Dario Cappanera: “Code of discipline”. La recensione

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Dario Cappanera - Code of discipline - Artwork

Il mese di Aprile del 2012 verrà ricordato da Dario “Kappa” Cappanera come forse uno dei mesi migliori di tutta la sua carriera. Dopo una carriera passata a suonare con gruppi come Strana Officina e Rebeldevil, a viaggiare in lungo e in largo per l’America e a fare da tecnico per alcuni grandi del rock, il chitarrista livornese dà alle stampe il suo primo album solista, “Code of discipline“, e debutta al cinema nei panni del chitarrista Rino nel film “I più grandi di tutti” di Carlo Virzì.

Infatti, dal 4 Aprile, Dario Cappanera interpreterà la parte di un chitarrista, Rino, nel film di Paolo Virzì “I più grandi di tutti“, film in cui si parla dei Pluto, rock band del 1996 dell’entroterra toscano energica e irriverente che arriva a pubblicare due dischi e piazzare un brano in un noto spot televisivo. La band, composta dal cantante Maurilio (detto Mao), dalla bassista Sabrina (Claudia Pandolfi), dal batterista Loris e dal chitarrista Rino, gira in lungo e il largo il circuito alternativo italiano prima di litigare e sciogliersi: l’occasione per rivedersi sarà un film documentario sulla band che costringerà tutti a riaffrontare il proprio passato, piacevole o no. Nel film c’è anche, oltre agli attori Alessandro Roja, Corrado Fortuna e Marco Cocci, un piccolo cameo di Frankie HI-NRG MC.

Come dice Dario (che ricordiamo essere endorser dal 2008 del marchio Gibson, dal quale riceve una Flying V ed una Les Paul Standard), “Code of Discipline è la mia sfida, per la prima volta faccio tutto senza una band, mi butto nel ruolo di cantante, pensando solo con la mia testa, obbligato a dare tutto me stesso. E’ una prova alla quale ho dato un titolo che esprime tutto ciò che sono come musicista e come essere umano.”

Il disco, che in origine doveva chiamarsi “West Coast Tuscan“, racchiude in nove tracce un percorso di rock denso, di rock duro ma non senza sentimenti, di una vita passata tra tutti gli aspetti positivi e tutti gli aspetti negativi del rock. E anche la scelta da parte di Dario di cantare per la prima volta in un disco si spiega benissimo, dato che nessuno poteva dare meglio voce alla sua vita se non chi la aveva vissuta per davvero.

copertina
Dario Cappanera - Code of discipline - Artwork

I pezzi del disco, che risentono molto sia delle influenze del southern rock che del blues, scivolano davvero bene, e sono sicuro che si faranno apprezzare anche da tutti gli amanti del rock per la varietà espressa in questo ottimo lavoro. Si passa dal rock duro e puro alle passioni di Cappanera, il suo southern rock ed il suo blues, e parlano molto della vita di Dario, una vita passata ad inseguire il rock e la musica vivendo sempre un passo in più del massimo.

La prima traccia del disco, “Code of discipline“, è un bel rock duro di introduzione, dal drumming pestone e dove la voce di Kappa ben si sposa con i suoni sbavati del pezzo. Non si cambia molto registro con la seconda canzone, “Dogs are back in town“, che penetra nel cervello con il suo ritornello e con un chitarra presenta ma mai invadente.

Dopo tanto ritmo, ci voleva un momento di calma, ed eccoci accontentati con “Nothing left to say“, un pezzo chitarra e voce molto carino che ricorda molto da vicino alcuni brani di band come The Calling o Hoobastank. Ma è solo una pausa, la batteria di “Get up there” ci riporta subito alla realtà e al suono ritmato del southern rock e di artisti come Neil Young e della sua “Downtown”.

Alla metà del disco, una radio sintonizzata su vari canali ci porta a “Crucifyin’ you“, forse uno dei pezzi meno riusciti del disco, nonostante si mantenga comunque sopra la media. Verificare per credere la canzone successiva, “The mess“, dove con gli stessi ingredienti della canzone precedente, grazie anche ad una batteria diversa dal solito e a dei tempi più dilatati il nostro Cappanera sembra dare una lezione di stile a tutti i gruppi nu-metal.

Siamo verso la fine del disco ed il livello si incrementa ulteriormente grazie alle ultime tre canzoni. “Constant sorrow” è un pezzo bellissimo, che credo darà il suo meglio suonato unplugged, grazie alla linea di basso che la disegna perfettamente, mentre “Trouble Honky Tonk” è un tuffo nella migliore tradizione southern rock, quella da fattoria di cotone e da birra fredda in mano mentre si suona per lasciare scorrere via la notte.

Ho lasciato per ultima quella che considero la canzone migliore del disco, la cover del pezzo di Gary Moore “Still got the blues” cantata in maniera emozionante da Pino Scotto. La chitarra di Cappanera in questa canzone tocca l’anima come solo alcuni pezzi di chitarristi come Santana sanno fare. E questa canzone entra di diritto nella mia top list.

Per chi volesse ascoltarlo, Dario Cappanera sarà in tour per ora per alcune date, venerdì 13 Aprile all’ Honky Tonky, per il release party del disco; il 22 Aprile alla Rock’n’Roll Arena per il Revenge Metal Fest di Romagnano Sesia (NO) e il 28 Aprile al The Cage di Livorno dove presenterà il disco.

Voto: Dite la vostra!

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