Lorenzo Jovanotti si dedica ai componimenti poetici o come li chiama lui “sonetti sgangherati”. Dopo il successo di “Ora“, la ripresa del tour a Febbraio e gli auguri per le festività, ecco che Jovanotti ritorna in versione poetica in diretta su Facebook. Non c’era bisogno di certo di aspettare Jovanotti per rendersi conto che i tempi sono cambiati e ormai i famosi sonetti non vengono più scritti su fogli di carta ma bensì pubblicati direttamente sui social network ma ecco la conferma.
Proprio qualche ora fa, leggendo il Twitter del cantante, ecco cosa ha pubblicato “ho messo qualche nuovo sonetto sgangherato sul mio FB” con tanto di collegamento alla sua pagina ufficiale. L’artista ama e soprattutto utilizza molto sia Twitter che Facebook dove i fan possono così apprendere in diretta notizie da lui postate senza necessariamente andare sul sito internet ufficiale.
Indagando all’interno del profilo Facebook di Jovanotti si può apprendere che il cantante così esordisce nello spiegare questi sonetti:
Mettendo un po’ di ordine tra i miei files trovo cose scritte un anno fa, ve le posto, così, in tempo reale. Sono abbozzi di idee, appunti, spunti, cose da buttare, magari da buttare in un campo che non si sa mai che germoglino…
Subito dopo questa dichiarazione ecco apparire il primo componimento seguito da altri tre sonetti, questa volta corredati anche da un titolo. Ecco di seguito le composizioni che Jovanotti ha voluto condividere con i suoi fan:
andavo pazzo per gli gnocchi che mia madre
preparava il giovedì mattina
e io ero a casa perché andavo a scuola con il doppio turno
e la farina
mi rimaneva addosso tutto il giorno
e li mangiavo crudi mentre lei andava in camera a farsi bella
e un giorno le vidi il seno riflesso su uno specchio
non previsto
e ancora lo ricordo e mi fa caldo
e andavamo al mercato
e mi comprava un cartoccetto di olive
buone
ed era bella la mia mamma
e le sorridevano tutte le persone
il panettiere il calzolaio
il fruttivendolo e il giornalaio
il portiere del mio palazzo di sei piani davanti
al cupolone
era un palazzo del vaticano
e noi stavamo al primo piano
e sopra di noi c’era una cantante lirica
che si allenava ogni mattina
e la sua voce riempiva le scale
come l’odore di candeggina
che poi imparai che se la spruzzavi
sopra un paio di jeans ancora buoni
diventavano tutti a chiazze
come quelli dei beati freakettoni
e i freakettoni a me piacevano
perché se ne stavano sempre in giro
e avevano scarpe consumate
e un andamento agile e leggero
poi dopo anni certi di loro
eran vestiti giacca e cravatta
altri era morti di qualche droga
e c’è qualcuno che poi ce l’ha fatta
in classe mia c’era un mio compagno
che il padre lui non lo conosceva
sua madre era alta bionda e profumata
e nessuno sapeva quello che faceva
era diversa dalle altre mamme
quando ogni tanto era fuori scuola
io e suo figlio eravamo amici
qualche anno dopo poi finì in galera
dissero che aveva ucciso suo padre
ma era una storia di motorini
ma poi a me mi arrivò la musica
che ci scombussolò tutti i destini
i miei fratelli erano scout e mi ci iscrissi
pure io
nella parrocchia c’era di tutto
e questo tutto per me era Dio
c’erano femmine preti in borghese
copie del “male” e di “lotta continua”
padri integerrimi figli illegittimi
e una Madonna dall’aria seria
era diritta in piedi sul mondo
e con un piede sopra a un serpente
con il suo sguardo era come se
guardasse tutto senza dire niente
e io ero piccolo e quel serpente
a me sembrava che fosse vivo
ma non avevo mica paura
anzi ogni volta mi ci fermavo
e poi al posto di una preghiera
fantasticavo fantasticavo
fantasticavo e lo faccio ancora
fantasticare fantasticare
è diventata la mia preghiera.
Sonetto primitivo:
mi sono incamminato su un sentiero
senza cercare niente di preciso
assorto nel pensiero procedevo
un passo dopo l’altro più leggero
intanto la città si allontanava
e il cellulare dava zero tacche
le impronte dei cinghiali e certe bacche
un ramo rotto trasformato in clava
adesso sono nudo e vivo qua
coperto da una frasca accendo un fuoco
mi curo delle mie necessità
qualcuno penserà che questo è un gioco
io lo pensavo ancora tempo fa
ma adesso vivo molto e penso poco
Sonetto della gente:
io non ci credo alla parola “gente”
esistono Francesco Paola Gianni
Peppino Jack Teresa Luca johnny
“il pubblico” è un fantasma inesistente
esiste Carlo Mohammad Laura Rosa,
la “pubblica opinione” è una bandiera
che gira con il vento della sera,
gli esseri umani sono un’altra cosa
io sono vivo sento penso ascolto
ma non sono lo specchio di una massa
non sono sale dentro all’acqua sciolto
non nuoto dentro a vasche di melassa
ho un cuore tutto mio come il mio volto
la musica mi alza non mi abbassa
Sonetto della nonna:
La vita è lo spettacolo dei giorni
Nessuno può sapere quanto dura
e mentre si dipana la stesura
Si alternano le andate coi ritorni
Non c’è un regista meglio di chi pensa
Che la regia migliore è non averla
Di chi se trova l’acqua è pronto a berla
E lascia aperta a tutti la dispensa
La vita non insegna e se lo fa
Lo fa per insegnare che nessuno
Potrà imparare mai la verità
Mia nonna che di anni ne ha ottantuno
Mi ha detto stamattina vieni qua
viviti ogni secondo, uno per uno