Guardate bene la ragazza che c’è sulla copertina di questo album. Non vi ricorda qualcuno? Per chi ancora non lo sapesse, questa bella fanciulla (che dà anche il nome alla band), si fa chiamare Coco ma in realtà risponde al nome di Eliot Pauline Sumner e suo padre è un certo Gordon Sumner, che tutti conoscono come Sting.
Detto questo, è facile capire perché su questa band ci sono così tante aspettative e soprattutto, perché Coco ha un aspetto e soprattutto una voce così familiare. Una cosa è certa: la vita dei figli d’arte è dura. Specie se non hanno grandi doti vocali e quindi optano per imitare il modo di cantare del babbo ma comunque questo “The Constant”, album d’esordio degli I Blame Coco, non è affatto male.
Sonorità molto anni Ottanta, un tocco di rock vecchia maniera e tanto pop, per dar vita a sonorità non troppo impegnative e molto orecchiabili. Le melodie sono tutte costruite ad uso e consumo della voce di Coco, che dietro ha dei musicisti discreti, che potrebbero ambire a qualcosa di diverso rispetto al ruolo di pallidi pseudo-turnisti.
Tra i brani spiccano “Self-Machine“, singolo di traino del disco, la godibile “No-Smile“, anche se strizza un po’ troppo l’occhio a certi vecchi brani dei Police, e “Caesar“, brano a cui ha preso parte anche la cantante Robyn e che forse per questo è uno dei più riusciti, con una bella verve elettronica.
Dopo l’ascolto di “The Constant“, la cosa che salta all’occhio, anzi, all’orecchio, è che il problema della giovane Coco e di tutta la sua band è proprio Sting. Non si capisce come mai, pur avendo del talento, questi ragazzi si limitino a ricamare e riconfezionare sonorità sostanzialmente copiate da altri. Forse è solo questione di tempo, infondo si tratta solo del loro primo album e gli I Blame Coco sono molto giovani e poco esperti. Magari per evolversi basterebbe smetterla di guardare agli anni Ottanta, anche perché loro sono tutti (o quasi) nati negli anni Novanta, perciò c’è poco da rimpiangere.
In tutto questo, c’è però una cosa che non mi quadra. Questa ragazza, figlia di Sting, come abbiamo detto, si fa chiamare Coco. Ora, anche Kim e Thurston dei Sonic Youth hanno una figlia, sempre che canta e suona e si fa chiamare anche lei Coco. Dobbiamo prepararci per l’invasione delle Coco imitatrici dei propri illustri genitori, stile “Il villaggio dei dannati“?
Lei ha un timbro di voce interessante ma scuro, forse più adatto a sonorità rock..
interessante la miscela musicale elettropop-rock, molto ben confezionata e curata.
Per quanto riguarda la critica di guardare agli anni 80: francamente, dopo gli anni 80 c’è stata più vita sul pianeta musica?
Per me si, nel senso che gli anni 90 sono stati un grandissimo periodo per la musica, basti pensare a band come Tool e Nirvana! 🙂