Un titolo come detto che già potrebbe dire tutto quello che c’è da aspettarsi, infatti nell’album e nella musica degli Enil La Fam i quattro elaborano a modo proprio un minimo di garage rock, anche se non hanno la violenza degli MC5 sicuramente hanno una rabbia che li avvicina molto, delle punte di grunge ispirto ai Soundgarden, dei synth in pieno stile Industrial, il post-rock dei Nickelback, il post grunge di Creed e Bush. Lontano da ciò che è il vero e proprio indie, l’album è ben curato in ogni dettaglio, più che altro potrebbe avvicinarsi al crossover, ma forse non sono altro che un alternative rock alterato, anche se con qualche spinta in più potrebbe tranquillamente fare alternative metal (i tempi spesso ci sono) se non addirittura nu metal in stile Korn (con l’aggiunta di un DJ magari). “MIDST” si presenta in un diggipack di ottima fattura, con tanto di booklet, realizzato in bianco (forse più argento) e nero, con una grafica curatissima, che già di per se meriterebbe un nove pieno, peccato poi che questo si riveli la parte migliore di tutto l’album. Il design è curato dal fotografo Umberto Nicoletti, che sinceramente ci sa fare molto ma molto bene e realizza una presentazione degna di una major. Lo stesso Nicoletti scrive anche i testi dei brani degli Enil La Fam ed in parte anche le musiche, forse proprio questo è il risvolto negativo della medaglia,le ottime musiche composte insieme a Luca Di Cataldo, forse il migliore del gruppo con i suoi ottimi riff di chitarra, vengono spesso banalizzate dal ritornello, alla costante ricerca del motivetto che possa proiettare il gruppo nella scena mainstream e farli conoscere ai più. Il brano di apertura “S&M“, che non ha nulla a che vedere con l’omonimo album dei Metallica, inizia nel migliore dei modi, su una base che sembra essere nata da una versione ridotta dei Korn e una voce che ricorda quella di Mike Patton gli Enil La Fam subito dimostrano di essere duri e quasi arrabbiati, in un bel gioco di chitarre e una melodia trascinante si racconta metaforicamente del rapporto tra vittima e carnefice e del fatto che spesso le parti si invertono. Inizia bene anche “Peculiar“, ma dopo averci illuso prendendo le sembianze di un rock del passato si banalizza in un ritornello volutamente ricercato. Nettamente diverso l’approccio di “Sick“, brano che parte in leggerezza per poi salire di ritmo e dare spazio al duetto e al confronto quasi odioso tra uomo e donna. Senza strafare e senza stupire la canzone, in cui oltra alla voce del cantante Nicola Belvedere appare anche quella di Cristina Marano, è sicuramente il brano che farebbe la sua discreta figura in una rotazione radiofonica. Si passa ad un altro confronto, questa volta tra genitore e figlio con il peggiore degli epiloghi, in “Runaway”, canzone che fa presagire all’intuizione geniale, con il suono che si stoppa in alcuni passaggi per continuare subito dopo aver preso fiato, ma che viene penalizzata ancora una volta dal ritornello che va verso melodie soft quando invece, a nostro avviso, sarebbe stato necessario andare verso suoni ancora più duri e graffianti. Si torna a focalizzarsi sulla voce in “Load” (si, anche questa ricorda un album dei Metallica), senza tralasciare i suoni che la accompagnano, in questo caso nonostante il solito ritornello che punta al mainstream e la musicalità chiaramente radiofonica, il pezzo ci convince di più. In “Into You” viene cantato il senso di impotenza che si prova davanti ai cari che si autodistruggono, il tutto su una base di chitarra che gioca con i tempi dispari, le ripartenze del brano e la rincorsa tra i vari strumenti. Tra i migliori brani di “Midst“. “Gossip“, brano che che affronta il tema del condizionamento societario legato alle marche, mostra un ottimo garage rock psichedelico ripulito dai suoni grezzi e duri, il rullare della batteria e l’incedere della chitarra distorta si fondono bene in ogni secondo della canzone con un gran finale dettato dal synth. Piccola prova acustica nell’apertura di “Cycle“, brano senza infamia ne lode, che resta quasi come incompleto prima del finale con il pianoforte. Ci saremmo aspettati qualcosa di più crudo in “Raw“, ci troviamo invece di fronte a qualcosa di malinconico e quasi straziante, prima della chiusura di “Midst” tutti i membri degli Enil La Fam trovano il giusot spazio, qui si ha la grande prova del basso di Alessandro Valentino, si ha la chiara rincorsa tra voce e strumenti di Luca Di Cataldo e della sua chitarra e della voce e batteria di Mattia Arnau. L’album si chiude con “The Fail“, quasi un presagio ed un messaggio a loro stessi per questo album, vengono raccontati pentimenti, rimpianti e quel gusto amaro che rimane quando i progetti non vanno in porto, come l’inizio del CD così anche la fine sembra richiamare uno dei gruppi storici dello scorso decennio, gli Alice in Chains tornano alla mente, anche se in una visione diversa. Nel complesso “Midst” è un buon lavoro, con tutte le basi per essere un prodotto di eccellenza ma senza il coraggio da parte dei membri degli Enil La Fam per fare il salto. In futuro la band dovrà scegliere se dedicarsi al Pop Rock o mettere per bene le proprie radici nell’Alternative Rock, qualsiasi sia la loro scelta sicuramente troveranno il giusto spazio per darci un album ancora migliore di quanto già non lo sia questo.
Enil La Fam: Midst. La Recensione
Gli Enil La Fam nascono nel 2007 dall’incontro del cantante Nicola Belvedere, del chitarrista Luca Di Cataldo e del batterista Mattia Arnau, ai quali si aggiunge in seguito il bassista Alessandro Valentino. Usciti da poco con il loro primo album “MIDST“, il cui titolo già dice tutto, significa infatti via di mezzo, cioè quel punto di incontro tra le differenti influenze musicali che la band riceve, nonchè la fusione tra le varie esperienze che ogni singolo componente del gruppo porta all’interno della band.
Yeah!