Atoms For Peace: “Amok”. La recensione

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Atoms For Peace - Amok

Il capriccio elettronico di Thom Yorke si materializza negli Atoms For Peace, i quali dopo anni di retroscene e di vita dietro le quinte riescono finalmente a dare forma al primo vero e proprio progetto discografico. La filosofia musicale ha tutta l’aria di essere una dignitosa digressione dei Radiohead, ma con un’attenta e minuziosa analisi, in fondo sembrano aver preso una direzione del tutto differente, seppur rischiosa e integralista. Il grigiore che avvolge l’elettronico sviluppo dei brani di “Amok” è la stessa aura di mistero che da sempre porta dietro la filosofia musicale dello stesso gruppo, il che rende tutto molto cupo e affascinante.
Yorke e compagni, che per questa volta non sono i Radiohead, ci hanno saputo fare e hanno trovato la chiave giusta per raccontare la storia di “Amok”, ma anche la storia di chi la musica preferisce pensarla, e agli strumenti classici preferisce i synth. La verità è che in certi modi e per certi racconti synthetizzare risulta essere necessario, e la stessa “Default”, brano punta di diamante del disco ne è la dimostrazione. Sebbene ci sia lo sforzo di voler risultare più sereni e più distesi in alcuni momenti musicali, in “Amok” costante è la tendenza a pendere verso il lato poco chiaro delle cose, ma viene raccontato qualcosa di meravigliosamente tragico.

“Before Your Eyes” racconta l’inizio di un percorso che si presenta tra i più vari della storia dell’elettronica attuale, l’elettronica che però non si balla né si allunga verso mondi chimicamente paralleli, ma quel genere musicale che rapisce e che ti fa andare oltre il semplice ascolto. I tempi sono tutti scanditi e le note, le tonalità sono centellinate al minimo e pensate fino alla noia, il che ci regala un risultato dalla qualità superiore rispetto a qualsiasi produzione musicale. Che non fosse tutto improvvisato l’avevamo potuto scorgere dalla grande aspettativa che ruota ormai intorno agli Atoms For Peace sin dagli esordi, e brani come “Dropped” e “Judge”, “Jury and the Executioner”, presenze vive del disco, ne sono la dimostrazione.

Atoms For Peace - Amok
Atoms For Peace – Amok

Yorke, Flea, Godrich e compagni sono essi stessi una garanzia, e avvicinano l’ascoltatore alla loro musica già con una stima consolidata e un’opinione del tutto positiva “a prescindere” rispetto a qualsiasi cosa essi abbiano intenzione di fare. Al di là di quanto si possa pensare però non sono la sicurezza noiosa di cui potremmo aver paura, ma sono il prodotto di qualità che si riconferma sempre in una maniera nuova e strabiliante. “Unless” è uno di quei brani outsider dell’intero disco, il quale condito di nuove sonorità ci accompagna avvolti da un calore insolito rispetto all’intero “Amok”, nell’ascolto di uno dei dischi più attesi di questo 2013. Il dropping continuo del brano si fonde a quei canti corali tipici del leader Thom, e sembra quasi non appartenere a suoni sintetici, indiscussi protagonisti di “Amok”. “Dropped” è tra i momenti di maggior carattere di questo disco d’esordio, e ci ricorda la passione di Yorke per gli amici Modeselektor dai suoni più decisi e strettamente ancorati al dancefloor.

A parte dei picchi di forte personalità il disco si presenta come un unico momento elettronico difficile da spezzettare se non fosse per la divisione in titoli, tracce e cambi di synthetismi. Amok è tra le interessanti realtà nascenti di un’elettronica poco danzereccia, ma molto tranquilla e quasi statica. Difficile distaccarsi dagli ultimi live dei Radiohead nell’ascolto di tale figlioccio degli Atoms For Peace, ma se solo facessimo più attenzione a quei colori e quelle sfumature poco percepibili ci accorgeremmo che hanno altro da raccontare e che appartengono ad un’epoca differente dai 90’s della formazione che ha portato al successo Yorke. In un album come questo convivono sfumature musicali dai molteplici caratteri, i quali in una prima analisi mostrerebbero incompatibilità, ma che presentati nella maniera di “Amok” risultano essere un prodotto perfetto. Il desiderio di Yorke di poter fare dell’altro in perfetta armonia con il suo credo musicale si esaudisce in Amok e nella sua sceneggiatura e nella fotografia sintetica e monocolore. Galeotto fu “The Eraser“, al quale molti di voi dovranno il merito di aver messo al mondo una delle band che si afferma ad essere tra le più sperimentali degli ultimi tempi, soprattutto se si pensa che la qualità non è di certo un’esigenza che passa in secondo piano quando parliamo di Mister Yorke.

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1 COMMENT

  1. Finalmente una recensione positiva dell’ album super atteso di Yorke e compagni. Per molti e’ stato una delusione, non per me!

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