AC/DC, “Rock or Bust”. La recensione

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AC/DC - Rock or Bust - Official Artwork

“Rock or Bust” degli AC/DC è un album che non delude le aspettative. La mancanza di Malcolm Young, i guai giudiziari di Phil Rudd, la pressione da parte dei fan e quella sana tensione circa il mantenere un certo target per il successore dell’insuperabile “Black Ice” non ha certo rappresentato un deterrente per una delle rock band più amate – e criticate – della storia del rock. La data di pubblicazione è stata fissata per lo scorso Lunedì 1 Dicembre, ma i membri degli AC/DC hanno pensato di presentarlo in anteprima a New York ed è stato subito feeling: “Rock or Bust” a pochi giorni dalla pubblicazione nel mercato discografico, si posiziona al primo posto in ben 52 Paesi tra gli album più scaricati su iTunes.

11 brani inediti registrati durante la primavera del 2014 al Warehouse Studio di Vancouver, prodotto da Brendan O’ Brien e mixato da Mike Fraser. Il singolo di lanco “Play Ball” richiama in pieno lo stile tipico degli AC/DC, volumi sparati alti nei timpani e la batteria che ne scandisce il ritmo, questo il filo logico che si riscontra in tutto l’album. Ci sarà anche un tour di supporto, per l’occasione la band festeggerà i 40 anni di onorata carriera con Stevie Young al posto dello zio Malcolm impossibilitato a prendere parte al tour.

In “Rock or Bust” non c’è una canzone che perde spessore né ritmo: esempio lampante è il brano che apre la tracklist l’omonima “Rock or Bust”. L’assolo di Angus Young nel bel mezzo, la voce inconfondibile mai in sotto tono di Brian Johnson, basso e batteria come cornice. Ritmo e potenza. Bella la dicotomia “Rock the Blues away” terza canzone che contribuisce a mantenere alta la suspence grazie alla matrice melodica, in comunione con il singolo di lancio “Play Ball”. Gli assoli piazzati lì nel mezzo fanno centro al primo ascolto.

L’heavy riff-oriented di “Miss Adventure” fa di questa canzone una delle migliori – se non la migliore – canzone dell’album, suono pulito e graffiante, un groove da brividi e i cori. Una canzone da stadio. Prima di entrare nel vivo della tracklist è il momento di una pausa con “Dogs of War” che parte lenta nell’incipit e in crescendo fino alla fine. Ritornello epico. Un po’ meno convincente “Got some rock’n’roll Thunder” ma “Hard Times” rappresenta un ritorno alle melodie passate come “For those about to rock”: più ritmo di quest’ultima, linea melodica notevole un riff brillante. Sublime.

Se non fosse per la mancanza di potenza nel ritornello “Baptism by Fire” la potremmo eleggere la miglior canzone dell’album, gli assoli di Angus Young sono inconfondibili. Ottimo il giro di basso, gran ritmo, in una parola: amazing. Re-interpretare secondo il proprio stile una melodia dei Led Zeppelin è fattibile solo per una band del calibro degli AC/DC: “Rock the House” rappresenta tutta la quintessenza degli AC/DC: potenza, ritmo, melodia. Rock’n’Roll! Chiudono la tracklist “Sweet Candy” e “Emission Control” dove in entrambe risalta all’orecchio la chitarra di Angus Young.

“Rock or Bust” è un album che non delude le aspettative. Anche in brani di minor spessore quali “Sweet Candy” o “Got Some Rock’n’Roll Thunder” si ascolta un suono pulito e assoli graffianti degni di nota. Il fantasma di “Black Ice” è stato espiato: lunga vita al rock’n’roll, e così sia.

 

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