Un lampo accecante, qualche secondo e un tuono potente vibra nell’aria sul Teatro Romano di Verona. Poi pioggia scrosciante e più di mille ombrelli che si aprono, uno per ogni spettatore, che se rendono difficile applaudire, non fanno desistere il pubblico del pianista jazz e chansonnier marchigiano, alla ribalta italiana dopo il recente successo di Sanremo. Il tempo è davvero inclemente e l’acquazzone battente si placa solo per il bis, ma con il pubblico che impavido sfida le intemperie Raphael Gualazzi è generoso. Sotto l’ombrello e tutti ripiegati su di sé per limitare la sensazione di bagnato addosso, è difficile tenere il ritmo e dimostrare l’entusiasmo con il corpo ma le ovazioni fanno sentire chiaramente che anche sotto la pioggia la performance jazz del giovane artista vale la pena di essere goduta. Merito della sua bravura, della sua preparazione e dell’entusiasmo. Con gusto ed intelligenza musicale Gualazzi propone al pubblico di nuovi ed affezionati, un mix a base di rag in apertura seguito da “Calda estate”. Sembra di essere in un locale caldo e umido del Missisipi tra i riff e ritornelli che hanno fatto del giovane pianista un vero e proprio fenomeno da hit parade. Propone con disinvoltura “Tuesday”, “Icarus”, “Out of my Mind” e “Reality and Fantasy”; in scaletta assieme a queste da citare la bellezza di “Carola” (Buscaglione), l’inedita “Smoking War Jive”, l’accattivante arraggiamento di “Confessin’ the Blues”. In particolare si ritrova la sua ispirazione per il jazz degli anni d’oro ’20 e ’30 dei locali neri, di New York e Chicago: nel ritmo furente di Caravan si sente che davvero alla sua giovane età c’è un talento nutritosi all’ascolto dei geni della musica che l’hanno preceduto e che non cede alle sirene della musica commerciale mordi e fuggi. Sul palco per dare il meglio, si avvale di una piccola orchestra che lo supporta in maniera magistrale anche quando le raffiche d’acqua si avventano su pianoforte e strumenti. Sono Giuseppe Conte alla chitarra, Manuele Montanari al contrabbasso Cristian Marini alla batteria, il trombettista il trombettista Gigi Faggi Grigioni e i sassofonisti Massimo Valentini e Enrico Benvenuti. Finalmente il cielo trova pace e appena in tempo per il bis concede tregua. Peccato che le quasi due ore di concerto siano terminate. Il pubblico inzuppato si tratterrebbe ancora a lungo.