L’Officina della Camomilla: “La personalità crea originalità”

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L'Officina della Camomilla - Senontipiacefalostesso Uno

La settimana di The Passenger si rinnova e MelodicaMente vi propone L’Officina della Camomilla, band che si sta facendo conoscere sempre più nell’ambiente musicale indipendente grazie alla pubblicazione, ad inizio 2013, di “Senontipiacefalostesso Uno” per Garrincha Dischi.

L’Officina Della Camomilla nasce, dopo una sperimentazione iniziale spiegata dalla stessa formazione, nell’inverno del 2009 e dopo alcuni concerti nonché la pubblicazione del video “Mio padre e mia madre sono fratello e sorella” la band prosegue nella propria ricerca musicale, fra cambi di line-up. L’Officina Della Camomilla è una band che dimostra di non avere paura, in quanto non si nasconde dietro una musica facile ma colpisce l’ascoltatore con liriche potenti e testi che devono essere metabolizzati per essere compresi del tutto ma a primo impatto già incuriosiscono. La descrizione migliore della band l’ha proposta proprio Garrincha Dischi che ha messo in evidenza il lato spensierato della formazione; la spensieratezza di chi ha vent’anni. Il nucleo de L’Officina Della Camomilla ruota attorno a Francesco De Leo e a Claudio Tarantino, a cui si sono aggiunti Marco Amadio, Anna Viganò e Ilaria Baia Curioni. Il 5 Febbraio 2013 la band ha pubblicato il disco d’esordio “Senontipiacefalostesso Uno”, primo dei due volumi che vedranno la luce nel 2013 proprio per la bolognese Garrincha Dischi.

L'Officina della Camomilla
L’Officina della Camomilla

A Tu per Tu con L’Officina Della Camomilla

MelodicaMente si è confrontata a Tu per Tu con L’Officina Della Camomilla, la quale ci ha raccontato i progetti futuri ma soprattutto la propria visione musicale. Come sempre The Passenger vuole far parlare direttamente i protagonisti della scena musicale emergente, quindi basta nostre parole ma vi lasciamo quelle della formazione.

1. Le carte vincenti de L’officina Della Camomilla sembrano essere spensieratezza ed ironia. Non esiste una vera e propria bio che vi riguarda ma una visione quasi allucinata di voi stessi. Seppur siete attivi dal 2009 il dilagare dei click su YouTube ma soprattutto la pubblicazione del vostro album di debutto sono fatti recenti. Come state affrontando questo periodo? Quali sono i vostri obiettivi?

L’Officina della Camomilla nasce il 9 aprile 2008 su Myspace come progetto di musica strumentale senza testi. Registrazioni casalinghe con garage band, tastiere varie, M-tron e chitarra elettrica. All’epoca mi contattò Stefano Poletti, incuriosito dalle mie musiche, per iniziare a suonare in duo, che poi divenne un trio con l’aggiunta di Matilde Calza. Facemmo solo un concertino in provincia di Parma. Poi a distanza di un anno sono arrivate le parole e le canzoni, perché comunque ho sempre scritto e accumulato pagine di cose/pensieri/racconti. Avevo 18 anni, e la maggior parte dei testi sono stati scritti in quel periodo. Matilde poi dovette lasciare il gruppo per motivi di studio. Tirai in mezzo la mia fidanzata dei tempi Beatrice Zanantoni come seconda voce cantante e, dopo di lei, si è aggiunto anche Claudio Tarantino alle tastiere.

Nel corso degli anni ci sono stati molti cambi di formazione. Un bel numero di concerti e di sottosuolo, dischi masterizzati e passaparola sul web. E poi un sacco di materiale registrato, dopo 5 anni di attività, si sono accumulate una cosa come una settantina di canzoni. L’anno scorso diverse etichette ci hanno chiesto di entrare nel loro roster e siamo entrati in Garrincha per registrare i vecchi pezzi in una nuova chiave. Per questo la scelta dell’uno e del due accanto al titolo “Senontipiacefalostesso” preso dall’omonima canzone che si trova nel disco. Sono una raccolta, con qualche piccolo inedito. I nostri obbiettivi sono semplicemente suonare, divertirci e realizzare molti dischi.

2. Proprio in questo periodo state portando in giro per l’Italia “Senontipiacefalostesso Tour 2013”. La dimensione live sembra essere stata di fondamentale importanza per L’Officina Della Camomilla fin da subito. Cosa vuol dire per una giovane band fare concerti in Italia in questo preciso momento storico? Quali sono le gioie e le difficoltà?

(Escluso l’hip pop) In “questo periodo storico” i ragazzi ventenni o poco più, che suonano nel circuito dei locali, si contano sulle dita di una mano. Il panorama è molto scarno e arretrato. E’ una cosa abbastanza inconcepibile. Specie se ci confrontiamo col resto della gioventù d’Europa, ed esagerando, col resto della gioventù mondiale. Ma credo che il problema sia molto più grosso. Essendo schiacciati dagli stranieri, o meglio, dagli Anglofoni, dalla “non-musica della Nostra Santissima Televisione” e dalla cultura che importa da fuori e non crea nulla di nazionale esportabile in lingua italiana, ci siamo ritrovati a rifugiarci nella sicurezza di profitto e nel non approccio al nuovo.  Ci sono rimaste poche lire.

