Lighea confessa a MelodicaMente: “Nella musica ci sono tanti ghetti”

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Lighea | © Francesca Napoleoni

Un’artista eclettica, che ha cominciato dalla musica per aprire poi una parentesi importante nel musical ed ora è di nuovo tornata alla sua prima passione: stiamo parlando di Tania Montelpare, in arte Lighea, che è da poco uscita con il suo nuovo album in studio “Temeraria”.  Ha esordito giovanissima con Castrocaro prima ed il Festival di Sanremo poi nel 1994, da lì è stato un crescendo di successo, fino ad approdare a teatro. Nel corso degli anni si è dedicata a progetti solisti, a collaborazioni con grandi nomi della musica, colonne sonore per la tv, recentemente ha anche partecipato ad un progetto del WWF per un libro di fiabe per bambini sui quattro elementi, di prossima uscita, scritte da Elena Torre e Anna Marani, lette per l’occasione da molti personaggi importanti, come lei, Fiorello, Aldo Giovanni e Giacomo, Giorgia, Elisa.

Noi di MelodicaMente abbiamo contattato Lighea via telefono, mentre si trovava in Sicilia a San Vito Lo Capo (Trapani) in vista di un impegno lavorativo. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con lei in un pomeriggio in cui era semplicemente Tania. Anzi, come ci ha detto lei stessa, Tania e Lighea non sono così distanti…

Poco fa è uscito “Temeraria”, il tuo settimo album in studio, che oltre a brani inediti contiene anche alcuni tuoi pezzi già pubblicati in precedenza, come “Ho” (“Tania” nel 2006, ndr), “Le cose che non riusciamo a terminare mai” (1995) e “Rivoglio la mia vita” (1994). E’ come se avessi voluto unire il tuo passato ed il tuo presente in questo lavoro.

 Sì, un po’ è questo. Sono le tappe più importanti della mia vita queste canzoni ed è anche per questo che le ho scelte, rappresentano dei momenti importanti o nel privato o nel professionale. E poi sono introvabili, soprattutto “Rivoglio la mia vita” e “Le cose che non riusciamo a terminare mai” sono fuori stampa, quindi chiunque le vuole ascoltare non riusciva a trovarle. Il terzo motivo è che i fan avevano voglia di avere una versione di oggi, loro mi sentono sempre dal vivo, sono passati un po’ di anni e mi hanno sempre detto che sarebbe stato bello risentire quelle canzoni cantate con la sensibilità di oggi e faceva piacere anche a me inciderle di nuovo.

Lighea foto di Francesca Napoleoni b
Lighea | © Francesca Napoleoni

Il primo singolo estratto da “Temeraria” è “Le viole”, brano che parla della violenza sociale. Un tema che ti è molto caro, basti pensare allo spettacolo teatrale “Il cuore in bocca” con cui nel 2010 hai raccolto fondi per i centri antiviolenza. Questi sono i casi in cui la musica dimostra di non essere solo un leggero sollazzo, ma di avere anche una componente forte ed utile a livello sociale.

“Il cuore in bocca” è uno spettacolo che sto portando avanti ancora, non ho ancora raggiunto il mio obiettivo. Abbiamo fatto molte cose, ma vorrei raggiungere un numero maggiore di centri antiviolenza e fare un lavoro migliore. E’ un tema che mi è caro nel senso che per svariati motivi è entrato nella mia vita sia personale che professionale. Lo conosco bene come passione tragedia ed anche come risorsa, perché ne sono uscita molto bene e ne sono uscita rafforzata. Mi piace poter lasciare questa mia esperienza a chi si trova magari in situazioni di questo tipo, proprio come risorsa, per dire come io l’ho affrontato, perché qualcuno ci si può ritrovare e può essere aiutato. Credo che sia importante nella vita lasciare quello che facciamo noi a chi ci sta intorno.
Poi ognuno ha il suo mondo e lo trasporta nel proprio lavoro, io sono sensibile a queste cose. Mi sento un pezzettino di questo ingranaggio di vita e voglio portare il mio contributo, lo sento come compito mio come essere umano. Piano piano ho acquisito questa consapevolezza e ho voluto trasformare anche il mio lavoro, che all’inizio vedevo in modo egoistico, poi è mutato.

