Broken Bells: “After the disco”. La recensione

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A distanza di quattro anni dal loro precedente lavoro “Broken Bells“, l’omonimo gruppo musicale statunitense alternative rock composto da Brian Burton (conosciuto come Danger Mouse) e James Mercer (anche membro dei The Shins) torna con un nuovo album, “After the disco“.

Burton e Mercer lavorano insieme già nel marzo 2008, registrando del materiale a Los Angeles, ma la nascita del progetto è databile al settembre del 2009. Nel marzo 2010 pubblicano l’album d’esordio, il “self-titled” “Broken Bells”, il cui primo singolo “The High Road”viene offerto in download gratuito sul sito della band  e da cui viene estratto il videoclip del secondo singolo “The Ghost Inside” interpretato da Christina Hendricks che ottiene un grande successo. Nel 2011 i Broken Bells pubblicano l’EP “Meyrin Fields” con alcuni B-side e pezzi strumentali e nel 2014 arriva il nuovo album in studio dal titolo “After the Disco” anticipato dal singolo “Holding on for Life“.

Le registrazioni dell’album sono state effettuate a Los Angeles (California), registrazioni a cui hanno collaborato molti coristi tra cui Becky Star (Lavender Diamond) e Elizabeth “Z” Berg (The Like). Gli arrangiamenti orchestrali sono stati condotti a Burbank con un’orchestra d’archi diretta da Daniele Luppi mentre sono state fatte delle sessioni aggiuntive e complementari a Pasadena. La copertina del disco è stata disegnata da Jacob Escobedo e si ispira alla “space art” degli anni ’60-’70.

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Broken Bells – After the Disco – Artwork

After the Disco” è un album composto da 11 canzoni per circa 46 minuti di musica e si apre con la suite “Perfect world“, brano di ampio respiro e dalle atmosfere oniriche e sognanti: subito dopo troviamo la title track del disco, brano catchy dal sapore pop molto accattivante e che fa subito presa sull’ascoltatore. La terza canzone è il primo singolo “Holding on for life“, brano particolare e che piace molto al primo ascolto con la sua linea di basso e con le sue tastiere simil organo.

L’arpeggio di chitarra introduce “Leave it alone”, brano in sospensione dalla voce effettata ma che non dispiace nonostante la sua lunghezza e che viene seguito da “The changing lights“, pezzo che dopo l’impatto iniziale colpisce con la sua batteria e con le sue tastiere in pieno stile alternative rock. “Control” è invece un classico pezzo pop rock basso, chitarra e batteria da ascoltare tranquillamente in macchina mentre si sta viaggiando in autostrada con una distesa di campi affianco e dal sapore molto Eagles grazie anche alle sue tastiere.

La tastierino elettronica introduce la dolcissima “Lazy Wonderland“, presa in prestito dagli Oasis, mentre “Medicine” forse è il pezzo più debole del disco e non rimane molto impressa dopo l’ascolto. I cori sono la parte più divertente di “No matter what you’ve told“, un brano dove la batteria ed il basso la fanno da padrona fino alla fine dove cedono il passo alle tastiere.

Il disco si avvia verso la fine: la penultima canzone è “The angel and the fool“, pezzo che dopo la base elettronica iniziale stupisce per la perfetta fusione tra violino e chitarra e che è pervaso di una dolce tristezza, mentre l’ultimo pezzo è “The remains of rock & roll” comincia in maniera lenta e quasi solenne, quasi come se fosse una colonna sonora, per finire in bellezza con un arpeggio distorto.

Il secondo lavoro dei Broken Bells mostra quanto di buono si era detto su questi ragazzi in questi anni: “After the disco” è un buonissimo album dove i cali di stile sono davvero pochi e dove ci sono alcune eccellenze (la title track e “The angel and the fool” su tutte). Per essere un disco di un gruppo alternative rock è un album inusitatamente pop ma questo non dispiace se la qualità del lavoro è molto alta. Di solito si dice che il secondo disco è quello più difficile: i Broken Bells superano l’esame a pieni voti.

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