In generale si chiamano quelli che sai che garantiranno almeno un piccolo-grande tot di pubblico, non permettendo alle giovani leve sconosciute senza etichetta di suonare, svilupparsi, creare dei precedenti e scene musicali credibili, involvendole, instaurando nell’ingenua psiche del giovane musicista illusioni sempre più britanniche di espatrio e trionfo. Ammazzando lo scrivere in madrelingua. Ammazzando l’identità e la veridicità delle idee nell’atto compositivo. E nel live, si canta un inglese grottesco con accenti imbarazzanti, per gli amici che ti vengono a vedere, e manco capiscono quello che dici. Per di più, nella pratica, mantenere una sala prove ha un costo. La strumentazione ha un costo. La benzina ha un costo.

Siamo svantaggiati. Di là, dove hanno inventato quello che qui tutti scopiazziamo, costa di meno. In poche parole siamo, in coloratissima salsa italica, un terzo mondo della musica giovanile. Gli emergenti con il disco d’esordio galleggiano nella zona over 25. Di solito a 25 anni, all’estero, sono già al secondo/terzo disco. Per fare un esempio, gruppi come gli Xx e i Bombay Bicycle Club hanno già all’attivo rispettivamente due e tre album. Da noi la situazione è abbastanza scoraggiante. Ma non c’è nulla da stupirsi. Amen.

3. Girovagando per la rete mi sono imbattuta nella vostra descrizione a cura di Garrincha Dischi, la quale recita: “Immaginatevi dei Libertines nati e cresciuti a Milano, pensate a Franco come ad un Alex Turner che scrive un disco di filastrocche macabre, immaginate ad un Francesco De Gregori allucinato che attraversa l’Italia con gli Strokes”. E’ una frase illuminante ma che fa sorridere, quanto c’è di vero in questa frase? Vi sareste descritti esattamente così?

Sicuramente nei miei ascolti ci sono tutti questi artisti citati. E’ inevitabile che poi rientrino nelle ispirazioni. Non so come ci saremmo descritti. Vanno tanto di moda i citazionismi e tutto è già stato suonato o scritto prima di te. Vero. Però se facciamo questo giochino allora i Libertines sono i Jam e i Kinks frullati assieme colla cocaina, De Gregori è il Cohen der Circo Massimo, Alex Turner è un ragazzino brufoloso che voleva diventare il Casablancas di Sheffield (ce l’ha fatta), e il suono di Is This it degli Strokes è una fotocopietta pallida dei Velvet Underground in featuring coi Television, molto castrati e molto figli di papà.

La musica si fa con la musica e di nuovo non c’è nulla. E’ sempre la stessa da anni. E’ la personalità che crea nuove cose. Se non nuove almeno originali. Credo che l’officina in Italia sia qualcosa di nuovo. E se non di nuovo, almeno, è qualcosa di originale.

 

L’Officina della Camomilla – “Senontipiacefalostesso Uno”

L'Officina della Camomilla - Senontipiacefalostesso Uno
L’Officina della Camomilla – Senontipiacefalostesso Uno

Il suono proposto da L’Officina della Camomilla è fresco e spensierato, liriche che dimostrano i vent’anni dei membri della band ma anche una lucidità di base nel raccontare storie di vita, tredici istantanee che formano un primo disco d’esordio e di presentazione al grande pubblico. L’ascoltatore, quello che non sa ancora cosa aspettarsi dall’Officina della Camomilla e che inizia l’ascolto dalla canzone più conosciuta, “La tua ragazza non ascolta i Beat Happening” feat. Lo Stato Sociale, si trova davanti alla frase, ripetuta più volte, “Siamo pieni di droga”. Questo descrive fin da subito il suono ma anche la volontà lirica della band che mostra di affrontare questo percorso musicale di petto, senza nascondersi dietro banalità.

E’ subito evidente che Francesco e soci non hanno alcuna intenzione di presentare liriche “pop” e semplici. Si parla piuttosto di un cantautorato allucinato, un cantautorato sperimentale.

Le canzoni de L’Officina Della Camomilla raccontano una realtà più reale di quanto vogliamo immaginare ma con un piglio originale. Da apprezzare la scelta di proporre testi in italiano, di giocare e creare un bel lavoro utilizzando però la nostra lingua e non ricorrere al solito inglese, sicuramente più internazionale e spendibile ma forse proprio per questo meno rappresentativo dell’Italia. D’altra parte è proprio la band a mettere le mani avanti “Senontipiacefalostesso“, quasi a sottolineare che è un disco d’impatto e sincero. La sincerità della band e la voglia di raccontare la propria visione della realtà sono le carte vincenti de L’Officina della Camomilla.

L’officina della camomilla: Francesco De Leo (chitarre, voci, tastiere e mani), Claudio Tarantino (batteria, tastiere, cori e mani) e Marco Amadio (basso, mani), Ilaria Baia Curioni (tastiere, voce), Anna Viganò (chitarre).

 

1 COMMENT

  1. Guarda, rispetto i gusti di chiunque, ma un disco così brutto l’ho davvero ascoltato poche volte…Irritanti a dir poco. Questi gruppetti del cavolo hanno davvero distrutto il panorama “Indie” Italico..Per il resto, de gustibus.

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