L’Etnhos Festival, nato nel 1995 con lo scopo di recuperare le tradizioni musicali dell’area vesuviana e di scoprire i vari suoni del mondo per un dialogo interculturale, giunge quest’anno alla sua XVII edizione. La rassegna, ideata e diretta da Gigi Di Luca ed organizzata e prodotta da La Bazzarra con il sostegno dei comuni di San Giorgio a Cremano e Napoli, presenta quattro grandi eventi dal 22 al 25 settembre, in due location eccezionali come Villa Bruno a San Giorgio a Cremano e il cortile del Maschio Angioino di Napoli; quest’anno gli ospiti d’onore saranno l’India, l’Argentina e la Palestina. L’apertura del Festival è affidata a Teresa De Sio che con la sua voce e pochissimi strumenti a presenta in anteprima a San Giorgio a Cremano (ore 21, ingresso gratuito) alcuni brani tratti dal nuovo lavoro “Tutto cambia“, in uscita il 20 settembre e dedicato all’argentina Mercedes Sosa. Una serata ricca di suggestioni , con la De Sio accompagnata dal violino di Her, dalle chitarre di Egidio Marchitelli e dalla voce e dalle percussioni di Upapadia. La stessa De Sio interverrà, insieme a Gigi Di Luca, alla tavola rotonda di giovedì 22 dalle 19, organizzata nella Biblioteca di Villa Bruno, dal titolo “Le terre del rimorso – la cultura popolare”, moderata dal giornalista Ciro De Rosa. Il 23 settembre, sempre a Villa Bruno (ore 21, ingresso gratuito), è il turno dei Dhoad, musicisti gitani e nomadi del Rajasthan che con la loro esibizione condurranno lo spettatore in India, dove affondano le autentiche radici dei rom e dove ritroveremo il fascino di una terra e di una cultura antica. L’ensemble indiano, diretto da Rahis Bharti, è composto da 6 musicisti, un fachiro e una danzatrice sapera: Rahis Barthi (tabla, voce), Sikander Langa (voce), Kutle Khan (kartels, voce, bhapang, jew harp), Barkat (dholak, voce) Gulam Ali (harmonium e voce), Abdul Rasheed (castagnette, voce), Munshi fachiro, acrobata, Leela (danze). I Dhoad ci faranno scoprire il canto spirituale qawwali e la danza sapera e ci faranno ascoltare anche i brani del recente album “Roots Travellers” e del precedente “The Dhoad Gypsies from Rajasthan”. Il sabato 24 settembre ci spostiamo al Maschio Angioino di Napoli (ore 21, ingresso 10 euro) per osservare il tango negro di Juan Carlos Caceres. Il pianista e compositore argentino, ormai alla 77esima primavera, è unanimente considerato uno dei massimi esponenti della tradizione popolare argentina, nonostante la sua musica dissidente e ribelle: Caceres si avvarrà dal vivo della collaborazione di Marcelo Russillo alla batteria e di Carlos “el tero” Buschini al contrabbasso e ci farà ascoltare i brani della tradizione tanghera. Domenica 25 settembre la chiusura del Festival, sempre nel cortile del Maschio Angioino di Napoli (ore 21, ingresso 10 euro), sarà affidata agli italo-palestinesi Radiodervish, gruppo ormai presente sulla scena musicale italiana da circa 15 anni con la sua musica figlia ormai del mondo: il gruppo è partito anni fa da matrici world per espandersi in tutte le direzioni musicali possibili, come dimostra la sua carriera musicale, con ormai 8 titoli all’attivo, dall’esordio “Lingua contro lingua” prodotto da Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni (1998) al recente “Bandervish” arrangiato dal talento jazz di Livio Minafra (2010), un lavoro che arriva fino alla cultura e alla musica sufi di Gerusalemme e di Beirut con coltissime citazioni ad Ennio Morricone e Oum Kaltoum. La band del palestinese Nabil Salameh (canto, sonagli incastrati nelle falangi e chitarra) e del pugliese Michele Lobaccaro (compositore e chitarrista), insieme ad Alessandro Pipino (piano, strumenti elettronici/acustici) eseguirà brani recenti e classici: da “L’esigenza” e “Centro del mundo” a “Rosa di Turi”, “Habibi”, “Tu si’ ‘na cosa grande”, “Due soli”, “Upupa” e la cover di “Amara terra mia”, il cui videoclip era diretto da Franco Battiato. Un festival pieno di suggestioni e di atmosfera, per un viaggio musicale e culturale fuori dal comune.