Bruno Mars, la stella portoricana del pop mondiale in testa in tutte le classifiche del mondo con il brano “Finesse” cantato insieme a Cardi B, è stato negli ultimi giorni oggetto di una serie di accese discussioni sul web (e non solo) in cui veniva accusato di appropriarsi della cultura e delle tradizioni della musica black.
La discussione è nata da un video pubblicato la scorsa settimana dal gruppo di youtuber The Grapevine in cui si vede Seren Sensei, una Youtuber conosciuta come Sensei Aishitemasu, accusare Mars: “Bruno Mars è al 100% un avvoltoio musicale. Non è una persona di colore e usa la ambiguità razziale per mescolare i generi musicali perchè le case discografiche hanno capito che le persone amano la musica e la cultura nera cantate da una persona che non è di colore”.
Dopo che le critiche di Sensei sono diventate virali con oltre tre milioni di visualizzazioni in poche ore (critiche a nostro avviso assolutamente ingiustificate, visto che Mars è nato a Honolulu da genitori portoricani e filippini, etnie entrambe di origini africane) molte persone sono scese in campo a difesa di Bruno, tra cui Stevie Wonder, che in un’intervista ha difeso il cantante ed espresso tutta la sua stizza: “Allora, capiamoci, Dio ha creato la musica perchè ne godessimo tutti e non possiamo limitarci per le paure e le insicurezze delle persone. Bruno ha un gran talento e tutto il resto sono stronzate. È stato ispirato da grandi musicisti e artisti e ciò è una cosa buona”.
Lo stesso Bruno Mars, secondo una fonte molto vicina al cantante, si sarebbe sentito molto ferito dalle dichiarazioni sul web in quanto più di una volta si è espresso come fiero delle sue origini e si è definito cittadino del mondo, come già fece l’anno scorso in un’altra intervista: “Quando qualcuno dice “Musica afroamericana”, capisco che parliamo di jazz, rock, R&b, funk, raggae, hip-hop… Le persone di colore hanno creato tutto questo! Essendo portoricano, anche la salsa mi porta indietro alla madrepatria Africa, quindi nel mio mondo la musica afroamericana significa tutto!”. Si vede che nel 2018 alcune persone si sentono in diritto di parlare della musica come di un bene personale e la cosa è molto triste.