“Non dobbiamo possedere un’auto, non dobbiamo possedere la musica, ci basta un’app che ce le metta a disposizione quando ne abbiamo bisogno”: con queste parole la Apple ha lanciato durante la Worldwide Developers’ Conference di San Francisco il nuovo servizio Apple Music, destinato a cambiare per sempre il mondo della musica digitale e a rivaleggiare con Spotify e Deezer.
Apple Music partirà dalla fine del mese e sarà il primo negozio di musica al mondo dove le canzoni si potranno acquistare come sempre oppure ascoltare in streaming in cambio di un abbonamento mensile da 9,99 dollari: il catalogo dell’applicazione contiene oltre 30 milioni di brani ed a differenza di Spotify dopo i tre mesi di prova iniziali, Apple non prevede opzioni gratuite, non c’è pubblicità, non ci sono interruzioni, non ci sono limiti. Le scalette sono tarate su varie attività, dalla palestra al relax della domenica pomeriggio, ed all’interno di Apple Music c’è sia una radio, Beats 1, che trasmette da New York, Los Angeles e Londra tutti i giorni, 24 ore su 24, ma anche un social network musicale, Connect, che consente di interagire direttamente con i musicisti con messaggi, foto, video e playlist.
La tecnologia dello streaming è di Beats Music, l’azienda acquistata lo scorso anno per 3,2 miliardi di dollari, e l’amministratore delegato di Apple Tim Cook ha potuto contare sulla collaborazione di Jimmy Iovine, che ha lavorato con artisti come Lennon, Springsteen, U2, Simple Minds e Patti Smith ed è stato presidente di Interscope.
Il giro di affari che si prevede è da far girare la testa (Spotify in sette anni di vita è arrivato a 15 milioni di utenti paganti e 110 milioni di persone hanno acquistato lo scorso anno musica da iTunes, spendendo in un anno circa 30 dollari a testa), ed è tale da finire subito sotto la lente dell’Antitrust statunitense con i procuratori generali di New York e del Connecticut che vogliono vederci chiaro sugli accordi stretti dalla Mela con le case discografiche per capire se possano aver violato la legislazione che regola la concorrenza del settore e se Apple Music stia tentando di penalizzare le applicazioni concorrenti che offrono ascolto gratuito in cambio di pubblicità. La notizia è trapelata attraverso una lettera inviata da Universal Music Group, una delle major discografiche coinvolte, all’ufficio del procuratore generale dello Stato di New York, che l’ha pubblicata sul sito ufficiale della casa discografica che sostiene di non essersi messa d’accordo con Apple né di aver lavorato insieme a Sony Music Entertainment e Warner Music Group per stringere accordi che in qualche modo erodessero il campo d’azione di altri servizi in streaming, come Spotify, Deezer o Pandora (si parla di “free o ad supported music streaming services”). Queste le parole di Matt Mittenthal, portavoce del procuratore generale di New York Eric Schneiderman: “La lettera fa parte di un’indagine ancora in corso sul mercato della musica in streaming, un’industria in cui la concorrenza ha di recente condotto a nuovi e differenti modi di ascoltare la musica per i consumatori. Per tutelare i benefici di questa concorrenza è importante assicurare che questo mercato continui a svilupparsi libero da collusioni e altre pratiche anticompetitive”.
Intanto Spotify corre ai ripari e annuncia di aver chiuso un nuovo giro di finanziamenti per altri 526 milioni di dollari per una valutazione totale della società a oltre 8 miliardi di dollari: la piattaforma anglosvedese ha anche dichiarato che a breve sulla piattaforma sarà possibile vedere video, sentire programmi radiofonici ed utilizzare una nuova funzione, Running. La sfida sul controllo della musica digitale è appena inziata.