Una settimana intera di concerti ed eventi, una settimana di nuove conoscenze, una settimana di passioni condivise, una settimana in compagnia della musica. Questi sono i punti cardine del Neapolis Festival che quest’anno giunge alla 17° edizione con una particolarità: la joint venture con il Giffoni Film Festival, uno dei più importanti (se non il più importante) festival di rassegna cinematografica per ragazzi al mondo. E non a caso si possono incontrare in giro ragazzi facente parte della Giuria del Giffoni Film Festival che a piedi si recano al Campo Sportivo G. Troisi per assistere ai concerti in programma per conto del Neapolis Festival, e non a caso il pubblico che presenzia i concerti si reca curioso alla cittadella del cinema anche solo per respirare l’aria che tira. Infondo non interessa il luogo quanto l’aria che tira intorno.
In programmazione per la quarta giornata di concerti c’erano da un lato i Capone & BungtBangt, gruppo dell’interland napoletano che sta riscuotendo successo per una peculiarità oltre che alla particolarità della musica che propongono: sono i primi ad utilizzare degli strumenti musicali costruiti con le proprie mani e ricavati dal materiale riciclato; Caparezza e il suo Eretico Tour, dall’altro, atteso come headliner non per il successo che sta sta riscuotendo – la musica di qualità fa sempre un certo effetto – ma per i contenuti mai scontati dei propri testi e la capacità di trasformare un concerto in una vera e propria fiction. Ed è stato davvero un bel gioco di contrapposizioni, controsensi, paradossi: da un lato i Capone & BungtBangt fanno ballare il pubblico, lo incitano, lo provocano e fanno vedere che la musica non per forza si suona con gli strumenti costosi e raffinati ma è possibile tirarla fuori anche da materiale di riciclo; dall’altro Caparezza porta in scena il suo “Eretico Tour”, e non il contrario: si perchè al seguito conta più menti giovani che regresse, dove per giovani si intende qualsivoglia persona che non basa l’età in merito alla carta d’identità, e le sue fiction esemplificano (o meglio…amplificano) il messaggio a tratti latente.
E così si aprono i cancelli alle ore 20:00. Nel frattempo è un continuo via vai di persone che salgono e scendono su e giù il viale che collega la piazza di Giffoni al Campo Sportivo. La maggior parte erano giovani, ma anche famiglie con bambini a seguito (una signora con il marito ed il figlio di appena 3 anni scherzosamente affermano che il desiderio di assistere a questo cocnerto lo ha manifestato il figlio) ed anche una coppia di nonni che volentieri accompagnano i nipotini. Tutti quelli in prima fila attaccati alle transenne erano lì per vedere Caparezza, ma i Capone & BungtBangt non hanno certo subito questo gap. Anzi, si presentano sul palco alle 21 e 30 dopo il saluto da parte del Presidente storico del Giffoni Film Festival – Claudio Gubitosi che si lascia andare dicendo due sole parole che hanno dato un tono diverso alla serata: “Grazie, ragazzi!”; i Capone & Bungt Bangt prendono posizione dietro i loro strumenti artigianali di cui una chitarra costruita con una mazza di scopa e collegata tramite jack all’amplificatore con tanto di 6 corde, una batteria formata da una cassa ricavata con una botte di ferro e riempita all’interno con dei pannelli fono isolanti, un tom ed un timpano ricavati con delle latte di alluminio, un rullante, un charleston ed un crash, un basso, e altre mille cianfrusaglie che fatte suonare nel giusto modo emettevano delle vere e proprie note.
Hanno già partecipato i Capone & BungtBangt alla precedente edizione del Neapolis Festival riconfermati anche quest’anno, e non certo è stata una scelta sbagliata: un’ora sola di concerto ma intensa e alternativa. Vedere quei ragazzi divertirsi sul palco, far ballare la gente, estrarre suoni da qualsiasi oggetto e ricavarne delle canzoni apre la mente a nuove prospettive e nuove idee, ognuno con le proprie. Oggettivamente però hanno offerto uno spettacolo unico nel suo genere. Non a caso amano definirsi “la tribù che ricicla” ma di certo non riciclano la buona musica: la compongono.
