Green Like July: “Build a fire”. La recensione

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Green Like July - "Build a fire" - Artwork

I Green Like July, formazione di Alessandria di alternative rock, ha dato alle stampe il suo nuovo disco “Build a fire” per l’etichetta La Tempesta International.

Chi sono i Green Like July? I GLJ (attualmente composti dal cantautore Andrea Poggio, dal batterista Paolo Merlini, dal bassista Roberto Paravia e dal polistrumentista Marco Verna) sono una formazione nativa di Alessandria ma residente a Milano che è attiva dal lontano 2005  e che nel corso della sua storia ha avuto buonissimi riscontri dalla stampa specializzata con il suo disco “Four-legged fortune”. I GLJ ora ci riprovano con questo nuovo disco “Build a fire”, registrato da A.J. Mogis negli ARC Studios di Omaha, Nebraska ed arrangiato da Enrico Gabrielli e dai Green Like July.

Build a Fire” è stato definito come “un paesaggio al neon che fa da sfondo ad una colazione tra Lucio Fontana, un gatto e Polifemo.” Io, molto più prosaicamente, dico che è un gran bel disco composto da nove canzoni per 32 minuti di musica che affondano le radici nella tradizione americana, spaziando al tempo stesso in altri ambiti musicali con testi che affrontano un unico tema, il cambiamento, visto di volta in volta con occhi rassegnati o raggianti. Il disco ha visto anche la collaborazione di artisti come Mike Mogis, chitarrista dei Bright Eyes, e di Jake Bellows, cantante dei Neva Dinova.

L’album si apre con “Moving to the city“, canzone dalle atmosphere scanzonate e molto sixties, che porta a ballare tenendo il tempo e seguendo il ritmo: senso del ritmo che troviamo anche in “Borrowed time“, canzone che sembra fare un salto quantico facendoci precipitare negli anni ’70 ai tempi dei figli dei fiori e del flower-pop.

Green Like July - "Build a fire" - Artwork
Green Like July – “Build a fire” – Artwork

Il terzo brano, “An ordinary friend“, dolce e calmo, ha avuto l’onore di essere incluso nella compilation “Area 51” di Rockit e di trovarsi accanto a nomi come Santo Niente e Hello Again. Calma e scorrevolezza che troviamo anche in “Agatha of Sicily” e che trova alcuni echi che ricordano alcune canzoni dei primi Depeche Mode e dei T-Rex di Marc Bolan.

L’aria imponente e cinematografica di “Tonight’s the night” e “Good luck bridge” fanno da contraltare all’organo hammond così dannatamente pop di “A well welcomed change” mentre “Johnny Thunders” sembra richiamare “An ordinary friend” nella musica e in qualcosa che traspare dalla canzone. Il disco si chiude con l’eterea “Robert Marvin Calthorpe“, canzone dettata dalle tastiere, dalla voce e dai cori e che sembra quasi un brano a cappella se non fosse per il pianoforte che irrompe con le sue note forti e decise.

Il nuovo disco dei Green Like July è un buonissimo lavoro che richiama molto alcune produzioni americane degli anni dei Figli dei Fiori: si respira un’atmosfera musicale molto Sixties grazie a vari fattori come la voce effettata e l’organo, presente in molte canzoni, con anche gli arrangiamenti che contribuiscono a dare questo particolare indirizzo al disco. Ma non è un peccato, anzi, perché “Build a fire” risulta piacevole e divertente senza essere troppo “leggero”, evitando quindi la trappola del “disco troppo pop”. Complimenti davvero.

 

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