Bon Jovi: “What About Now”. La recensione

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Cover "What About Now" Bon Jovi

Dodicesimo album in studio in poco meno di trenta anni di carriera per i Bon Jovi: “What About Now” è stato distribuito nei negozi di dischi e reso disponibile al download per gli stores digitali lo scorso martedì 12 Marzo ed è stato anticipato dal primo singolo estratto “Because We Can”, pubblicato a Gennaio di quest’anno. Arrivato a tre anni di distanza dal precedente “The Circle”, questo nuovo disco non si presenta come particolarmente originale. La tracklist, composta di sedici brani, vede alternarsi pressocché costante di un pezzo molto energico e una ballad e proprio i pezzi più carichi, più rockeggianti, tendono ad omologarsi tra loro e ai brani precedentemente pubblicati dai Bon Jovi. Ispirazione decisamente più felice, invece, per i lenti, che in un lavoro sommariamente buono, ma non eccezionale, spiccano per una qualità nettamente maggiore.

“What About Now” track by track

“What About Now” si apre con “Because We Can”, il singolo scelto per il lancio. Buon rock, ma non così incisivo come ci aspetterebbe da una band come i Bon Jovi, che con questa traccia tendono ad appiattirsi in una ripetizione banalotta di loro stessi.

Arriva presto la prima ballad del disco, “I’m WIth You”, un territorio, quello delle ballad, su cui questa band ha sempre saputo giocare, dando vita ad alcuni dei loro pezzi più belli. E invece non convince. Gli elementi sembrano esserci tutti, bel ritmo, arrangiamento dolce, schitarrata centrale come nella migliore tradizione, la voce di Jon che riscalda le giornate più fredde, ma niente. “I’m WIth You” non aumenta di quota, vola basso. Ed è un peccato.

Torniamo alla carica, con la botta di energia che la title track “What About Now” ci concede. Anche questa canzone non spicca per originalità, ma risulta più originale grazie all’intervento delle tastiere, che inizialmente, devo ammettere, avevo percepito come elemento di disturbo, per poi ricredermi.

L’elettronica, si sa, va molto di moda in quest’ultimo periodo ed i Bon Jovi, lo sappiamo, sono sempre stati in grado di stare al passo con i tempi: è in questo contesto che si inserisce “Pictures Of You”, in cui la forza della chitarra viene incrementata proprio dall’elettronica, con il risultato, però, di perdere un po’ di qualità nel suono. Sambora ci piace da solo, come nel bridge: da lì in poi la canzone prende tutta un’altra piega. Finalmente.

Non servono troppi fronzoli high tech per fare musica, l’essenzialità al contrario spesso premia. Ne abbiamo conferma con “Amen”, preghiera dall’arrangiamento semplice e lineare, ma in grado di colpire l’ascoltatore e catturarlo. Questa è ciò che vogliamo sentire dai Bon Jovi, canzoni così.

Cover "What About Now" Bon Jovi
Cover “What About Now” Bon Jovi

“That’s What The Water Made Me” riporta a quel lieve electrorock che avevamo ascoltato appena prima della pausa magnifica concessa da “Amen”. Molti assoli di chitarra, intensi e ben eseguiti, ma alla fine sembra di aver ascoltato un’incursione di The Killers in un album dei Bon Jovi.

Un giro di banjo ci introduce a “What’s Left On Me”, pezzo dal sapore folk rock da cui l’anima di questa band riesce ad emergere pura come non mai. Il piede batte a terra per tenere il tempo e la testa si muove in un “sì” convinto.

“Army Of Love”, traccia numero 8, è il giro di boa dell’album e sembra incarnare l’ambiguità dell’intero “What About Now”, tra pezzi ottimi e momenti di banalità. La strofa prende, la chitarra convince sempre e comunque, ma l’inciso, oltre a legarsi male con il passaggio immediatamente precedente, ha i cori che lo rendono decisamente poco originale.

La voce calda e profonda di Jon Bon Jovi è protagonista assoluta di “Thick As Thieves”, in cui viene accompagnata da piano, archi e timpani in un crescendo carico di emozione, che si apre nell’assolo di chitarra, mai così toccante. Perfetta per la colonna sonora di un film, il pezzo migliore dell’album.

“Beautiful World” è un pezzo sicuramente valido, ma nei suoni fin troppo simile ad altre sue sorelle di tracklist. Perfettamente nella tradizione bonjoviana, potente il riff di chitarra che guida l’intera linea armonica.

Commento analogo, per non dire identico per “Room At The End Of The World”, che, seppur diversa come ritmo dalla precedente, non spicca per orginalità rispetto alle canzoni contenute in “What About Now” e nei precedenti album. Notevole il piano nel bridge.

Torniamo all’essenzialità con “The Fighter”: una ninna nanna dolce, in cui la voce è accompagnata da una chitarra acustica pizzicata ed in cui il quartetto d’archi sul finale, con qualche fiato qua e là, creano un’atmosfera da culla tra le braccia di Morfeo.

Dopo una simile tranquillità, veniamo catapultati nell’energia di “With These Two Hands”, che ancora una volta si allinea alle altre tracce più tipicamente rockeggianti dell’album, non svelando segni particolari di distinzione personale.

Come già accennato, la struttura di questo album prevede l’alternarsi sistematico di un pezzo energico ed una ballad nella tracklist. “Not Running Anymore” non esce da tale schema e si presenta come una ballad, che nel sapore ricordano, pur lontanamente, un Bob Dylan degli inizi, adattato agli anni 2000.

A proseguire su questa stessa linea ci pensa “Old Habits Die Hard”: altro brano lento, essenziale nell’arrangiamento dal suono un po’ retrò ed il ritmo cadenzato, che fa venire alla mente scene di passeggiate solitarie in pasto al turbinio dei propri pensieri. Meditativa.

Il percorso nel mondo di “What About Now” decide poi di chiudersi così come si era aperto, con un pezzo come “Every Road Leads Home To You”, pieno di forza malinconica, con un pianoforte trascinante che assieme ad un tocco di elettronica fa il successo di questo brano. Conclusione perfetta. Nota fondamentale: a cantare è Richie Sambora.

Giudizio generale

Un album che non si può certamente definire brutto o noioso, nonostante le molte tracce che lo compongono, ma da una band come i Bon Jovi ci saremmo aspettati maggiore originalità ed una evoluzione rispetto ai dischi precedenti. Da una traccia all’altra troviamo riproporsi in vario modo il medesimo suono e la medesima struttura, gli stessi di brani già pubblicati in passato. Il rischio è di cristallizzarsi.

 

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