Davide Pagnini: “Maschere”. La recensione

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E’ uscito “Maschere“, il primo disco in studio vero e proprio di Davide Pagnini, cantautore pesarese nato nel 1988, per l’etichetta PMS Studio, dove gli arrangiamenti sono stati curati dal manager e produttore Raffaele Montanari.

Davide Pagnini nasce come pianista e già a 15 anni scrive le prime canzoni sotto la spinta del padre, scoprendo nella composizione la sua più grande passione. Nel 2008 l’incontro con Francesco Gazzè, fratello e autore di Max, incontro che cambierà la sua vita: tra di loro nasce una stretta collaborazione che porta alla firma nel 2009 del primo contratto editoriale con Linea Due Edizion. Nello stesso periodo fonda il duo Ebanoh con il violoncellista Jacopo Mariotti, con il quale suona per circa 200 date in italia e pubblica due dischi. Negli stessi anni produce alcune colonne sonore per i cortometraggi del regista Mattia Allegrucci e vince alcuni concorsi. Dopo l’uscita dell’album “Schizzi” degli Ebanoh, firma un nuovo contratto discografico da solista e con l’aiuto del produttore e manager Raffaele Montanari cerca i musicisti per sviluppare i suoi arrangiamenti. Dopo una serie di concerti live dove si esibisce solo con chitarra e voce nel dicembre 2014 pubblica il singolo “Chiedersi perché“: nel giugno 2015 pubblica il secondo singolo “Rosso di sera” che anticipa il primo album solista “Maschere“.

Il disco contiene dodici brani inediti, compresi i due singoli precedentemente pubblicati, oltre ad una bonus track, e il cantautore pesarese lo presenta in questa maniera: “Se la musica non emoziona, significa che qualcosa non va. La musica deve unire i cuori e i battiti, creare un vortice di sensazioni e formare un ricordo indelebile in chi ascolta. Questo è il mio fare musica: emozionarmi per emozionare. È fondamentale riuscire ad essere se stessi nelle situazioni che il tempo ci offre. Provare a guardarsi allo specchio e capire se ciò che ci mostra il riflesso è il nostro essere o il nostro sembrare. Sembrare qualcosa non significa esserlo. Accettare se stessi è un passo per diventare chi si è; copertina, titolo e canzoni tornano a questo.”

Copertina-Maschere

Il lavoro di Davide Pagnini, come detto prima, comprende dodici tracce (più una bonus track) per 48 minuti di musica e si apre con “Ballerino di jazz“, canzone introspettiva dal dolce e coinvolgente ritmo pop che si inserisce nel filone del nuovo cantautorato italiano e che richiama vagamente alla mente De Gregori e le sue atmosfere (e liriche) particolari. Il disco prosegue con “Alla follia“, brano scelto come terzo singolo, dalla musica e dalle liriche che ricordano Fiorella Mannoia e le sue commistioni magiche con Ivano Fossati per un brano molto ben riuscito e quasi magico, mentre “Stella” è una canzone d’amore che si lascia ascoltare ma che non rimane in testa troppo anche se avrebbe delle potenzialità, forse penalizzata dal testo un po’ troppo slegato alla musica.

La filarmonica introduce “Mare“, brano sghembo e di denuncia sociale sulla voglia di chiunque di emettere giudizi che impenna verso il combat folk ma con una nota personale: subito dopo troviamo il primo singolo, “Chiedersi perchè“, brano introspettivo e quasi sospeso, uno dei pezzi migliori del disco a mio avviso, e “Vivimi davvero“, pezzo che fa la stessa fine di “Stella” ma che tratta tematiche differenti, ovvero una richiesta di amore in cui si chiede di vivere il presente di una relazione senza voli pindarici.

L’impalcatura trema” viene introdotta da un bellissimo assolo di violino e parla di come ci si trovi incastrati in un sistema stabile fino a che non si guarda al di là e si capisce di essere bloccati e che al primo movimento verso una nuova dimensione potrebbe cadere tutto: “Il mimo” è un pezzo dal trascorso molto jazz anni ’90 scanzonato e cattivo al punto giusto che introduce il secondo singolo “Rosso di sera“, brano dalla musica accattivante quasi rap ma dal testo leggermente debole, ed è un peccato, vista la ritmica azzeccata della canzone e la coda finale strumentale molto carina.

Il ritmo misto tra pop raffinato e gipsy di “Parla il vento” colpisce l’ascoltatore e lo fa ragionare mentre il cadenzare ritmato delle corde della chitarra di “Tornerà da sè” introduce il tema della dipendenza dagli altri e di come invece la vita cerchi solo noi, senza altri a sostegno, per affrontarci a viso aperto. Il progetto si chiude con “Alibi di vetro“, anche questa una canzone d’amore, argomento sul quale Pagnini mostra qualche debolezza ma non in questo caso, per fortuna. Il disco ha anche un regalo, ovvero “Mio figlio sarà un avatar“, traccia bonus tratta dal precedente lavoro in studio “Schizzi”, pubblicato con il duo Ebanoh.

Maschere” è un disco che si inserisce appieno nel nuovo filone del cantautorato italiano e che lascia sentimenti contrastanti nell’animo dell’ascoltatore: se da un lato la musica è davvero molto ben curata e ben suonata (penso a “Alla follia“, “Chiedersi perchè” e “L’impalcatura trema“) dall’altro lato i testi, seppure affrontano argomenti importanti e in maniera semplice, qualche volta non vanno a braccetto con la ritmica e ad esserne panalizzata è la canzone nello specifico e il disco nel suo complesso. Peccato, perché come esordio è un buonissimo disco che ha nella musica, elegante e ben confezionata, un suo punto di forza non da poco. “Maschere” è un disco introspettivo con un sound ricco di sfumature, un disco che scorre ma lascia qualcosa. Come dicono i registi, buona la prima.

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