Megadeth: “Super Collider”. La recensione

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Megadeth - "Super Collider" - Artwork

Non si sentiva parlare dei Megadeth dal 2011, da “Thirt3en“, lavoro che denotava un certo crinale discendente preso da Mustaine e soci. A distanza di due anni, eccoci a commentare “Super Collider“, nuovo lavoro della band trash metal, il quattordicesimo in studio.

Il disco, il secondo in fila prodotto con il produttore Johnny K (Machine Head, Black Tide), vede la formazione al gran completo, con Mustaine a curarsi di riff e voce circondato dal bassista Dave Ellefson, dal batterista Shawn Drover e dal chitarrista Chris Broderick.

Partiamo subito col dire che sono lontani i tempi di “Countdown to Extinction” e di “Endgame“: il disco dei Megadeth, nel suo complesso, sembra mancare di una cattiveria di cui il gruppo era strapieno anni fa e i problemi personali di Mustaine non hanno certo aiutato la stesura di questo nuovo album, come aveva mostrato la title-track scelta come singolo promozionale, una canzone in pieno stile Megadeth anche se lievemente debole sia dal punto di vista musicale che da quello del testo.

“Super Collider” viene introdotto da “Kingmaker“, la canzone che ti aspetti dai Megadeth, chitarre a manetta, suoni forti e distorti ed un grande impatto, soprattutto probabilmente dal vivo. Dopo la title track di cui abbiamo già parlato, cominciano i dolori. Sì, perché i due pezzi successivi, “Burn! ” e “Built for War“, non sembrano fare molto testo ed a malapena strappano la sufficienza con la loro musicalità abbastanza banale.

Purtroppo, proseguendo nell’ascolto del disco, è proprio il caso di dire che la musica non cambia con “Off the Edge” che non lascia molte tracce di sé ad un ascolto attento: il pezzo successivo, “Dance in the Rain“, colpisce all’inizio per il suo parlato e per l’intervento alla fine della canzone di David Draiman ed evita il piattume generale del disco.

Megadeth - "Super Collider" - Artwork
Megadeth – “Super Collider” – Artwork

Beginning of Sorrow” è una canzone che va ascoltata un certo numero di volte per far sì che entri nel novero delle canzoni da salvare nel disco con la sua lentezza ed il suo metal, mentre “The Blackest Crow” comincia con un country a base di banjo e violino e sembra un episodio singolo e isolato dell’album, quasi a mostrare un tentativo di sperimentazione da parte di Dave Mustaine.

Dopo il banjo troviamo “Forget to Remember“, la canzone veloce del disco (il che direi che è tutto dire) con un buon arpeggio iniziale ed una melodia accattivante e poi ci imbattiamo nel pezzo migliore del disco a mio parere, “Don’t Turn Your Back“, una canzone dal drumming serrato e con il miglior assolo di tutto il disco. Il disco si chiude con la cover “Cold sweat” dei Thin Lizzy, lavoro davvero ben fatto, mentre la versione deluxe comprende due bonus tracks, “All I want” e “A house divided” che non aggiungono molto al valore complessivo del disco.

Super Collider“, alla fine dell’ascolto, non convince in pieno per vari motivi. In primis la voce di Mustaine, troppo spesso sorretta da effetti e sovrastata dalle chitarre e che nei pochi momenti di solitudine mostra di avere qualche problema di troppo. In seconda battuta l’album stesso: “Super Collider” ha al suo interno troppe canzoni che sfiorano la sufficienza per essere considerato un buon disco dei Megadeth e mostra una certa mancanza di idee che lo portano a malapena verso la sufficienza. Finchè Mustaine non risolverà i suoi problemi e i Megadeth non ritroveranno la strada che sembrava avessero ritrovato con “Endgame“, credo che dovremo continuare ad aspettarci lavori del genere. Ed è un peccato per una band che ha fatto la storia del metal.

 

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