Dream Theater: “The Astonishing”. La recensione

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Prendete una band iconica dell’epic metal degli ultimi trent’anni che ha da poco pubblicato un disco valutato in maniera molto positiva dalla critica. Fatto? Bene. Ora prendete un bell’universo distopico e la lotta eterna tra bene e male. Fatto? Benissimo. Ora trasformate tutto in un bel concept album doppio di oltre 130 minuti di musica suonata alla grande, un battage pubblicitario coi controfiocchi e un pubblico scalpitante e miscelate accuratamente il tutto. Fatto? Ottimo. Siete i fortunati possessori di “The Astonishing“, la nuova fatica (!!!) musicale dei Dream Theater.

Dopo la premessa ironica, concediamoci un attimo di serietà e passiamo alle presentazioni di rito. “The Astonishing” è il tredicesimo album in studio del gruppo musicale statunitense Dream Theater, pubblicato il 29 gennaio 2016 dalla Roadrunner Records. Si tratta di un’opera rock sviluppata su due dischi. Il concept è ambientato in un futuro distopico, nel The Great Northern Empire (situato nel Nord America), in cui un gruppo di ribelli che vivono nella città di Ravenskill tenta di sconfiggere un impero oppressivo governato dall’imperatore Nafaryus e in questa battaglia il potere della musica avrà un ruolo centrale.

La pubblicazione del disco è stata anticipata da una sottopagina del sito ufficiale della band che ha svelato progressivamente nome e aspetto dei personaggi, la lista tracce, una mappa dell’impero e due video. Il 3 novembre scorso il gruppo ha creato due differenti newsletter relative alle fazioni descritte nell’album, The Great Northern Empire e The Ravenskill Rebel Militia, comandate rispettivamente dall’imperatore Nafaryus e da Arhys; subito dopo l’iscrizione, sulla pagina appariva l’immagine di un NOMAC, una macchina volante di forma sferica che, secondo il concept, ha un ruolo fondamentale nel controllo della popolazione da parte dell’Impero. Il 1° dicembre è stata rivelata per la prima volta la copertina dell’album, mentre due giorni più tardi è stato reso disponibile per l’ascolto il primo singolo “The Gift of Music“, seguito il 21 gennaio 2016 dalla pubblicazione del brano “Moment of Betrayal“.

Dopo una presentazione del genere, ovviamente l’attesa per questo disco era molto alta, e non avrebbe potuto essere altrimenti, visti i musicisti che abbiamo di fronte: James LaBrie alla voce, John Petrucci alla chitarra, John Myung al basso, Jordan Rudess alla tastiera e Mike Mangini alla batteria. Il disco è stato prodotto da Petrucci in persona ed ha visto l’assistenza tecnica di Richard Chycki, James “Jimmy T” Meslin, Dave Rowland, Jason Staniulis e Ted Jensen, con la partecipazione di Richard Chycki come voce parlata di Nafaryus, David Campbell come arrangiatore d’orchestra e coro, la Prague Simphony Orchestra e ben tre cori, il coro dei bambini Pueri Cantores, quello classico Millennium Choir e quello gospel Fred Martin and the Levite Camp.

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Dream Theater – “The Astonishing” – Cover

Dette tutte queste premesse, parliamo del disco vero e proprio: al di là degli intermezzi strumentali, dei brani parlati e dei singoli bridge presenti nei due CD, le “canzoni vere e proprie”, come direbbe qualcuno, sono ben ventinove. Dopo le prime tracce del primo CD, tra cui la “Dystopian Overture” a cavallo tra musica classica e metal, troviamo una chitarra rassicurante e la voce di LaBrie al singolo “The gift of music“, una canzone a metà tra la ballad pop ed un pezzo progressive-rock. Dopo il delicatissimo pianoforte di “The Answer“, pezzo che vedrei bene come colonna sonora di un anime, troviamo la marcia militare di “A better life” che si trasforma in una power ballad con un bridge centrale molto anni ’80.

Lord Nafaryus” mi ha fatto venire in mente il “Rocky Horror Picture Show”, quando si presenta Frank-N-Furter: il disco ha l’ennesimo momento strumentale e poi presenta i “buoni” con le canzoni “A savior in the square” e “When your time has come“, con il primo scontro tra i ribelli e Nafaryus. Fino ad ora non c’è assolutamente nessuna traccia del disco precedente, “Dream Theater”, che aveva fatto quasi gridare al miracolo: nessun concetto di epic metal, nessuna tastiera cattiva alla Rudess. Niente di tutto questo. Dopo la canzone d’amore “Act of Faythe” e la discreta “Three days“, troviamo altre tracce dimenticabili come “Brother, Can You Hear Me?”, “A Life Left Behind”, “Ravenskill” e “Chosen“, ma finalmente troviamo un goccio di verve con “A Tempting Offer“, dove la canzone diventa un po’ più drammatica e i riff di chitarra migliorano. Il primo disco sembra migliorare verso la fine, con “The X Aspect”, “A New Beginning” e “The Road to Revolution” che mostrano dell’ottimo potenziale e sembrano quasi fuori luogo rispetto alle tracce precedenti, soprattutto con LaBrie che sembra riguadagnare spazio e coraggio.

Nel secondo disco si comincia con l’immancabile pezzo strumentale e si prosegue subito con “Moment of Betrayal“, il secondo singolo scelto e fortunatamente uno dei pezzi migliori del disco, dal giusto pathos e dalle melodie intriganti tranne un bridge strumentale centrale un po’ fine a se stante. Dopo le chitarre di “Heaven’s Cove” e il piano di “Begin Again” troviamo “The Path That Divides” con una grande interpretazione di LaBrie. Dopo l’ennesimo strumentale ci si presenta “The Walking Shadow“, brano senza infamia e senza lode, che porta dritto a “My Last Farewell“, pezzo in un drammatico crescendo che raggiunge il suo climax nel finale, strappandolo dritto dritto ad una scenografia di Tim Burton. La dolce e melodica “Losing Faythe” mi fa quasi dimenticare che in mano dovrei avere un disco dei Dream Theater. E la cosa non è un bene.

