Si osserva ultimamente il fenomeno del ritorno di quella corrente musicale che tanto aveva caratterizzato i primi anni del nuovo secolo, e che già nata negli anni 90 aveva subito una lenta evoluzione verso i confini più ammorbiditi di un’elettronica da riposo. A Copy For Collapse si colloca in quell’intervallo chillwave a metà tra un’ambient più movimentata e una datata convenzione chiamata chill-out. Forse la musica ambient non è mai esistita o è solo un tentativo di racchiudere tutta quella musica da lisergico riposo che dalla fine degli anni 90 agli inizi del nuovo secolo è entrata a far parte nell’abitudine musicale di parecchi. “The Last Dreams On Earth” è forse davvero la rappresentazione perfetta di scenari fantastici e post-apocalittici, ma non concepiti in maniera negativa, solo immaginati sotto l’effetto di qualche additivo chimico, o se preferite sotto l’effetto di lisergiche necessità.
L’album è un piacevole intermezzo, è la giusta pausa tranquilla posizionata in una frenetica abitudine moderna e ci trasporta gradualmente in un mondo parallelo fatto di tramonti dai toni rosati, e un interspazio popolato solo da sfumature tenui e paesaggi annebbiati. Ulteriori descrizioni risulterebbero inutili perché gli stessi titoli e gli stessi schemi melodici vi risucchierebbero per riportarvi in quello che cerca di raccontarvi la descrizione all’ascolto. Una dolce ninnananna dal retrogusto acido, un continuo e frammentario racconto di una dimensione a noi sconosciuta o la descrizione di un sogno sono “The Last Dreams On Earth“.
“Sweet Sunset” apre il disco con l’anima di un brano synthpop sbucato dagli anni 80, e si schiarisce sempre di più per descriverci un dolce tramonto. “Lucid Dream” ci catapulta già nella dimensione assai nota di una chill-wave sognante, con un’ambientazione molto estiva. “State Of Mind” è orientata verso l’essenza del genere ambient, “The Last Goodbye” e “Lysergic Lullaby” ci ricordano un po’ le ambientazioni di Aphex Twin e di Leftfield, così lontane ma così apprezzate. “White Rainbow” e “Grey Sky” si rifanno ad un’elettronica meno tranquilla, più orientata ai primi anni 90 e più frenetica. La fine del disco con “Walking From Reality” ci lancia di nuovo in uno scenario più drammatico, più buio, più ispirato alla descrizione della realtà, che evidentemente non ha nulla di tutto ciò di cui abbiamo parlato prima.
L’ispirazione risulta essere sempre la stessa, e al contrario però di quanto possa sembrare l’elettronica concepita per questo genere di album risulta essere anche più impegnata rispetto alle tanto criticate synthpop e elettrodisco. Corrente non facile da seguire, ma sicuramente molto apprezzata seppur outsider per un periodo storico come il nostro. Da un lato osserviamo il ritorno alle strumentazioni, e dall’altro c’è una controcultura che piano piano cresce fremendo sotto un rigido pregiudizio musicale. Il 2013 è stato l’anno in cui i Boards Of Canada hanno deciso di ritornare, e probabilmente rappresenta un importante battesimo artistico per “A Copy For Collapse“.