Tu sei un’artista molto eclettica, dopo i successi ottenuti con i Festival di Sanremo cui hai partecipato nel 1994 e nel 1995, sei passata dopo qualche anno al musical. Un mondo sicuramente bello, che consente di ampliarsi anche ad altre forme d’arte quali danza e recitazione, ma per te com’è stato affrontare tutto questo agli inizi?

Per me è stata una salvezza, è un’opportunità che è arrivata dopo un periodo professionale molto buio. Ho avuto un contratto di 6 anni, dal ’96 al 2002, subito dopo il Festival di Sanremo del ’95, che mi ha tenuta bloccata, perché la casa discografica è entrata in crisi ed io nel frattempo non ho più prodotto album. Io ero molto demoralizzata e sfiduciata, soprattutto nella discografia, piano piano avevo perso anche il motivo per cui cantare, non avevo più voglia di fare questo mestiere. Un giorno un mio amico, produttore televisivo tra l’altro, mi fece mettere a sedere e mi fece un discorso dopo un mio concerto. Mi disse: “Tu sei una persona che ha grande capacità di comunicare emozioni e questo è un talento. Il talento non è una cosa che dobbiamo tenere per noi, ma è una responsabilità. Tu non puoi alzarti una mattina e decidere di smettere, perché lo devi non solo a te stessa, ma anche a tutti coloro che ti amano, ti seguono, ti ascoltano e credono in te”. Questa è stata una riflessione molto importante e da lì ho scelto di non smettere più. Poi m iè arrivata l’offerta di fare questo provino per un musical, che tra l’altro è stato il mio primo amore, perché ho iniziato a sognare di cantare guardando i musical. Mi ha ridato la vita, un altro modo di fare il mio mestiere molto più sano, lontano dalla classifica, dove conta veramente ciò che fai in quel momento ed hai immediatamente qualcosa in cambio di gratificazione. Mi ha riportato l’amore per questo mestiere, la voglia di fare la mia musica, così dopo qualche anno ho ricominciato anche a scrivere, quindi ho ripreso anche la discografia.

Abbiamo accennato ai Festival di Sanremo, è grazie ad essi che hai avuto modo di farti conoscere al grande pubblico. Quando vi hai partecipato eri molto giovane, avevi appena 24 anni, e spesso si parla di questa manifestazione come un “frullatore” mediatico che destabilizza anche i più forti. Anche tu hai vissuto così quelle esperienze?

E’ stato così anche per me, mi sono sentita frullata! E’ stato un impatto fortissimo, per alcuni aspetti meraviglioso, per altri mi sentivo terrorizzata da tutto. Io ero molto giovane non solo anagraficamente ma anche come esperienze, non ero molto preparata ad affrontare questo mondo. Mi avevano preparato a parole, ma non è la stessa cosa. Sono stata frullata, io piangevo chiusa nei bagni, non volevo uscire, volevo andare a casa, mi ha traumatizzata. Poi ripensandoci a distanza di tempo, è stata un’esperienza molto importante, anche perché è ciò che ha permesso a questa mia passione di diventare un mestiere, però ci ho messo un po’ di anni ad anche solo pensare di poterci eventualmente ritornare, non volevo più tornarci. E’ un’esperienza molto forte, un sogno per chi canta arrivare lì, ma finché non ci arrivi non hai idea dell’impatto. Io ero molto insicura, spaventata, non riuscivo a reggere tutta questa attenzione su di me, avevo gli attacchi di panico. Tutti si apsettavano delle cose da me ed io non ci capivo niente. Un giorno ho fatto 89 interviste, la sera non riuscivo più nemmeno a parlare. Io sono spontanea, non riesco a dire le cose come ad averle imparate, quindi alla fine diventava difficile trovare nuovi modi per rispondere. Ora ripenso a me e a quei momenti con tenerezza.

Nel Giugno 2009 sei stata chiamata a prendere parte alla manifestazione Amiche per l’Abruzzo, che si è tenuta allo Stadio San Siro di Milano. In quella circostanza tu ed altre colleghe importanti della musica italiana, da Elisa a Laura Pausini fino a Gianna Nannini, vi siete prestate per supportare i terremotati d’Abruzzo. Oltre alla causa nobile che ti ha spinto ad accettare, deve essere stato motivo di orgoglio salire su quel palco.

Io non ho partecipato sul palco, ho preso parte al progetto Amiche per l’Abruzzo, ho dato la mia adesione, ma non ero allo spettacolo San Siro.

