La storia della musica italiana vanta un grande curriculum di cantautori e di quello stile raffinato e singolare di raccontare in canzone i sentimenti. Le nuove generazioni non hanno avuto il piglio necessario a poter continuare questa tradizione, ma i componenti della band La linea del Pane hanno deciso di provarci. Mettere insieme tanti elementi come la poesia, i racconti, la musica rock e il cantautorato non è impresa facile, ma Teo Manzo (chitarre, voce) Marco Citroni (basso) e Kevin Every (batteria) riescono a dare vita ad una tragica fine in maniera del tutto diversa, lontano dalla protesta musicale che sembra essere tanto di moda ultimamente. Chi meglio dei protagonisti di tale progetto possono darci idea di cosa scorre nelle loro vene?
A Tu per Tu con La linea del Pane
Nel panorama musicale italiano sembra svilupparsi sempre di più la tendenza a fare musica d’autore in maniera sperimentale, ma più profonda e sentita. Come si inserisce una band come la vostra in un contesto del genere?
Nel nostro disco non vi sono elementi sperimentali “primi”, nel senso che nessuna componente dei nostri brani è di per sé una novità. Ciò che invece è meno diffuso è l’accostamento di modi apparentemente inconciliabili: il rock, il cantautorato, la tensione poetica avrebbero già una fortuna indipendente. Ciò che fa la differenza è la complementarietà dei suddetti elementi, azzeccarne la combinazione alchemica. Questa è al momento la direzione de La linea del pane. Non che tentativi simili non siano già stati osati in passato, ed anche il presente è ricchissimo, alla frontiera, di nuovi veri autori. Noi, dal canto nostro, non smaniamo di “inserirci nel panorama”: non abbiamo finestre, chi ci desidera può liberamente bussare.
Ci siamo immersi in un secolo nuovo ormai più di un decennio fa, e al di là della crisi economica e culturale sembra prendere piede sempre di più un sentimento disilluso di catastrofe che incombe e rimane sulle nostre teste a guardarci dall’alto. Perché essere così disfattisti anche se non porta a nulla di buono?
La risposta è molto semplice: la decadenza è assai più comoda della rinascenza, ed è sempre un’ottima scusa per l’immobilismo. Poi il vero problema è sempre il solito, finché ci si aspetta qualcosa è facile rimanere delusi ed è sciocco lagnarsi. In ogni tempo, chi attende assistenza come se fosse dovuta, quantomeno non è molto libero. Non vedo perché ciò non debba valere anche per chi oggi ha venti o tren’anni, artisti compresi.
Tutti amano la musica ma nessuno se ne prende cura realmente: dai talent show alle radio che scelgono sempre pochi privilegiati mettendo da parte una vasta scelta interessante e anche di buon livello. Come può l’indie ritagliarsi una posizione di tutto rispetto tra le solite preferenze popolari e scelte di hype?
Il compito dell’indie, se mai ne avesse uno, non sarebbe quello di aspirare – in cuor suo – al cosiddetto main stream. Sarebbe quello di fargli un po’ di concorrenza al limite, e la concorrenza si fa stando fuori, non già saltando dentro alla prima, squallida occasione. Detto ciò, il gusto popolare non è immutabile, ma non va assecondato. E se il gusto popolare contemporaneo non piace agli artisti “minori”, quelli che hanno meno visibilità e risposta di pubblico, non si capisce perché continuino ad inseguirlo affannosamente. Una volta ottenuto il consenso tanto atteso, saprebbero di avere l’approvazione di un pubblico che ha un gusto che loro hanno sempre detestato. Sai che soddisfazione.
La linea del Pane: “Utopia di un’autopsia”. L’ascolto
Risulta difficile collocare La linea del Pane in una categoria pre esistente perché il genere risulta tutto nuovo, almeno per la discografia italiana. Il carattere proprio di una formazione rock è presente in tutti i pezzi dell’album “Utopia di un’autopsia” quasi eccellente prova di una partenza in grande stile, complici i testi assai complessi e articolati adeguati in maniera intelligente e raffinata a distorsioni, momenti musicalmente riflessivi e pause acustiche perfette. Utopia e Autopsia racchiudono dei significati importanti, rappresentano qualcosa di irraggiungibile e una pratica che mira ad analizzare anche la più piccola unità esistente in un insieme, forse sono proprio queste le chiavi per interpretare al meglio la riuscita musicale di un album come questo, che se esportato, potrebbe raggiungere vette molto alte. Volendo supporre in maniera ottimistica che la nostra popolazione sia anche interessata a questo tipo di prodotto musicale ci si potrebbe azzardare a portarli anche nel nostro contesto a posizioni alte nelle classifiche, ma forse non siamo abituati a questo tipo di riflessione complessa e articolata. In definitiva La linea del Pane è un’alternativa nuova alla scena sperimentale, è il giusto compromesso tra il complicato tentativo di spingersi in alto a raccontare in maniera complessa un universo musicale e artistico differente, e il racconto puro e semplice, come solo pochi sanno fare. La staticità che emerge dai racconti cantati ha un significato profondo, è espressione ferma e a tratti drammatica di una realtà avvolta nel grigiore.
“Saremmo liberi sotto i faggi incatenati, Sophie andassero loro, Sophie staremmo noi fermi qui fermi così.”