Empire of the Sun: “Ice on the dune”. La recensione

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Empire of the Sun - "Ice on the dune" - Artwork

Gli Empire of the Sun (duo australiano che per il suo nome si è ispirato al romanzo omonimo di James Graham Ballard), dopo il grande successo degli scorsi anni, ritornano con un nuovo disco, “Ice on the Dune“.

I due artisti di musica elettronica provengono da gruppi differenti (Luke Steele dai The Sleepy Jackson e Nick Littlemore dagli Pnau) e nel 2008 hanno avuto successo prima con i singoli “Walking on a Dream” e “We are the People” e dopo con il disco “Walking on a Dream” prima di approdare a questa loro nuova fatica discografica, “Ice on the Dune“, presentata nei mesi scorsi con un trailer dal titolo “Discovery“, omaggio al duo di musica elettronica Daft Punk.

Questo album, che viene pubblicato a distanza di ben 5 anni dal lavoro precedente, è stato anticipato dal singolo “Alive” che ha avuto dei buoni riscontri ed è composto da 12 canzoni per una durata di 43 minuti esatti. Il disco viene introdotto dallo strumentale “Lux” che ricorda le atmosfere cinematografiche dei film horror degli anni ’50 e subito dopo ci introduce nel mondo coloratissimo ed elettronico degli Empire of the Sun con le canzoni “DNA” e con il singolo “Alive”, assolutamente riconoscibili sia per la voce del cantante che per lo stile del duo australiano, così particolare.

Empire of the Sun - "Ice on the dune" - Artwork
Empire of the Sun – “Ice on the dune” – Artwork

Con “Concert pitch” e la successiva titletrack entriamo in pieno regno elettro-pop, di quello divertente, canzonato e solare dell’estate a cui già la coppia Steele-Littlemore ci aveva abituati, con la base che ricorda molto alcuni ritmi alla Deadmau5: “Awakening” mostra invece un lato elettronico del gruppo più lento e riflessivo, che richiama al French Sound dei Daft Punk (band a cui gli Empire of the Sun non hanno mai fatto mistero di ispirarsi).

Il disco prosegue in maniera molto piacevole e si fa ascoltare volentieri: via via scorrono pezzi come “I’ll be around“, “Old favours“, “Celebrate” e “Surround sound“, brani diversi tra di loro ma con una matrice comune da ricercare nella sapiente capacità di usare l’elettronica e la melodia combinandole insieme in un tuttuno gradevole all’ascolto. Verso la fine però si cambia con gli ultimi due brani, “Disarm“, brano più riflessivo, e “Keep a watch“, brano dove la voce sembra trasformata visto il suo approccio molto più “unplugged” e che richiama alcuni brani degli Air.

Il disco è davvero gradevole e consente di passare tre piacevoli quarti d’ora ascoltando della buona musica pop, divertente quanto basta ma soprattutto con la capacità di non risultare mai pesante o ripetitiva. E questo è un grandissimo pregio. La fattura dell’album, in alcuni casi ricercata e raffinata, poi fa il resto. Un buonissimo disco di ritorno per il gruppo di Sidney.

 

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