EMI si o EMI no? La Universal prova a “salvare” la casa discografica

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Ma che storie sono mai queste! Ricordate l’articolo dello scorso Novembre in cui riportavamo la notizia che fece scalpore circa la vendita della EMI per metà alla Sony Music Ent. e metà alla Universal Music, dopo che fu acquistata dalla CityGroup Bank causa collasso finanziario? Bene, la storia non finisce qui. Giusto per ricordare, all’epoca fu deciso di dividere per metà le quote alla Sony per quanto riguarda le edizioni musicali (patrimonio stimato circa 2,2 miliardi di dollari) e per metà alla Universal per il catalogo discografico (patrimonio stimanto circa 1,9 miliardi di dollari), con il destino degli Abbey Road Studios ancora in bilico ovvero ancora non si era deciso – e tutt’ora ancora non si sa – che cosa farne, senza utilizzare giri di parole. Ma non dimentichiamo anche che Rob Wiesenthal, vicepresidente esecutivo e direttore finanziaro della corporation americana Sony, avvalendosi anche della collaborazione di Martin Bandier (ceo di Sony/ATV), già della EMI prima di ricoprire l’attuale carica in Sony Corp., dichiarò di voler studiare un nuovo modo di gestire gli asset della società e rafforzare dunque i ricavi.

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Ebbene, notizia dell’ultima ora è che se la Commissione Europea e l’Antitrust Americano non opporranno obiezioni, la EMI potrebbe sopravvivere come divisione all’interno della Universal. La notizia prende spunto da un documento presentato nella giornata di ieri da Lucian Grainge, presidente ed amministratore delegato della Universal Music. In sintesi il documento riporta il desiderio di Grainge di mantenere viva l’etichetta EMI (con annessi capisaldi Parlophone nel Regno Unito e Capitol negli Stati Uniti) sebbene riuscisse però a trovare un amministratore delegato all’altezza del compito al quale fare direttamente riferimento. Ma l’operazione non è così semplice come si potrebbe evincere a prima vista. Infatti, da un lato la Universal afferma che la EMI non ha le condizioni necessarie affinchè riesca a sopravvivere da sola, ma dall’altro lascia evincere l’intenzione di convincere la commissione di Bruxelles presentando carteggi che dimostrino come le quote di mercato combinate delle due società non superino i limiti stabiliti dall’Antitrust Americano. Tutto questo perchè gli oppositori (tra cui ricordiamo l’etichetta Warner Music) mirano a cercare l’ago nel pagliaio proprio per quanto riguarda le quote di mercato.

Facciamo dunque il punto della situazione. Da un lato gli oppositori dimostrano che EMI detiene il 10% delle quote di mercato mondiali, con il 28% stimato della Universal. Queste quote insieme superano di gran lunga i limiti imposti dall’Antitrust. Ma se riuscissero – i diretti interessati! – a dimostrare che scindendo le reali quote detenute dalla Universal da quelle detenute dalle etichette dedite alla distribuzione dei cd, allora la Universal scenderebbe dal 28% all 22% e la EMI dal 10% al 9%. E quindi l’operazione potrebbe avere buon fine.

Abbey Road StudiosTuttavia però in tutto questo contesto rientra la questione Europea. Si è stimato infatto che suddette major detengono in Francia il 50% e più delle quote di mercato, ed in Gran Bretagna circa il 45%. Praticamente quasi un monopolio. Ed è proprio qui che partono i problemi, tant’è vero che non è detto che i dirigenti della Universal riescano a convincere la Commissione Europea su tutta la faccenda. Dunque la strada sembra quella di scindere – come in effetti è già avvenuto – la quota delle edizioni musicali da quella del catalogo discografico, con la conseguente – dunque probabile – dispersione di un patrimonio musicale mondiale con annessi gli studi di registrazione più famosi al mondo, gli Abbey Road Studios per l’appunto. Ancora, rientrano anche le leggi contro la pirateria che hanno portato alal fusione di Sony con BMG nel 2004 e le dichiarazione dei dirigenti della Universal i quali affermano che la EMI non detiene le forze e le condizioni necessarie per poter sopravvivere da sola nel business, nonostante la forte quota di mercato che detiene circa l’intero archivio/patrimonio musicale lasciato dai Beatles.

Dunque, dopo esser stata venduta alla CityGroup Bank la quale a sua volta ha decisio di rivenderla per metà a Sony Music e metà alla Universal Music, queste due sono ancora in lotta con la Warner Music per quanto riguarda la questione delle quote di mercato. Intanto, la sentenza è prevista per il prossimo 23 Marzo data in cui la Commissione Europea dichiarerà le proprie intenzioni sul dafarsi, ma nel frattempo mentre questi sciacalli litigano per chi raggiunga maggior profitto c’è chi – avvalendosi di un certo gusto di tradizione e ricordi ed emozioni che ancora oggi si possono apprezzare nelle radio o a casa propria – resta in bilico nella speranza che un tale patrimonio culturale-artistico-musicale non rimanga alla mercè di chi ne vuole trarre solo profitto a discapito della passione.

E a noi chi ci restituirà l’emozione di vedere il logo della EMI, sfogliare il catalogo del cd, assaporare i suoni ed annusare l’odore della carta fresca stampata,  le curiosità più recondite quando acquistiamo un nuovo cd, dal momento oggi tutto si gusta sul web e gli artisti si stanno attrezzando per dar vita alle proprie etichette indipendenti?

Del resto, non solo in Italia succedono queste cose. Stay Tuned.

 

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