Si sa, il concerto è il momento più alto della carriera di un musicista, l’acme emozionale, quell’istante in cui l’artista può dare tutto se stesso e sfogare la sua creatività davanti ad una folla di fan adoranti che agitano sciarpe, fanno foto e cantano a squarciagola col loro bel biglietto in tasca. E l’Italia non è da meno in questa tradizione musicale.
Quello che fa distare invece molto l’Italia dagli altri paesi europei è il modo in cui il fan viene avvicinato al concerto, ovvero l’acquisto e il costo del biglietto stesso. Inutile negarlo, in Italia i prezzi dei concerti e soprattutto dei concerti di band o artisti molto affermati sono davvero salati.
Molti incolpano da anni la Clear Channel, meglio nota come Live Nation, di avere drogato il prezzo dei biglietti offrendo agli artisti cachet sempre più alti che ricadono poi sugli ascoltatori: la stessa Live Nation ha però invece respinto le accuse e scaricato le stesse sui management degli artisti, che molto spesso rifiutano un abbassamento dei prezzi dei biglietti per un minore incasso dell’artista.
Ma davvero i prezzi in Italia sono diventati così cari? Facciamo qualche piccolo raffronto: i Foo Fighters nel ’97 costavano 32 mila lire, nel 2006 costavano 25 euro e nel 2012 costano 60 euro; Bob Dylan costava 36 mila lire nel ’98, costava 40 euro nel 2005 e nel 2012 costava 80 euro; i Depeche Mode costavano 42 mila lire nel ’98, costavano 40 euro nel 2006 e nel 2012 costano mediamente 60 euro. I numeri sono impietosi, e chi afferma il contrario non ha una visione attenta della realtà.
Oltre al prezzo del biglietto bisogna anche considerare annessi e connessi: non voglio dilungarmi sull’acquisto online di un biglietto e sulle difficoltà che incontra una persona nel compiere questo gesto (sveglia ad orari mattinieri, tentativi di connessione al sito, problemi con la connessione cifrata o con l’autenticazione della carta di credito eccetera) ma voglio parlare dei “costi accessori“.
Innanzitutto i “diritti di prevendita“, che risultano applicati da tutti i principali operatori del settore in misura sostanzialmente uniforme e pari a circa il 15% del biglietto, indipendentemente dal canale distributivo utilizzato (punti vendita, call center, siti web). Quindi in uno stesso concerto c’è chi pagherà pochi euro e chi pagherà invece anche una decina di euro. Molto equo. (Nel 2008 ci fu un tentativo di cercare di abolire questa “tassa” attraverso una mobilitazione da parte del Movimento Consumatori con una iniziativa popolare: a quanto ci risulta il tentativo è fallito.)
Poi affrontiamo il discorso “Biglietto sicuro“, una sorta di assicurazione che permette il rimborso del costo intero del biglietto in caso di mancato utilizzo dello stesso per cause terzi: questa clausola costa circa 2-3€ e forse è l’unica cosa buona che troviamo quando si compra un biglietto. E spuntiamola.
Dopo ecco una piccola chicca: la “commissione di servizio online” per l’acquisto del biglietto, cioè la percentuale che il sito di vendita online dei biglietti trattiene per aver fatto da intermediario. Già Ticketone nel 2011 è stata multata dall’AntiTrust per non aver subito specificato nelle somme dovute per il titolo le commissioni di servizio. E questa altra chicca viene a costare 3€.
Ed ultima, ma non ultima, arriva la “spedizione“. Questa è una spesa opinabile, me ne rendo conto, ma spesso ci si trova in posti lontani dal concerto (dato che in Italia si suona forse solo in una ventina di città, si vede che le altre non hanno teatri…) e non si è sicuri di capire bene dove cambiare il voucher una volta arrivati allo stadio… Meglio avere il biglietto in tasca prima, và. E sono altri 10 euro.
Quindi, tra diritto di prevendita, assicurazione, commissione di servizio online e spedizione, un biglietto da 40 euro arriva a costare ben 65 – 70 euro. Magia? Crescita istantanea? Inflazione galoppante? Io direi troppe cose che col biglietto c’entrano poco o nulla… Ma colpa nostra, paghiamo dei servizi supplementari per colpa della nostra pigrizia quando potremmo andare noi a prendere il biglietto di persona, eliminando dei costi.
Una cosa, però teniamola in mente: un biglietto di un concerto può costare tranquillamente 80€, cioè poco meno di un decimo di uno stipendio di un operaio. In tempi come questi, questo è la dimostrazione che davvero la cultura sta diventando un bene di lusso.
articolo interessante che da molti spunti di riflessione. Premettendo che il prezzo si è alzato in generale per tutti i paesi l’Italia rimane comunque lo stato con le tariffe più alte. Ovviamente dobbiamo sempre distinguerci per qualcosa (di peggiore) rispetto al mondo…