E’ arrivato così il momento atteso dai fan di Caparezza: alle 22 e 40 entra in scena l”‘Eretico Tour” dopo che i tecnici hanno letteralmente svuotato il palco. La scena, i personaggi, la fiction. Si perchè utilizzare il termine teatrale è riduttivo per l’entità dello spettacolo. Si comincia con “Sono il tuo sogno eretico” (Il Sogno Eretico – 2011), “Non mettere le mani in tasca” (Le dimensioni del mio caos – 2008), “Cose che non capisco” (Il Sogno Eretico – 2011), “Il Dito medio di Galileo” (Il Sogno Eretico – 2011). Su questa canzone Caparezza mette in scena la storia di Galileo Galilei e giocando tra paradossi ed ironia pungente – memore del fatto che il Museo della Scienza di Firenze conserva in esposizione una falange della mano di Galileo – pone al centro del palco un “dito medio” ad altezza uomo e le dipinge di tutti i colori. In linea con lo spirito ed il titolo del suo ultimo lavoro. Ancora,“La Grande Opera” (Le dimensioni del mio caos – 2008), “Dualismi” (Verità Supposte – 2003), un pezzo poco conosciuto come “La fitta sassaiola dell’ingiuria” ( “!?” – 2000), “Ti sorrido (mentre affogo)” (Il Sogno Eretico – 2011), “Messa in Moto” (Il Sogno Eretico – 2011), “La rivoluzione del sessintutto” (Le dimensioni del mio caos – 2008).
Le trasformazioni si susseguono repentine ed efficaci ed il pubblico balla alzando un polverone da terra (l’unica nota stonata di ieri sera visto l’assenza di pavimentazione sul campo); sull’ultima delle prime dieci canzoni Caparezza sfoggia un abbigliamento hippie ed imbraccia una chitarra parodizzando la figura di Jimi Hendrix che non è fine a sé. Anzi è un invito al pubblico a pensare a quale possa essere il messaggio, il tutto avvalorato dal trasformismo dell’autore dei testi. Un invito a riflettere, insomma. Non solo, parodizza anche sulla figura dei Beatles (vista la chitarra con la cassa raffigurante la bandiera inglese) e sul fenomeno creato. Una generazione sospesa tra un’illusione e una dimenticanza. Ed il gioco riesce davvero bene.
E continua con “Legalize the Premier” (Il Sogno Eretico – 2011), “La fine di Gaia” (Il Sogno Eretico – 2011), l’epica canzone “Eroe” (Le dimensioni del mio caos – 2008), “Kevin Spacey” (Il Sogno Eretico – 2011) in cui improvvisa un dialogo con Kevin Spacey in persona, “Goodbye Malinconia”(Il Sogno Eretico – 2011), “Ulisse (You Listen” (Le dimensioni del mio caos – 2008) e “Vieni a ballare in Puglia” (Le dimensioni del mio caos – 2008). Circa 10 minuti di pausa, il tempo cioè di riorganizzare le idee e far respirare un pò il pubblico e via con il tris finale: “Vengo dalla Luna” (Verità Supposte – 2003), “Fuori dal Tunnel” (Verità Supposte – 2003), “Abiura di me” (Le dimensioni del mio caos – 2008). Il tutto finisce alle 00 e 40 dopo due ore di concerto, e tre ore totali di spettacolo. 20 canzoni tra gli ultimi successi e i singoli dei precedenti album con qualche chicca per i fan (come la canzone “La fitta sassaiola dell’ingiuria”).
La gente felice torna a casa, i ragazzi manifestano un senso di meraviglia ma eventi del genere ti lasciano con un solo dubbio: chissà se entrambi i gruppi che si sono esibiti questa sera siano riusciti a trasmettere quello che avevano in mente, e se il pubblico e fan oltre a divertirsi abbiano cercato di prestare attenzione e di spalancare occhi, cervello e quel pizzico di buon senso che non dovrebbe mancare per far si che la musica conservi la sua egemonia come mezzo di comunicazione…e non solo come motivo di sballo.
ma quanti paganti c’erano?
Ciao Duke, non so dirti di preciso. E’ stata una festa come è solito fare Caparezza.