Beady Eye: “BE”. La recensione

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Beady Eye - "BE" - Artwork

I Beady Eye, la formazione dei minori dei fratelli Gallagher, Liam, è tornata con un secondo album a distanza di due anni dal disco d’esordio. Il loro nuovo lavoto dal titolo  “BE” esce in Italia l’11 giugno su etichetta Columbia Records (Sony Music).

I Beady Eye (Liam Gallagher, Gem Archer, Andy Bell, Jay Mehler e Chris Sharrock) nel corso degli ultimi due anni hanno lavorato al nuovo cd insieme al produttore Dave Sitek (TV On The Radio, Yeah Yeah Yeahs), dando vista ad un disco dove ci sono molte sperimentazioni anche poco ortodosse (protools, audiocassette, applicazioni per smartphone) con testi maturi e profondi. Un gran bel lavoro, a sentire Liam Gallagher in persona:

Lavorare con Dave Sitek ha mosso qualcosa in noi. Lui è senza dubbio il miglior produttore con cui abbia mai lavorato, un vero fuoriclasse, non gli importa di niente, segue solo le sue regole. Abbiamo trovato una nuova concentrazione mentre stavamo scrivendo l’album – ci siamo immersi nel lavoro con lucidità, a differenza degli anni 90. Per noi è davvero un lavoro speciale.

Dave Sitek ha risposto di par suo:

E’ un disco davvero cool! La forza dei pezzi è così potente che abbiamo davvero potuto sperimentare a 360 gradi. Hanno usato strumenti da rock band, ma in modo diverso. Le capacità vocali di Liam sono incredibili: tutto quello che devi fare è accendere il microfono e suona già come sul disco! Non c’è bisogno di nient’altro.

Beady Eye: BE – L’ascolto

“BE”, pubblicato in tre versioni (standard, deluxe con libretto speciale di 20 pagine con testi e foto e quattro brani inediti “Dreaming Of Some Space”, “The World’s Not Set In Stone”, “Back After The Break” e “Off At The Next Exit” e doppio vinile), sarà presentato dalla band in giro per l’Europa e in Italia, il 6 Luglio a Pistoia per il Pistoia Blues Festival.

L’album ci accoglie con le sue 11 canzoni, con i suoi 49 minuti e con il rock bello energico e schitarrato di “Flick of the finger” che prosegue in qualche modo più lento nel successivo brano, “Soul love“. Il disco prosegue poi con il rock di “Face the crowd” e con il ritmo sincopato e sporco di “Second bite of the apple”, pezzo scelto come singolo e che merita appieno di presentare l’intero lavoro, dato che è anche uno dei brani migliori dell’intero album, con la sua aria da western moderno.

Soon come tomorrow” è il primo pezzo lento del disco ed anche uno dei brani migliori, dove la voce di Liam non ha molti effetti dietro e ricorda i tempi di “Stand by me“, con quella vena di adulta tristezza.  “Iz rite“, il pezzo successivo, sembra uscito dalla fusione delle musiche dei Sixties con il lo-fi, per un risultato finale a dir poco particolare, mentre “”I’m just saying” è un brano  pimpante ma non troppo.

Beady Eye - "BE" - Artwork
Beady Eye – “BE” – Artwork

BE” trova una sua essenza molto particolare sul finale, con il secondo brano lento del disco, “Don’t bother me“, una suite musicale di 7 minuti e 30 secondi che, con il suo ritmo segnato dal tamburello e con la sua aria sognante e malinconica,  ricorda molto da vicino alcune composizioni degli Oasis. Canzone che trova il suo contraltare nella ritmata e batteristica “Shine a light” che invece ci riporta al  britpop anni ’90 di marca Stone Roses e Primal Scream.

Il disco riserva altri due brani prima della fine, “Ballroom figured” e “Start anew“, molto diversi tra di loro anche se uniti alla fine da qualcosa. Cosa può unire una struggente ballata voce e chitarra ed un pezzo alla James Blunt? La voce, forse, finalmente al livello che merita. La tristezza che insinua le due canzoni. Oppure la loro bellezza. Scegliete voi.

Il disco dei Beady Eye, nonostante qualche canzone un po’ sotto le righe, si presenta come un lavoro molto concreto che si basa sul pop e sul british traditional rock, quello che ha visto come autori gente come The Kinks e Small Faces e che ha visto come eredi proprio quegli Oasis da qui proviene Gallagher. Ma qua dentro non c’è nessuna eredità pesante, anzi l’album tenta di smarcarsi da possibili paragoni pesanti e che ne lederebbero l’ascolto, per questo c’è un lavoro completamente differente alla base, un lavoro verso un cammino musicale personale e particolare. Cammino che mostra come il lavoro fatto in questi due anni sia stato grande e coerente. Di questo album porto con me, se devo scegliere tre canzoni, la suite “Don’t bother me” e le due canzoni finali, vero fiore all’occhiello del progetto disografico.

 

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