Nel corso di questi anni hai avuto modo di collaborare con i più grandi nomi del panorama musicale italiano: Eugenio Finardi, Fausto Leali, Gaetano Curreri, Luca Carboni, soltanto per citarne alcuni. Com’è stato lavorare con loro? Avete instaurato un rapporto alla pari o è rimasto una sorta di timore referenziale verso di loro?

Ero molto più giovane, quindi il rapporto era referenziale assolutamente. Ero come un’allieva, cercavo di capire, imparare, catturare la loro esperienza e farne tesoro. Mi rendevo conto che ero uno scricciolino. Sono state esperienze che mi hanno dato moltissimo. Soprattutto con Finardi e Curreri ho un’affinità artistica, mi piacciono molto, hanno la comunicativa che mi piace e nella quale navigo, quindi mi è rimasto ancora di più. Con Eugenio è stato un progetto molto lungo, era la colonna sonora de La Principessa Sissi, lui era produttore, si è occupato di scrivere i testi in italiano, quindi mi ha insegnato molto nella scrittura, il tipo di linguaggio, come utilizzare una parola invece di un’altra. Poi Eugenio è una persona anche molto sensibile, una bella persona ed una bell’anima.

Cover Temeraria
Lighea “Temeraria” Artwork

Vorrei tornare a “Temeraria”, il tuo nuovo album. Mi ha incuriosita molto il fatto che per il booklet tu abbia scelto una serie di immagini realizzate da studenti di vari istituti d’arte italiani. E’ un messaggio molto bello, questo, di fiducia nei giovani del nostro Paese e nel loro potenziale, nel loro talento. Ti senti di dover riporre in altri quella fiducia che gli altri hanno avuto in te ad appena 20 anni?

Io credo che questo sia fondamentale, noi viviamo di questo: le opportunità ci vengono donate da chi ha una posizione più in vista, più in luce della nostra. E’ questo il motivo, il mio sogno è sempre quello, che cambieranno i posti già assegnati. Perché ciò che possa accadere è necessario che chi sta sul gradino superiore apra le porte a chi sta sul gradino inferiore, ma non perché è più o meno bravo, bensì perché è più giovane, ha meno esperienze ed ha avuto magari meno occasioni. In questo momento di grande crisi credo i giovani abbiano bisogno di progetti che possano coinvolgerli ed entusiasmarli, hanno una grande sfiducia nel mondo e soprattutto nel campo artistico, che forse è quello che risente di più rispetto alle “necessarie pratiche”. La musica secondo me è vitale, non necessaria, viene messa da parte e si aiutano invece altri settori. Ho voluto dare ai giovani una possibilità, fiducia, per far credere loro che qualcosa possa accadere ed io mi auguro che vada avanti. Ti faccio un esempio, settimana prossima farò un concerto ed i miei musicisti saranno dei ragazzi della scuola media di un indirizzo musicale, ora stanno preparando il repertorio. E’ una cosa che mi paice, a me fa bene, mi fa crescere. Al di là di me stessa, poi, credo che la cosa più importante è che quando sono così giovani, hanno l’entusiasmo, la gioia di vivere, la speranza di fare qualcosa in quella direzione.

Hai descritto questo album come una raccolta di tutto ciò che ti è accaduto a livello sia professionale che umano negli ultimi 20 anni. Dev’essere stato inevitabile per te farne un bilancio. Come ne esce Lighea? E come ne esce invece Tania?

Negli anni ho portato una forte unione tra Tania e Lighea, ad un certo punto della vita ho sentito necessario portare congruenza tra ciò che io sono come persona e come lavoro. Ho voluto trasferire i valori della mia vita, i miei obiettivi, i miei sogni anche nel mio lavoro e tutti i progetti di cui abbiamo parlato fino ad adesso sono in linea con questo. Quindi io credo che ne escano entrambe vincitrici, unite e mi danno la forza spesso di superare dei momenti difficili che in questo lavoro ci sono, perché ci si scontra con tante difficoltà, tante barriere, tanti ghetti che ti tengono fuori, purtroppo funziona così. Questi cambiano comunque poco nella mia vita, perché la mia vita ha un valore più alto, va alla ricerca dell’essenziale come dico anche in “Le viole”, quindi di quello che conta veramente per me. Riesco anche a lasciarmi alle spalle situazioni poco carine che comunque non contano per me.

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