Dopo il pianoforte di “Whispers on the Wind” troviamo la traccia più allegra del disco, “Hymn of a Thousand Voices“, quasi una giga irlandese, dove lo spettatore, trascinato dal violino e dai cori, potrebbe pensare che ci sia stata qualche mutazione genetica nel frattempo: nessuna paura, “Our New World” rimette tutto nei giusti (?!?) binari e dopo l’ennesimo pezzo introduttivo il disco termina con “Astonishing“, un brano che, perdonatemi, sarà l’approccio teatrale, sarà l’orchestra, sarà il testo, ma mi ha fatto venire in mente il finale di “Dune”.

Il giudizio finale su questo disco non è facile. Per prima cosa devo fare una prima e considerevole distinzione: se pensassi di avere per le mani un disco dei Dream Theater dovrei dare un voto bassissimo all’intero lavoro. Raramente ho trovato spunti creativi, la voce di LaBrie non è quasi mai efficace, ci sono poche tracce che ricordano l’epic metal di cui i Dream Theater sono stati pionieri… insomma un mezzo disastro. Se accantono questo pensiero e non mi faccio influenzare dall’idea di avere per le mani un lavoro degli Ayreon, devo pensare solamente di avere ascoltato una ottima sceneggiatura teatrale in musica. E’ questo, secondo me, l’unico modo di concepire “The Astonishing“. E l’idea di base del disco, supportata dalla lettura dei testi, non è nemmeno così originale. Alla fine questo disco è una sorta di musical pieno di tantissimi clichè in salsa rock-Disney da cui estraniare delle canzoni non ha molto senso perchè si perde l’idea della compattezza di base. Se penso a “The Looking Glass” e “Along for the Ride” di solo tre anni fa… meglio non pensarci, va.

9 COMMENTS

  1. che razza di recensione è mai questa?
    “non ho trovato spunti creativi…. la voce di Labrie non è quasi mai efficace…”…. mah…
    mi chiedo quale album tu abbia ascoltato per fare una recensione del genere…

  2. Di solito leggo gli articoli fino in fondo prima di giudicare… e quando parlo, soprattutto se devo criticare, cerco di essere rispettosa.
    Qui però mi è bastato leggere la prima riga (anzi, mezza riga):
    “prendete una band iconica dell’epic metal” … EPIC metal?

    A me l’album è piaciuto, anche se devo ancora digerirlo bene. Sì, è vero che spesso si allontana dallo stile che abbiamo in testa quando pensiamo ai Dream, ma è vero anche che il cambiamento di stile ha letteralmente costellato la carriera del gruppo: quanto sono diversi tra di loro i loro più grandi album?
    Fino a qualche anno fa avevo smesso di nutrire speranze in questo gruppo, poi è parso rinascere qualcosa. Mi pare siano a tornare a sperimentare, ma in altri sensi: non necessariamente nella ricerca di tecnicismi, tempi strani e altre cose tipicamente prog (che comunque non mancano).
    Mi è piaciuta la trama “fantasy/fantascientifica”, l’inserimento di cori e orchestra (fatto bene, non stile “score”, dove sembrava “i Dream Theater e l’orchestra suonano le stesse canzoni nello stesso momento” e basta). C’è chi si lamenta, ho letto, che sembra di ascoltare un’opera teatrale in musica. Bene… e quindi? Non può essere una scelta crativa? Una sperimentazione?
    Non chiudiamoci in schemi mentali piccoli piccoli.

    Ora, ognuno poi ha i suoi gusti e ci sta che uno personalmente abbia aspettative che magari vengono deluse (pure a me è successo, con album che invece altri hanno definito spettacolari)… anche se una recensione, dovrebbe essere il più oggettiva possibile.

    Un saluto

  3. Ma veramente, se c’è uno dei componenti della band che porta sulle spalle la fatica dell’album è proprio LaBrie, poichè il disco non è certo complicato e tecnico come molti altri dei DT. E direi che LaBrie se la cava egregiamente, tenendo altresì conto del fatto che impersona sei o sette personaggi. Poi sul disco uno può pensarla come vuole, anche perché è un’opera difficile da qualificare. Ma sulla prestazione di LaBrie non ammetto discussioni, e dal vivo vedrete……

  4. Ma almeno l’autore di questa “recensione” si vergognerà un po’ almeno dopo aver letto i giusti commenti qua sotto?
    Tanto per cominciare: epic metal?!?!?! E questo è solo l’inizio. Tralasciamo la enormità di caxxate ed inesattezze scritte, un unico consiglio: le recensioni lasciatele fare a chi sa veramente farle!

  5. Questo paese è davvero arrivato al capolinea, la società che abbiamo contribuito a creare ci ha resi prima conservatori di un mondo che crediamo ci appartenga e poi ciechi e insensibili di fronte al cambiamento per timore e paura di soffrire.
    La formula magica che serve all’uomo per risolvere tutti i suoi problemi (uno alla volta) sta nel fatto di capire che la vita è fluida, scorre è viva e così come la musica e non la si può trattenere ne tanto meno catalogare questo i Nostri Amici D.T lo hanno capito e stanno cercando con la loro Arte di trasmetterlo.
    Complimenti per la loro determinazione e il loro grande coraggio espressivo.

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