bronx, uno dei quartieri più malfamati di New York: un quartiere difficile, soprattutto per lui, un ragazzino che stava per affrontare le scuole superiori, ma che gli permise di elaborare riflessioni profonde sulla società americana e i media che si concentravano solo sulla parte ”bianca” della popolazione.
Nel 1969, dopo un anno di università, Gil pubblicò il suo primo romanzo ”The vulture” (L’avvoltoio). Poi l’anno successivo (1970) iniziò a dedicarsi alla musica incidendo l’album “Small Talk at 125th & Lennox” per il quale collaborò con vari musicisti jazz. Nell’album, importanti e pungenti diatribe accusatorie in musica contro i mezzi di comunicazione che erano posseduti dai bianchi e contro l’ignoranza della popolazione sui problemi esistenti nelle loro città e pezzi come “Whitey on the moon” e “The revolution will not be televised”.
Nel 1971 Gil Scott Heron pubblica un altro album ”Pieces of a man”, un album meno sciolto e più stereotipato rispetto al precedente, tuttavia l’ingresso in classifica avvenne soltantanto nel 1975, quando fu pubblicato ”Johannesburg”, e poi con il brano ” The bottle” , con cui raggiunse la posizione numero 15 nelle classifiche R&B.
Nel 1979 Scott Heron partecipa al grande concerto “No Nukes”, contro il nucleare, insieme ad artisti del calibro di Bruce Springsteen e James Taylor. Negli anni Ottanta ha continuato a scrivere canzoni, attaccando frequentemente l’allora presidente USA, Ronald Reagan e la sua politica conservatrice.
Nel 1985 l’Arista Records lasciò Scott Heron senza contratto, ma lui, anche senza incidere più musica, continuò comunque a fare dei tour, fino a quando nel 1993, firmò con la TVtRecords e pubblicò l’album “Spirits” , in cui spicca “Message To The Messengers”.
Negli ultimi dieci anni la vita di Gil Scott Heron è stata profondamente sconvolta da continui arresti per problemi di droga e accuse di violenza privata. Nonostante tutti i suoi problemi, Gil non ha mai smesso di esibirsi accompagnandosi spesso al piano elettrico e alla chitarra e continuando ad essere un punto di riferimento per tutte le generazioni di rapper passate ed odierne.
Lo scorso anno Gil era tornato ad incidere ed aveva registrato “I’m New Here”, un ultimo capolavoro prima della sua morte avvenuta a New York e annunciata dall’editore che si stava apprestando a pubblicare il suo ultimo libro che, paradossalmente, si chiamerà The Last Holiday (l’Ultima Vacanza).
Anche il rapper americano Eminem, ha voluto rendere omaggio a Gil Scott Heron dedicandogli un pensiero su Twitter, doveha scritto: “Riposa in pace Gil Scott-Heron, lui ha influenzato tutto l’hip hop”.